Fusioni sotto controllo

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La corretta gestione della fusione delle leghe di Al in fonderia riveste un’importanza strategica.

Negli ultimi anni ha preso sempre più piede la necessità di ridurre il peso dei veicoli per risparmiare sui consumi e ridurre le emissioni di anidride carbonica (CO2), responsabile dei cambiamenti climatici. Per questo, oggigiorno, la maggior parte dei componenti automotive viene prodotta utilizzando leghe di alluminio, più leggere rispetto all’acciaio o alla ghisa, ivi inclusi getti strutturali o parti di sicurezza. Per adempiere agli stringenti requisiti di qualità (caratteristiche meccaniche, di tenuta, saldabilità, resistenza…) i getti non devono presentare al loro interno inclusioni e/o porosità da idrogeno. Per questi motivi è sempre più importante porre maggiore attenzione alla qualità della lega, attraverso un controllo accurato della fusione e dei successivi trattamenti di igiene metallurgica.

Nella pratica quotidiana, le cause della scarsa qualità della lega possono essere molteplici:

• utilizzo di carica sporca, unta o umida;
• contatto diretto della fiamma dei bruciatori con la carica o con il bagno di lega liquida;
• temperatura della lega eccessivamente alta;
• scarsa pulizia e manutenzione dei refrattari di forni e siviere;
• scarsa manutenzione dei forni, delle siviere e delle attrezzature (canaline, mestoli, tazze…);
• trattamenti della lega liquida inadeguati;
• turbolenze durante i travasi.

Più nello specifico, durante fusione e attesa della lega si verificano fenomeni che causano inquinamento (formazione di ossidi, nitruri, carburi), solubilizzazione di gas (soprattutto l’idrogeno), inclusione di particelle che provengono dai crogioli, dai refrattari, dai combustibili o dall’uso di carica sporca, unta e umida (ad esempio scarti e boccami, trucioli di lavorazione meccanica) [1]. Gas e inclusioni possono restare all’interno della lega e inficiare le prestazioni meccaniche e la lavorabilità dei componenti che verranno stampati successivamente. Risulta quindi di fondamentale importanza pulire il più possibile la lega prima di colarla/iniettarla nella cavità dello stampo.

Come noto, l’Al a contatto con l’aria si ricopre spontaneamente di un sottile film di ossido e più la temperatura è elevata più facilmente quest’ossido si forma. Tale strato di ossido si forma, pertanto, anche sulla superficie del bagno, proteggendo la lega fusa dal contatto diretto con l’atmosfera. Tuttavia, durante i travasi e le fasi di pescaggio, la pellicola di ossido si rompe, esponendo la lega ad un’ulteriore ossidazione e favorendo l’assorbimento di idrogeno. L’alluminio, infatti, ha una notevole affinità con l’ossigeno e con l’idrogeno, entrambi presenti in atmosfera sotto forma di umidità (vapore acqueo). A seguito della reazione tra l’alluminio e il vapore acqueo, il bagno di lega liquida si arricchisce di ossidi e idrogeno, secondo la seguente reazione:

2Al + 3H2O → Al2O3 + 6H

L’ossigeno può anche provenire dai refrattari del forno e da ogni altra sostanza che lo contiene. In particolare, la reazione che avviene con la silice dei refrattari è la seguente, dove l’alluminio si trasforma in ossido ed un’esigua quantità di silicio viene ceduta al bagno di lega liquida:

3SiO2 + 4Al → 2Al2O3 + 3Si

Inoltre, i forni nuovi e, più in generale, i rivestimenti refrattari nuovi, contengono sempre umidità. Infatti, leghe prodotte con un forno nuovo saranno sempre più gasate rispetto a leghe prodotte con un forno già in funzione. Per tale motivo è importante preriscaldare i forni nuovi o quelli rimasti inattivi per diversi giorni.

