Economia digitale e dintorni

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Finora tre rivoluzioni industriali sono entrate nei libri di scuola: quella del diciottesimo secolo, con la forza vapore che ha favorito lo sviluppo delle macchine; quella del diciannovesimo secolo che vanta l’uso dell’elettricità; quella del ventesimo secolo con l’automazione, l’elettronica e l’informatica. La rivoluzione digitale del ventunesimo secolo, l’Industria 4.0, la stiamo vivendo, e ha molti pro ma anche tanti contro. Un pro che mi soddisfa molto è il ritorno a produrre in Europa di molte compagnie che avevano trasferito la produzione in Cina e dintorni. Ciò perché il costo del lavoro si è alzato in tali paesi, ma anche perché robot e operai iperspecializzati rendono più competitive lo imprese. Un cambio di paradigma impensabile dieci anni fa, che apre nuovi scenari nella produzione di beni e servizi. Ma con l’Industria 4.0 serve lavoro 4.0 ed è compito della cultura e delle forze sociali trovare forme di tutela efficaci per un lavoro degno. L’equilibrio uomo-macchina della quarta rivoluzione industriale è infatti delicato e rischioso; sul piano antropologico l’uomo rimane il soggetto della tecnologia e non l’oggetto. Inoltre, il lavoro è valore alla base della giustizia e della solidarietà; se eclissiamo il valore, eclissiamo il vero significato del lavoro. Ecco che subentra l’economia digitale, un elemento di crescita nei mercati dove l’economia globale è stagnante. Nonostante questo, esistono ancora fattori che impediscono a governi, consumatori, imprese e lavoratori di sfruttare fino in fondo le enormi opportunità generate dall’economia di Internet; così abbiamo Industria 4.0, Lavoro 4.0, Cultura 4.0 e – perché no – Fisco 4.0; tant’è che allo scorso G7 tenutosi alla Reggia di Venaria si è parlato di fiscalità digitale. Obiettivo: mettere a punto una Web Tax costruita sul patrimonio dei cosiddetti “over the top”, per raccogliere dati e profili sugli utenti delle grandi piattaforme che operano in rete. Non si possono adottare vecchi schemi fiscali per indurre i big del web ad accordarsi sul quanto dovuto al fisco. A un recente convegno “Imprese e fisco nell’era digitale” organizzato dalla LUISS Business School è stata rimarcata la “Dicotomia insopportabile” in base alla quale “per la prima volta nella storia del capitalismo a un aumento del PIL non corrisponde un aumento del gettito fiscale”. Del resto, l’innovazione non si può osteggiare, è un fenomeno ineludibile.

Il Piano Industria 4.0 promosso dal nostro governo cerca di dare una spinta agli investimenti; allora tutta la discussione sulla Web Tax va orientata su come la ricchezza generata possa essere ridistribuita nell’ottica di una nuova formazione delle persone. Dunque, bisogna porre attenzione sull’impatto dell’innovazione tecnologica con il mondo del lavoro; speciale riguardo va riservato ai lavoratori più a rischio, cioè quelli meno qualificati; sì, perché i mercati del lavoro stanno vivendo grandi trasformazioni. L’attenzione si concentra soprattutto sui giovani, ai quali la scuola deve fornire le competenze appropriate. A questo proposito mi sembra doveroso segnalare il contributo di Tecniche Nuove alla cultura digitale, per esempio con la pubblicazione del libro “La Fabbrica Digitale – Guida all’Industria 4.0” di Michele Rossi e Marco Lombardi.

Tra Industria 4.0, scuola, governi e fisco c’è un rapporto strettissimo, giacché la stessa digitalizzazione per funzionare ha bisogno di essere connessa al mercato del lavoro e interagire con risorse umane competenti, le quali saranno sempre il cuore della produzione.

di Enzo Guaglione

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