Pil, la legge di bilancio non basta

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Nel terzo trimestre del 2016, il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,9% nei confronti del terzo trimestre del 2015. La crescita congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’industria e dei servizi e di una diminuzione nell’agricoltura. Dal lato della domanda, vi è un contributo ampiamente positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte), in parte compensato da un apporto negativo della componente estera netta. Nello stesso periodo il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,7% negli Stati Uniti, dello 0,5% nel Regno Unito e dello 0,2% in Francia. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,3% nel Regno Unito, dell’1,5% negli Stati Uniti, dell’1,1% in Francia. Nel complesso, il Pil dei paesi dell’area Euro è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente ed dell’1,6% nel confronto con lo stesso trimestre del 2015.

Come valutare queste indicazioni elaborate dall’Istat? Secondo l’Ufficio Studi di Confcommercio, la crescita del terzo trimestre consente di confermare le previsioni di crescita allo 0,9% per il 2016 e all’1% per il 2017, indicazione, quest’ultima, che potrebbe essere rivista al rialzo se l’ultima frazione dell’anno dovesse presentare qualche spunto di vivacità. Tuttavia, è presto per abbandonare la cautela, visto che i dati mensili su fiducia, occupazione, produzione, consumi e inflazione permangono oscillanti e contraddittori. Inoltre, rispetto al resto dei principali partner europei ed extra-europei, la crescita tendenziale dell’Italia permane esigua anche perché il tasso di investimento è ancora troppo distante dai valori pre-crisi e continuano a rimanere irrisolti alcuni nodi strutturali: eccesso di burocrazia, inefficienze della logistica ed eccesso di carico fiscale. La legge di bilancio contiene qualche utile misura per mitigare le conseguenze di questi aspetti problematici ma non interviene in modo generalizzato sulla riduzione dell’Irpef che avrebbe invece potuto invertire il trend decrescente della fiducia di famiglie e imprese.

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