Un’altra fonte di inquinamento è costituita dalle cariche sporche e ossidate (trucioli, bave, materozze e canali di colata con olio di taglio), ma anche l’utilizzo di lingotti con evidenti ossidazioni superficiali causa problemi di cavità da gas e un’elevata presenza in lega di elementi inquinanti, quali ferro, zinco, cromo, rame, piombo e nichel, solitamente presenti nelle leghe secondarie [1]. Tali elementi, infatti, possono favorire la veloce ossidazione superficiale dei lingotti, specie se stoccati in ambienti con forti tenori di umidità. Una volta che i lingotti ossidati vengono a contatto con la lega liquida, i prodotti della corrosione si decompongono, secondo la seguente reazione:

Al(OH)3(S) + Al → Al2O3(S) + 3H

La violenza con cui si manifesta può talvolta causare il “ribollimento” della lega liquida, favorendo l’ulteriore assorbimento di gas e la formazione di ossidi sulla superficie del bagno, aumentando di conseguenza la percentuale di scoria superficiale.

Infine, anche alcuni elementi di lega, quali il magnesio, sono portatori o possono contribuire alla formazione di ossidi (MgAl2O4, spinelli).

Per eliminare o ridurre la presenza di questi difetti e garantire una corretta qualità della lega fusa, è necessario, per prima cosa, adottare tutta una serie di accorgimenti e regole di buon senso, a partire dallo stoccaggio, pulizia e preriscaldo della carica, per arrivare, successivamente, a veri e propri trattamenti di rimozione degli ossidi e dell’idrogeno, quali la disossidazione ed il degasaggio. È anche fondamentale operare correttamente la fase di scorifica (Figura 1), sia nell’ottica di migliorare la resa dei forni sia di ridurre il rischio di contaminazione del bagno.

Figura 1 – Pulizia del forno fusorio [GHIAL].

La scorifica

La scorifica, intesa come azione meccanica di rimozione della scoria superficiale, consente di eliminare le impurezze portate in superficie. In particolare, l’operazione di scorifica effettuata nel forno fusorio è determinante per la qualità della lega e la durata dei refrattari. Infatti, se le scorie non vengono rimosse periodicamente, la tendenza è quella di trasformarsi in corindone. Arrivati a questo punto, è doveroso specificare che gli ossidi di alluminio sono polimorfi: allumina e corindone sono entrambi ossidi di alluminio, ma l’allumina viene indicata con la forma allotropica γ-Al2O3, mentre il corindone viene indicato con la forma allotropica α-Al2O3. La differenza fondamentale è che l’ossido γ-Al2O3 si forma ogni volta che l’alluminio è a contatto con l’aria, mentre l’ossido α-Al2O3 si forma una volta superati gli 800°C circa e per lo più nel forno fusorio. Il corindone è un composto alto-fondente caratterizzato da una durezza molto elevata, seconda solo a quella del diamante, e da un elevato peso specifico (4 g/cm3). Essendo più pesante del bagno di alluminio tende ad affondare, depositandosi sul fondo dei forni e riducendone la resa, ma durante i travasi può restare in sospensione ed essere pescato durante i riempimenti, generando punti duri nei getti. Il problema principale del corindone, però, risiede nel maggiore coefficiente di dilatazione termica rispetto a quello del refrattario. Di conseguenza, man mano che il corindone si forma e progredisce verso l’interno del refrattario, quest’ultimo si fratturerà, consentendo alla lega liquida di penetrare al suo interno, aggravando ulteriormente l’entità del danneggiamento [1]. Lo strato di scorie che riveste la superficie del metallo liquido impedisce anche la corretta trasmissione del calore da parte del bruciatore alla lega: maggiore è lo strato di scorie, minore sarà lo scambio termico. Dunque, in presenza di un elevato strato di scorie, la temperatura rilevata dalla termocoppia del bacino di attesa tenderà a diminuire ed il bruciatore sarà chiamato ad operare il riscaldo della lega, con il rischio di raggiungere una temperatura molto elevata, prossima a quella dell’autocombustione [1]. La scoria cederà pertanto calore alla lega sottostante, aumentandone la temperatura e favorendo, così, l’assorbimento di idrogeno. Per la scorifica si utilizzano miscele saline a base di cloruri e fluoruri che creano un film continuo fra bagno e scoria. La presenza nei sali scorificanti di piccole quantità di elementi ossidanti, come nitrati o solfati, facilita l’ottenimento di una scoria secca, più facile da rimuovere e a ridotto contenuto di metallo residuo (Figura 2), con conseguente aumento del rendimento dei forni. Questi composti, infatti, innescano una serie di reazioni esotermiche che innalzano solo localmente la temperatura del bagno in prossimità della scoria, facendo in modo che le particelle di alluminio intrappolate al suo interno percolino nel bagno sottostante. La frequenza di rimozione della scoria dal forno fusorio è funzione, soprattutto, della capacità del forno e della frequenza di spillaggio. In generale, su forni di media capacità l’operazione di scorifica può essere effettuata da un minimo di una fino anche a tre volte al giorno se gli spillaggi sono molto frequenti.

