La resilienza dei piccoli

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«Abbattere il tempo che tipicamente trascorre fra la progettazione di un prodotto e la sua effettiva realizzazione è il segreto per rilanciare le piccole e medie imprese» secondo l’accademico ed editorialista Giulio Sapelli, che del piccolo è bello è parso un fautore. Riassumiamo i punti salienti del suo intervento al recente Congresso Stampi & Co con l’intento di fornire argomenti di riflessione alla Pmi alle prese con un mercato globale volubile e difficile. Proprio «su questo punto bisogna lavorare» per conseguire e conservare vantaggi competitivi importanti in una fase propizia che vede la Cina alle prese con un rallentamento della crescita e con quella tentazione di ripiegarsi su sé stessa che sembra attirare anche gli Stati Uniti. Sempre più, per il docente di Storia economica dell’università Degli Studi di Milano, non tanto la dimensione di una società quanto la sua capacità di gestire l’intreccio progettazione-produzione rappresenterà il più determinante dei fattori x. Certo, anche secondo Sapelli l’Italia pare talora impegnata a mettere in difficoltà i più piccoli e dinamici player più che ad agevolarli. Il fatto che le reti di impresa siano state poste al centro del dibattito proprio mentre si minavano alla base i rapporti fra credito cooperativo e territorio è esemplare di una simile tendenza. Eppure, «la resilienza degli small & medium business» resta cruciale per il buon andamento del tessuto economico nostrano. E dovrebbe essere consolidata e promossa con la messa a disposizione di percorsi formativi, universitari in primis, all’altezza delle sfide globali presenti e future. Il trend, d’altra  parte, è per Sapelli generalizzato: l’affermazione dei piccoli «a elevata intensità tecnologica e bassa capitalizzazione» è un fenomeno globale. Il mercato premia «gli asset liquidi», non già i big di Wall Street, purché visionari e innovativi.

 

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