ll principio del minimo sforzo: una baggianata

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Il mondo corre sempre più veloce e non sempre ce ne accorgiamo, o facciamo finta di non accorgercene.

La realtà è che l’uomo cerca il proprio equilibrio psicofisico nel minimo sforzo. Pigrizia? Non proprio, si tratta invece di qualcosa che ha origine all’interno del nostro cervello e che ci induce inconsciamente a valutare il costo-beneficio di ogni nostra attività, mentale o operativa, e, sovente, ci porta a valutare svantaggioso per noi questo rapporto.

Il principio del minimo sforzo si cela quindi trasversalmente in tutti i comportamenti umani, sia nell’ambito della sfera pubblica che di quella privata. Questo è il motivo per il quale il mondo in cui viviamo, il nostro mondo, è sempre in ritardo rispetto alle dinamiche del vero mondo, quello globale. In ritardo in tutti gli ambiti e in tutti i contesti. Insomma tutti siamo sempre in ritardo su tutto.

Sono in ritardo stati e governi. Quando si tratta di atti o interventi senza o con poche conseguenze, il danno è minimo. Forse qualche disagio. Il danno diventa sempre più grande quando si asseconda il principio del minimo sforzo in atti e interventi che riguardano temi critici, economici, sociali, ambientali. Il tipico atteggiamento di sperare che i problemi si risolvano da soli può diventare molto deleterio. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti.

L’impresa è una fucina di pensiero, creatività, azione. Il principio del minimo sforzo ovviamente vale anche all’interno delle imprese ma è facile constatare che quelle che superano le crisi e che sono vincenti non si sono fatte invischiare in questo principio, adeguando tempestivamente le proprie strategie all’indice di cambiamento nello scenario di riferimento. «Adeguare tempestivamente» significa intervenire su qualsiasi piega dell’azienda dove si annidi il nefasto principio.

I giovani rappresentano il nostro futuro. Molti di essi si applicano, si sforzano, lottano per la propria affermazione nei campi prescelti. Altri cedono alle lusinghe del minimo sforzo e dopo qualche tentativo o qualche insuccesso si «siedono». Cari giovani, oggi nemmeno l’erba, i fiori, i frutti, crescono spontaneamente, con il minimo sforzo. Servono concimi, efficaci cure, robuste tecniche produttive, innovazioni. Chiaro? Anche alle vostre famiglie?

Va da sé che fare sforzi dissennati, improduttivi, inefficaci, è altrettanto deleterio. Alla fine dell’ottocento l’economista Vilfredo Pareto elaborò il principio dell’80/20, cioè che l’80% di ciò che raggiungiamo nelle nostre attività deriva soltanto dal 20% del totale tempo impiegato, il che significa che un numero ristretto di fattori produce la maggior parte dei risultati che vogliamo ottenere. In pratica, la maggior parte dei nostri sforzi sarebbe irrilevante. Ma, in barba all’80/20, nel mondo attuale è decisamente suggeribile produrre molti sforzi, anche correndo il rischio di qualche inefficacia. Praticare l’immobilismo ci porta soltanto verso il declino e quindi è una grande baggianata.

di Michele Rossi

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