Piombo: andamento, previsioni e consumo

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Piombo

Fattori geopolitici hanno inciso sul comportamento della produzione mineraria di piombo contribuendo all’ulteriore calo produttivo dello 0,9%, riflesso del -22,2% registrato in Australia; del 10,4% negli Usa e ancora dello 0,9% nella Repubblica Popolare Cinese. È salita invece la produzione di piombo raffinato (+0,7% nel 2017) sospinta da Canada, Europa, Kazakistan, Cina, India.

Piombo: cala l’estrazione, aumenta la produzione di raffinato

Nel 2017 la domanda è però stata superiore all’offerta complessiva per circa 165 mila tonnellate; e pur con proporzioni differenti il trend dovrebbe proseguire anche quest’anno, con un deficit preventivato in 17 mila tonnellate. In ascesa anche la produzione di piombo secondario, derivato quindi eminentemente dal riciclo delle batterie esauste, pur se per poco più di un solo punto, dal 58,5 al 59,8%; e l’utilizzo totale. Quest’ultima voce è salita del 2,3% in virtù soprattutto del +3,1% archiviato in Cina e dai dati in arrivo da Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti. Per un metallo, il piombo, sovente considerato sin troppo placido e stabile le dinamiche di prezzo sono state quasi frenetiche.

Prezzi e consumo del piombo

Nel 2017 i valori cash e a tre mesi della Borsa di Londra sono balzati rispettivamente da 2.007 a 2.495 e da 2.002 a 2.502 dollari per tonnellata per una media di 2.317 e 2.327 dollari. Sull’onda delle previsioni di un ulteriore miglioramento della domanda cinese l’impressione di Assomet è che per tutto il 2018 i prezzi possano mantenersi relativamente sostenuti. Altrove è stata invece paventata una loro flessione verso la base dei 2.200 dollari. Un significativo +5,1% dopo l’1,1% totalizzato nel 2017 è quel che Assomet si aspettava dalla produzione di zinco nel 2018, grazie anche al +33,7% di output garantito dai siti indiani. Ha sfiorato invece le 495 mila tonnellate il deficit domanda-offerta dello scorso anno: nel 2018 lo spread dovrebbe essere più contenuto e fluttuare nell’area delle 260 mila tonnellate.

I consumi si sono rafforzati ovunque (+2,6%) tranne che in Europa (-0,5%); ma nel 2018 si sta assistendo a un rally che interessa soprattutto l’industria europea e statunitense, appunto. I prezzi LME (London Metal Exchange) cash e trimestrali hanno guadagnato lo scorso anno il 38,2 e il 37,6% rispettivi. Ferma restando la possibilità che le misure protezionistiche made in Usa possano colpire anche i principali fornitori globali di questa commodity, il nichel ha attraversato e sta vivendo un momento di rafforzamento della richiesta, stimata per tutto il 2018 al +4%. Per effetto di un deficit fra domanda e offerta i prezzi cash del London Metal Exchange sono aumentati dell’8,4% a paragone col 2016 portandosi a 10 mila e 400 dollari per tonnellata di prodotto. All’inizio di quest’anno hanno raggiunto i massimi dal 2015, a quota 13 mila e 200 dollari.

Leggi l’articolo completo sul numero di Settembre di LAMIERA 2018

 

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