La simulazione della pallinatura

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La corretta impostazione delle grandezze che definiscono il comportamento meccanico del materiale è uno dei punti chiave per il successo di simulazioni numeriche della pallinatura di elementi induriti superficialmente. Nelle righe che seguono si presenta un approccio per la determinazione del gradiente del comportamento di materiali induriti superficialmente. I risultati ottenuti sono stati utilizzati poi per simulare la pallinatura di un acciaio cementato impiegato per la costruzione di ruote dentate. Il confronto dei risultati con misure sperimentali conferma la validità di quanto proposto.

La pallinatura (shot peening) è uno dei trattamenti superficiali più utilizzati per migliorare il comportamento meccanico, in particolare a fatica, degli organi delle macchine e dei componenti strutturali. Consiste nel bombardare con un flusso di piccoli elementi sferoidali una superficie metallica e può portare a miglioramenti del limite di fatica superiori al 50% del pezzo no trattato. La sua efficacia, tuttavia, dipende dalla corretta impostazione dei parametri di processo e da come questi sono legati ai principali effetti indotti negli strati superficiali del materiale; sforzi residui, rugosità e incrudimento superficiale. A tal fine, si sono sviluppati approcci di previsione, basati sull’applicazione del metodo degli elementi finiti, che permettono di calcolare gli sforzi residui indotti dai ripetuti impatti delle sfere metalliche contro il pezzo di interesse. Alcuni modelli consentono anche la determinazione, con buona approssimazione, delle rugosità superficiale e, dopo opportuno post processing dei risultati, anche delle modifiche microstrutturali del materiale. Tali simulazioni non sono semplici, a causa della complessità del fenomeno fisico e delle non linearità che lo caratterizzano. Non linearità del materiale, legata alla plasticizzazione degli strati superficiali e alla elevata velocità di deformazione, e geometrica, legata alla natura del contatto non conforme tra sfere e superficie trattata.

Dai primi modelli, sviluppati ormai più di 20 anni fa, fino a quelli più recentemente proposti, l’evoluzione è stata considerevole. Infatti, inizialmente i modelli si riferivano ad impatti singoli ed erano basati su diverse ipotesi semplificative, dovute ai limiti dell’hardware e del software, che limitavano l’accuratezza dei risultati e, soprattutto, rendevano problematico il confronto con misure sperimentali di confronto. Nel tempo, grazie all’evoluzione delle tecnologie informatiche, alla maggiore potenza degli strumenti di calcolo e all’evoluzione dei codici di calcolo, i modelli a elementi finiti sono diventati via via più accurati e verosimili: si è tenuto conto degli impatti multipli con sequenze random, si sono definite relazioni tra i parametri in uso nella pratica costruttiva (intensità Almen e copertura) e i dati di input dei modelli (quali velocità iniziale delle sfere e angolo di impatto), si sono via via affinate le equazioni costitutive del materiale da utilizzare al variare del materiale di interesse (partendo dagli acciai di più comune utilizzo nelle costruzioni meccaniche per arrivare alle leghe di alluminio e di titanio).

Tuttavia, al di là delle correttezza formale dei modelli e della loro sempre maggiore verosimiglianza rispetto alle modalità effettive con cui il trattamento viene eseguito, diversi aspetti restano ancora da investigare, soprattutto pensando ai più comuni casi applicativi, i quali, ad oggi, costituiscono una fetta non trascurabile del mercato di questo trattamento.
Tra questi, il caso della pallinatura delle ruote dentate per riduttori ad alta densità di potenza (o, ad alte prestazioni), per utilizzo in ambito aeronautico e automobilistico, risulta uno dei più importanti. Le ruote dentate utilizzate in tali ambiti, infatti, sono costruite utilizzando un acciaio indurito superficialmente, in genere con una cementazione, a volte con una nitrurazione; le caratteristiche del materiale presentano, conseguentemente, un gradiente delle loro proprietà e caratteristiche. Una accurata analisi numerica della pallinatura di materiali così trattati presuppone, quindi, una corretta simulazione del gradiente delle caratteristiche del materiale precedentemente indurito. Nelle righe che seguono si descrive un approccio originale sviluppato a tal fine. Nella parte conclusiva dell’articolo i risultati ottenuti sono confrontati con misure sperimentali che confermano la bontà di quanto proposto.

Il materiale

Il problema della corretta schematizzazione delle caratteristiche di una materiale precedentemente cementato in una simulazione a elementi finiti del processo di pallinatura, è di importanza primaria per garantire un’adeguata accuratezza dei risultati e diventa, allo stesso tempo, un problema di non facile soluzione, in quanto le caratteristiche dell’acciaio dalla superficie verso il cuore in funzione delle modalità con cui il trattamento è stato eseguito. Non solo, visto l’esiguità degli spessori induriti (e, quindi, di interesse) risulta anche difficile pensare di eseguire prove meccaniche di caratterizzazione per rilevare lo sforzo di snervamento e quello di rottura, nonché la curva sforzo/deformazione del materiale (nel caso in esame un acciaio cementato, il cui digramma sforzo/deformazione, al cuore, in termini adimensionali è illustrato in Figura 1).

Due sono gli approcci utilizzati nel presente articolo per ovviare al problema. Il primo approccio utilizza un’analisi inversa per ricavare le proprietà del materiale dello strato indurito, attraverso una prova sperimentale di indentazione. Il secondo approccio, di seguito denominato approccio basato sulla durezza, sta fondamentalmente stimando le proprietà del materiale del nucleo della cassa, in base al valore di microdurezza locale. Per quanto riguarda l’analisi inversa, è un metodo in cui si esegue la minimizzazione della differenza tra i dati sperimentali di un test di indentazione e la simulazione a elementi finiti dello stesso test, determinando in questo modo i corretti valori delle proprietà del materiale da eseguire le successive analisi. Tali approccio non richiede uno lo sviluppo di un modello analitico, tuttavia, la sua messa a punto richiede un non trascurabile dispendio di tempo. Nel caso in esame, visto il gradiente della durezza dello strato superficiale, il test di indentazione è stato ripetuto più volte con carichi differenti per interessare diverse profondità di materiale e tener conto, quindi, del gradiente delle proprietà. Relativamente al secondo metodo utilizzato, basato sulla misura del profilo di microdurezza in profondità, esso si basa sugli studi presentati da Donzella (G. Donzella, A. Pola, L. Solazzi, G. Marconi, “Effect of shot peening on carburised surfaces“, Int. J. Mater. Prod. Tec. 15 2000 117–130), che propone la seguente relazione empirica che mette in relazione la misura della micro durezza HV in profondità con lo sforzo di snervamento del materiale:

y = 0.0016 HV2 + 3.86 HV – 222 [MPa]

Per entrambi gli approcci utilizzato, lo spessore indurito è stato schematizzato in 9 strati, illustrati in Figura 1 assieme all’andamento della microdurezza in profondità. Sulla base di tali misure sono state assegnate le proprietà del materiale che sono state poi utilizzate per le successive simulazioni.

 

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