Professioni e “società liquida”

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La “liquidità” fa parte di una moderna terminologia che intende sottolineare uno stato di diffusa precarizzazione. Nella “società liquida” non soltanto i singoli individui ma la società tutta vive in un contesto di continua instabilità. Una “società liquida” genera anche un’economia “liquida”, nella quale ogni decisione rischia di essere superata da eventi sempre nuovi. L’economia “liquida” richiede la messa in atto di strategie liquide, caratterizzate da decisioni veloci e non prive di rischi di sbagliare. Quando ci chiediamo quali saranno le professioni del futuro, dobbiamo tenere conto di questo contesto.

Ci troviamo in un periodo storico liquido. Fino a ieri ritenevamo che rischio, intuito, fiuto, fossero prerogative richieste all’imprenditore. Oggi rischio, intuito, fiuto sono il terreno sul quale è necessario fondare tutte le nostre scelte professionali. Non un terreno solido, ma paludoso, insidioso. Si può insegnare come affrontare e gestire i rischi, come coltivare e potenziare l’intuito, il fiuto? Come mettersi in gioco? Immagino di sì, ma sono certo che oggi non faccia parte delle materie scolastiche. Non ci consola neppure sapere che, a statistiche internazionali sempre penalizzanti nei nostri confronti, tutti coloro che sono a contatto con professionalità straniere riconoscano l’elevato livello qualitativo del sistema di istruzione e formazione italiano. I nostri talenti in giro per il mondo sono veramente tali! La nostra necessità è di alzare l’asticella del sistema formativo globale. Siamo un paese che non dispone di molte risorse in nessun campo, ma abbiamo un potenziale intellettuale poderoso. Quali saranno le professioni del futuro? Indovinala grillo? Il futuro è in parte prevedibile, basta guardarsi intorno. Allungamento della vita e delle spinte sociali, incremento della popolazione mondiale, inurbamento, problematiche ambientali, evoluzioni tecnologiche nelle industrie e nella sanità, mondo social, mondo dei servizi avanzati e non, automazione, robotica, intelligenza artificiale, alleggerimento e nuove motorizzazioni nei trasporti, logistica avanzata, nuovi materiali… Questi e molti altri sono gli ambiti che si prospettano. Dentro ciascuno di questi ambiti si aprono molte possibilità di successo professionale. Parte di questo “sapere” può essere ricercato attraverso la rete e le tecnologie? Una provocazione? Certamente, ma la liquidità non fa sconti e l’assunto è funzionale a sottolineare la necessità di un sistema formativo scolastico più completo, più evoluto. Abbiamo citato il rischio, l’intuito, il fiuto. A queste ne aggiungiamo altre: creatività, curiosità, inventiva, intraprendenza. Caratteristiche, capacità, che è necessario coltivare molto prima di arrivare alle scelte della vita. E’ possibile pensare di insegnarle? E’ possibile fare capire alla scuola che il ruolo dell’insegnante deve essere ripensato: non più soltanto tramite per un apprendimento nozionistico, ma motivatore, stimolatore, costruttore di personalità, di capitale umano spendibile domani. E’ possibile che gli insegnanti stessi comprendano come deve evolvere il loro ruolo? Predichiamo che il futuro dei nostri giovani è tutto nelle loro mani e di esso ne sono artefici, ma è dovere morale di uno stato mettere loro a disposizione un sistema formativo attualizzato e adeguato a una società e a un’economia liquida. Un sistema formativo nel quale materie “soft” si affianchino a quelle tradizionali, anch’esse evolute. Ci rendiamo conto che si tratta di un processo complesso e non di immediata fruibilità. Ma necessario. Non è forse vero che anche la fabbrica del futuro si sta completando e arricchendo con competenze più “soft” per competere nella “liquidità”? E’ troppo ardito credere che instabilità e capacità “soft” unite potrebbero costituire il nostro vero propulsore per lo sviluppo? Se così fosse, avremmo un lungo futuro di progresso assicurato!

di Michele Rossi

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