Turchia: l’analisi della situazione per le imprese italiane

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Gli osservatori internazionali concordano sul fatto che la Turchia abbia sinora dimostrato dal punto di vista economico-finanziario una certa resilienza riconducibile alla solidità del suo sistema bancario e alla vivacità dell’imprenditoria privata. Adesso però qualcosa è cambiato.

Turchia: tra attrazione e incertezza

Sono le nude cifre ancor prima delle analisi e dei giudizi degli osservatori internazionali a dare un’idea delle turbolenze che l’economia turca sta affrontando. Basti pensare che la previsione espressa da autorevoli fonti circa la variazione del Prodotto interno lordo (Pil) nazionale è di 2,6 punti in più tanto per il 2018 quanto per il prossimo anno. Nel 2016 l’incremento era stato del 3,3% e nel 2017 addirittura del 7,3%. Allora il valore nominale del Pil turco era arrivato a quota 848,2 miliardi di dollari mentre l’aspettativa attuale è che possa calare a 671,1 miliardi di dollari quest’anno e a 503,7 nel 2019.

I principali indicatori suggeriscono che il rischio-Paese è elevato e – nonostante la ritrovata stabilità della lira dopo il crollo estivo – rimane chiaramente alta la soglia di allarme per l’economia. Gli analisti ritengono pressoché inevitabile una significativa alterazione della politica finanziaria di Ankara, in nome di un riaggiustamento dei conti. La previsione è che a partire dal biennio 2018-2019 il tasso di inflazione possa posizionarsi a lungo attorno al 20% impattando negativamente la domanda interna. Né si può ipotizzare che la svalutazione porti concreti benefici all’export visto che solamente alcuni settori ben circoscritti ne godranno i vantaggi. Per paradossale che questo possa sembrare gli esperti giudicano, a tutt’oggi, del massimo interesse le prospettive di sviluppo dello Stato del Bosforo che ha una posizione geografica strategica, un costo del lavoro molto attraente e piani di sviluppo infrastrutturale ambiziosi.

Ma non mancano di evidenziare le sue numerose incognite. Il modello di gestione della leadership del presidente Recep Tayyip Erdogan (che è sospettato di aver anticipato il voto presidenziale di oltre un anno per sfruttare condizioni a lui favorevoli) è oggetto di perplessità e critiche. E si riflette sull’industria, dati i sospetti di concorrenza sleale ai danni dei manager e delle compagnie non appartenenti alla galassia del partito di governo, il conservatore AKP. Oltre a ciò, e oltre all’eventualità di un infiammarsi delle proteste, con conseguenze inimmaginabili, preoccupano l’elevata tassazione dei consumi e la dipendenza energetica da nazioni estere.

Leggi l’articolo completo sul numero di Ottobre 2018 di LAMIERA

 

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