Sulla scheda tecnica dei flussi viene riportata la modalità di impiego, ma la quantità esatta di scorificante sarà funzione della superficie del bagno, dello spessore della scoria, delle condizioni dei forni e di altri fattori interni, specifici della singola realtà produttiva. Va poi specificato che i flussi salini sono per loro natura igroscopici, di conseguenza è buona regola stoccare i sacchi in un ambiente asciutto, come ad esempio in prossimità dei forni, e richiudere bene la confezione dopo ogni prelievo.

Trattamenti preventivi

Per ottenere una lega di qualità si raccomanda lo stoccaggio dei pani di lega titolata in un ambiente coperto, onde evitare un’eccessiva presenza di umidità, e il preriscaldo della carica solida prima di procedere con la fusione. Inoltre, per evitare di ottenere leghe fuori specifica, l’ideale è avere un forno fusorio per ogni tipo lega. In caso contrario, il forno dovrà essere completamente svuotato e pulito prima di procedere con la fusione di una lega con composizione chimica diversa.

Per la carica dei forni fusori, il rapporto consigliato tra pani titolati e ritorni di fonderia è 60/40. Una carica eccessiva di boccami, infatti, potrebbe causare l’assenza di elementi volatili, quali ad esempio il magnesio, e un eccessivo inquinamento del bagno poiché i ritorni di fonderia non sono mai perfettamente puliti, spesso sono rivestiti da un sottile strato di olio e/o lubrificante (Figura 3): il preriscaldo della carica solida può anche aiutare a rimuovere tali residui.

La rifusione di trucioli e bave, siano essi sporchi o puliti, è fortemente sconsigliata (Figura 4) perché avendo una massa esigua ed un’estesa superficie laterale, si trasformerebbero quasi totalmente in ossidi, aggravando la qualità della lega. Nel caso in cui si volessero riciclare anche i trucioli, sarà necessario ricorrere agli opportuni sistemi di pulizia per rimuovere le sostanze oleose e trascinarli sotto battente durante la fusione. I fagioli si possono utilizzare al pari delle materozze, ma dovranno essere riciclati contemporaneamente alle materozze di cui sono il completamento. È sconsigliato, infatti, caricare accumuli di fagioli come se fosse una carica omogenea [2].

A fusione ultimata, è importante mantenere la giusta temperatura nel forno: quanto più alta è la temperatura del bagno, tanto più il metallo liquido è reattivo con l’ambiente. Nello specifico, la lega tende ad assorbire molto più facilmente l’idrogeno e diventa più aggressiva nei confronti delle attrezzature e dei refrattari. Al fine di limitare la produzione di corindone, salvaguardando l’integrità dei refrattari, è consigliata la pulizia settimanale delle pareti del forno utilizzando Sali appositamente formulati per tale scopo. Si consiglia, inoltre, la taratura delle fiamme dei bruciatori, onde evitare un’eccessiva ossidazione della lega, con conseguente produzione di scoria e un aumento del tempo di fusione [1].

