Robot: buon servitore, ma cattivo padrone

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Robot umanoidi, domestici, social robot, robot aspirapolvere, da cucina, da combattimento, subacquei, animali robot da compagnia, robot che batte i calci di rigore, e potrei continuare, la scelta non manca. I simpatici Buddy e Jibo, ad esempio, sono social robot pensati per stare in famiglia e condividere con bimbi e adulti una serie di compiti: svegliarti alla mattina, suggerirti una ricetta, ricordarti una scadenza, integrarsi con i sistemi robotici di casa quando sei assente; e costano poco piĂą di uno smartphone di ultima generazione. Insomma, uomini e robot fianco a fianco.

In officina l’operatore si avvicina al robot che sta lavorando sulla macchina utensile, la quale rallenta immediatamente perché il robot stesso percepisce che qualcuno si sta avvicinando. La sicurezza è il prerequisito fondamentale per l’integrazione intelligente uomo-macchina-robot. Nella fabbrica digitalizzata macchine, utensili e attrezzature, robot, merci e prodotti finali saranno connessi gli uni agli altri; gli addetti ai lavori e i robot non lavoreranno più su un componente uno dopo l’altro, ma contemporaneamente, cooperando.

La fabbrica 4.0 non sarà senza persone, le quali saranno ancora necessarie per i compiti che richiedono alta specializzazione, creatività e risoluzione d’imprevisti. Le risorse umane dovranno concentrarsi sulla creazione di valore aggiunto, sulle messe a punto, sulle personalizzazioni e sulla gestione della qualità. Inoltre, lavorare con i robot richiede attenzione alla sicurezza, per evitare danni dovuti a movimenti bruschi e rigidi.

Torna in auge, quindi, la robotica flessibile, basata su dispositivi adattativi ed elastici, perché il robot deve essere un buon servitore e mai un cattivo padrone. Dunque, oltre ad essere un prodotto smart, il robot assume ruoli diversi secondo chi interagisce con esso e chi ha accesso alle informazioni relative alla macchina cui il robot è affiancato. Quando il terzetto uomo-macchina-robot agevola la gestione operativa, dando informazioni, per esempio, sullo stato di servizio e sulla programmazione della manutenzione, ci troviamo in un approccio di “smart industry”; mentre è “smart service” quando i dati macchina permettono di strutturare nuovi input competitivi, oppure nuovi modelli di business oppure nuovi servizi.

Ebbene, all’insegna della sicurezza le tecnologie robotiche crescono insieme alle risorse umane, si arricchiscono reciprocamente e danno importanti spinte all’innovazione. I robot si orientano in ambienti confusi, vedono, sentono gli odori riconoscono gli oggetti, controllano le superfici lavorate e ne valutano la qualità. L’intelligenza fa il suo ingresso anche nei singoli componenti, che comunicano l’uno con l’altro; ma tutto ciò ha bisogno di una fonte del sapere umano ove scambiarsi tutte le informazioni. L’introduzione dei robot o altri marchingegni nelle industrie meccaniche deve essere preceduta da attività di miglioramento del livello prestazionale dei tre elementi in gioco che compongono il sistema produttivo: uomini, robot e macchine.

L’industria meccanica è oggi un gran contenitore di energie inespresse, qualificate, ma sottoutilizzate; impiegare queste forze e trasferire la tradizione italiana nel lavoro dei robot sarà la carta vincente. Senza escludere il rapporto umano. Allora evviva l’Industria 4.0, ma non parlerei di rivalutazione delle macchine per controllare costi e produttività, semmai di giusta collocazione di robot collaborativi.

di Enzo Guaglione

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