Acciaio e alluminio: l’Italia non paga dazio

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Un falso allarme?

L’ennesima arma-fine-di-mondo agitata dal presidente statunitense Donald Trump è stavolta rappresentata dalla possibile introduzione di tariffe doganali aggiuntive sull’importazione di prodotti siderurgici negli USA. Ma il made in Italy ne sarebbe minacciato solo marginalmente.

Provocatore e gaffeur ormai consumato, l’ex imprenditore e ora presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump ha di recente scosso il mondo con la proposta di introdurre speciali dazi sulle importazioni di prodotti siderurgici nel paese. In particolare, l’amministrazione in carica ha fatto leva sulle misure consentite da un provvedimento datato 1962 (il Trade Expansion Act) per suggerire accise sino al 25% sull’acciaio e del 10% invece sull’alluminio. Come è stato notato altrove, si tratta di una soglia tariffaria inferiore rispetto a quella suggerita dai rapporti del Ministero Nazionale per il Commercio, che avrebbero preferito invece un aggravio fra il 24 e il 53% per gli acciai e fra il 7,7 e il 23,6% per l’alluminio. La notizia è piombata sull’Italia in un momento di netta espansione del commercio di settore. Ripresa anche da altre fonti, la World Steel Association ha certificato a febbraio che la Penisola ha prodotto nel 2017 oltre 24 milioni di tonnellate di acciaio realizzando la migliore performance in questo ambito a partire dal 2013, con una crescita anno-su-anno pari al 2,9%. È stato poi stimato dall’Ufficio Studi di Siderweb che tra il gennaio e l’ottobre dello scorso anno il made in Italy abbia generato esportazioni di «materie prime, semilavorati, prodotti finiti e tubi» per 15,5 milioni di tonnellate, realizzando così una crescita del 3,1% sul 2016. Inevitabile perciò che l’industria si sia da subito interrogata e continui a riflettere sull’exploit dell’inquilino della Casa Bianca senza eccedere in allarmismi né indulgere a sottovalutazioni.

 

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