Fondamentale è anche il preriscaldo delle siviere prima di procedere con lo spillaggio della lega dal forno fusorio. Per tale scopo possono essere utilizzati i cosiddetti “scalda siviere”. Una pratica utilizzata in passato, ma ormai in abbandono al giorno d’oggi, è la produzione con un forno fusorio che funge anche da forno di attesa: la carica solida, entrando spesso nel bagno fuso, interferisce sulla costanza della temperatura e sulla qualità metallurgica [2]. Infatti, a seguito dell’abbassamento della temperatura, aumenta il rischio di formazione di fanghi (sludge) sul fondo che riducono la capacità effettiva del forno. Inoltre, se le particelle di sludge vengono pescate durante i riempimenti, causano la presenza di punti duri nei getti. Per avere un’indicazione sul rischio di formazione di sludge, è stato definito il cosiddetto Sludge Factor (SF) [3], [4]:

SF = 1•%Fe+2•%Mn+3•%Cr

dove con %Fe, %Mn e %Cr si intende la percentuale in peso di questi elementi nella composizione chimica della lega. Alcuni studiosi hanno quindi individuato una relazione empirica tra SF e la temperatura alla quale queste fasi ricche di Fe, Mn e Cr tendono a precipitare all’interno dei forni di mantenimento (Figura 5).

Nella pratica si calcola il valore dello SF e si verifica se, in funzione della temperatura, esiste la possibilità di formazione del deposito. Per valori che stanno a destra delle curve si può avere formazione di sludge nel forno di mantenimento. Va poi sottolineato che le relazioni riportate sono puramente empiriche e basate sullo studio di un numero limitato di leghe, di conseguenza presentano diverse limitazioni. Tuttavia, possono essere utili per avere un’indicazione generale riguardo al rischio di formazione di fanghi nel forno.

Figura 5 – Temperatura di formazione di sludge in funzione dello Sludge Factor in accordo con Jorstad [3] e Gobrecht [4].

Trattamenti protettivi

Vengono effettuati direttamente nel forno fusorio con lo scopo di limitare il contatto diretto fra l’atmosfera e il bagno. I flussi copertori vengono sparsi sulla superficie del bagno, formando un film omogeneo e uniforme che protegge la lega liquida dal contatto con l’atmosfera del forno, riducendo così il rischio di contaminazione. In nessun modo i flussi copertori devono reagire chimicamente con la lega. In genere sono miscele basate sul sistema binario NaCl-KCl [5], ma la composizione specifica dipende dal singolo produttore ed è determinata, soprattutto, dal punto di fusione: sono preferibili flussi liquidi alla temperatura di esercizio del forno. Molti flussi possono essere utilizzati con la maggior parte delle leghe di alluminio, l’importante è che quelli contenenti Sali di sodio non vengano utilizzati se si sta lavorando con leghe contenenti tenori di Mg superiori al 2% perché il Mg può andare a sostituire il sodio presente nel sale. In questi casi si possono utilizzare sali contenenti cloruro di magnesio (MgCl).

di Sara Ferri – GHIAL

Nota dell’autore: si ringrazia l’azienda GHIAL S.p.A per il supporto fotografico
Bibliografia

[1] A. Manente, La fonderia di alluminio nella pratica quotidiana, Brescia : edimet, Novembre 2008.

[2] A. Peli, Ottimizzazione del rendimento termico del forno, Brescia: Scuola di pressocolata, 2018.

[3] J. Jorstad, «Understanding sludge,» Die Casting Engineer , pp. 30-36, 1986.

[4] J. Gobrecht , «Ségrégations par gravité du fer, du manganèse et du chrome dans les alliages aluminium-silicium de fonderie,» Fonderie , vol. 367, pp. 171-173, 1977.

[5] J. E. Gruzleski e B. M. Closset, Treatment of Liquid Aluminum-Silicon Alloys, Amer Foundry Society, 1990.

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