Allegeriamo con la plastica…

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Uno studio condotto da un centro di ricerca americano ha raccolto informazioni da differenti tipi di veicoli per determinare quali materiali vengono impiegati in specifici componenti del mezzo e che cosa si dovrebbe cambiare per ridurre il peso (o meglio, la massa) fino al 15%. Da questo studio è emerso che le materie plastiche possono giocare un ruolo fondamentale nella realizzazione dei pianali permettendo una riduzione del loro peso fino al 10%. Le strutture di assorbimento degli urti, se realizzate in fibra di carbonio, possono arrivare a ridurre i relativi pesi anche fino al 15%. Con l’uso di materie plastiche è quindi possibile arrivare a ridurre in modo considerevole la massa dei veicoli, cosa positiva quando si vuole ridurre il consumo di carburante, il che significa minori costi e minore impatto ambientale. In un contesto di “sostenibilità”, quindi, questo aspetto non può essere considerato secondario insieme a quello relativo all’energia spesa per produrre il particolare e alle emissioni di polveri sottili che tanto ci perseguitano nel periodo invernale. Materiali plastici e fibre di carbonio (o comunque compositi in generale) possono quindi dare un contributo non trascurabile nel realizzare veicoli, auto e camion in particolare ma non
solo, a sempre più ridotto impatto ambientale. E questo è vero tanto per i veicoli con motore a combustione tanto per quelli funzionanti con motori elettrici: se si vuole imprimere una certa velocità a un veicolo e mantenerla vincendo gli attriti dell’aria e del suolo, è quindi estremamente importante studiare la capacità di penetrazione nell’aria ma anche ridurre le forze necessarie all’accelerazione del veicolo stesso. L’approccio però non può essere di sola facciata: occorre una rivisitazione della struttura dell’auto di tipo “aggressivo”, ovvero veramente di sostanza ed estesa a tutti i suoi componenti.

Lo sviluppo di questi nuovi componenti è strategico in quanto deve coniugare alla riduzione di massa, il mantenimento degli aspetti prestazionali e di sicurezza che devono rimanere assolutamente imprescindibili. L’obiettivo, secondo la National Highway Traffic Safety Administration americana, è di arrivare ad avere auto che percorrano almeno 23
Km con un litro di carburante. Ai costi attuali del carburante significa un risparmio (rispetto ad una percorrenza di 16 km per litro) di circa 250 euro ogni 10.000 chilometri percorsi: un bel vantaggio anche dal solo punto di vista economico. Fino a oggi i costruttori di autoveicoli hanno già apportato miglioramenti in termini di masse impiegate, introducendo modifiche non troppo complesse e facili da inserire nel mercato soprattutto per quanto riguarda gli aspetti collegati al motore introducendo, sotto il cofano, plastiche ad alte prestazioni e resistenti ad alte temperature. Non tutti però sentono questa necessità e certamente questa non è la richiesta prioritaria da parte dei clienti: occorre quindi che le case automobilistiche anticipino la domanda dei consumatori e che le legislazioni portino le compagnie stesse ad affrontare per tempo il problema non solo inserendo l’elettronica nella gestione dei motori (quindi con soluzioni software), ma con interventi hardware di sostanza. Già con l’introduzione di acciai e di leghe di alluminio altoresistenziali i costruttori hanno apportato dei miglioramenti nel contenimento delle masse, ma pare che con questa strategia non si riesca a superare il 5% di riduzione. Occorre anche considerare che per motivi storici, il mondo del metallo è più noto e più familiare rispetto a quello della plastica. Non si tratta, infatti, di realizzare componenti con la medesima geometria semplicemente a più basso spessore, ma di realizzare geometrie performanti per i materiali con i quali saranno prodotti. Oppure di sviluppare componenti a materiali misti metallici-fibrosi-plastici innovando di conseguenza anche i processi in un contesto nel quale il metallo è sempre stato l’unico materiale impiegato: i componenti strutturali del veicolo.

C’è allora spazio per chi si vuole cimentare in nuove soluzioni e potenziali nuovi mercati? La risposta è certamente sì. Occorrerebbe che anche gli enti di ricerca e, soprattutto gli enti finanziatori, vedano le potenzialità insite in questo mondo traducendo i grandi slogan, molto di moda ultimamente, in “cose di tutti i giorni” ma non per questo di minore impatto.

di Claudio Giardini

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