Ingegneria biomedicale in 3D

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E’ tempo di additive manufacturing per il mondo medico. Dall’aneurisma alla cranioplastica, passando per una comune ingessatura, sino al recupero dell’udito grazie alla ricostruzione dell’osso temporale. Ecco lo stato dell’arte del 3D nell’ingegneria biomedicale italiana.

In Sicilia, a Palermo, una protesi per l’aneurisma all’aorta addominale e una per la cranioplastica. In Campania, a Napoli, un esoscheletro che sostituisca l’ingessatura agli arti per pazienti pediatrici, ma anche la ricostruzione in 3D dell’osso temporale di una bambina non udente a cui restituire l’udito. Interventi innovativi e gruppi di ricerca che uniscono medici e ingegneri, con investimenti pubblici e privati, università e centri di ricerca, startup premiate e competenze valorizzate cui dare speranza per guarigioni e progressi in campo medico.

Estrema personalizzazione e adattabilità dei dispositivi medici e grande libertà progettuale. Rapidità di produzione ed economicità dei risultati. Sono questi solo alcuni dei vantaggi dei progetti che hanno illustrato i team medico-ingegneristici con cui abbiamo parlato di prototipazione, tecnologie 3D e additive manifacturing.

In pediatria, dalla protesi ortopedica a quella acustica

In Campania, all’Azienda Ospedaliera Santobono Pausilipon di Napoli, la sperimentazione di dispositivi medici in 3D ha coinvolto l’ambito pediatrico, con applicazioni che spaziano dall’ortopedia all’otorino, passando per la neurochirurgia, riunendo attorno alla Fondazione Santobono Pausilipon anche il Consiglio Nazionale delle Ricerche e la Banca d’Italia. Tanto che dall’esperienza è nata una società in house, la Santobono Innovation, spinoff promossa dall’azienda ospedaliera pubblica partenopea, grazie al supporto della Regione Campania, proprio per la realizzazione di questi innovativi dispositivi medici. È così che in giugno, grazie all’intervento eseguito dall’Unità Operativa di Chirurgia Protesica della Sordità Infantile, all’ospedale pediatrico Santobono di Napoli, una bambina è tornata a sentire. A detta dei medici, il primo intervento di questo tipo eseguito in Italia, per merito della ricostruzione in 3D dell’osso temporale della piccola. Ed è sempre il medesimo team di ricerca, quello che ha messo a punto un esoscheletro in 3D utile per le fratture composte stabili al posto dell’apparecchio gessato tradizionale.

Per l’AORN Santobono Pausilipon, che annualmente conta all’incirca 16 mila piccoli pazienti che richiedono interventi ortopedici su traumi e fratture, sicuramente un vantaggio in termini di costi e tempistiche, ma certo anche un miglioramento nella qualità della vita degli utenti: dalle questioni relative a igiene e areazione (ci si può fare la doccia) alla possibilità di intervenire per tempo nella fase di ricomposizione dell’osso, aiutando la riabilitazione. Un’idea, quest’ultima, che indubbiamente ricorda il Cortex Cast (appunto “gesso corteccia”) e il suo giovane sviluppatore, l’australiano Jake Evil, che nel 2013 presentò al mondo la sua invenzione in 3D, nata per mandare in pensione il gesso tradizionale: un esoscheletro traforato in nylon, ventilato e leggero, adottabile in caso di lesioni ossee, davvero “a misura di paziente”. Ossia realizzato a seguito di alcune “semplici” fasi: esame radiografico della zona traumatizzata, per analizzare nel dettaglio la frattura; scansione tridimensionale dell’arto interessato, per rilevare conformazione e misure, riproducendo esattamente la forma dell’arto; e infine stampa in 3D del dispositivo medico, con la possibilità, a differenza delle ingessature tradizionali, di rinforzare la struttura sul punto di frattura, creando una rete di maglie più fitte per sostenere maggiormente i punti più fragili.

Ad entrare nel dettaglio delle attività del laboratorio di ingegneria biomedica artefice di questi presidi, è Fabrizio Clemente, ingegnere biomedico, ricercatore all’Istituto di Cristallografia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e docente di Controllo Qualità ed Organizzazione Sanitaria presso l’Università Tor Vergata di Roma, nonché membro del Consiglio Scientifico della Fondazione Santobono Pausilipon eresponsabile scientifico del progetto.

 

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