Lavorazioni difficili in fresatura

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Nelle lavorazioni meccaniche, e in particolare in fresatura, capita sempre più spesso di avere a che fare con materiali di diversa natura che presentano alcune problematiche particolari. Ai consigli dei fornitori di utensili si unisce spesso l’esperienza accumulata negli anni con materiali più comuni e con utensili meno dedicati a materiali specifici. Vediamo qui alcuni punti.

Una fresa va scelta basandosi sul materiale di cui è fatta, sulle caratteristiche costruttive, sul rivestimento e in riferimento ai materiali da lavorare. Per l’esecuzione di cave la scelta d’obbligo è per una fresa a due o a tre taglienti. Una fresa a due taglienti è consigliabile se il materiale produce truciolo lungo o la cava è profonda, mentre per la lavorazione di materiali a truciolo corto si può optare per una fresa a tre taglienti. Infatti, i trucioli estratti nel realizzare una cava, se non accolti all’interno delle gole di una fresa, possono danneggiare l’utensile sino alla rottura. A parità di dimensioni, una fresa con meno taglianti ha gole più capienti per raccogliere i trucioli evitando che questi ostruiscano la cava bloccando la fresa e portandola alla rottura (Figura 1). Si utilizzano invece le frese a quattro o più taglienti per la finitura di superfici, ma anche per la sgrossatura e la semifinitura per le quali di solito si ricorre a frese dotate dei vari tipi di profili con rompitruciolo (Figura 2), mentre per la superfinitura si fa uso di frese con almeno sei taglienti (Figura 3).

I materiali da lavorare

I materiali a più alta resistenza hanno un truciolo ridotto e sono lavorati meglio con frese con quattro o più taglienti. All’aumentare della durezza del materiale da lavorare la fresa deve ridurre l’arco in presa, quindi l’ampiezza, ma anche la profondità di taglio.

L’inclinazione standard di 30° delle eliche è adatta per lavorare acciai al carbonio e alcuni acciai per utensili. Per le lavorazioni su acciai inossidabili è invece consigliabile utilizzare frese con eliche inclinate a 45°, questo per evitare l’incrudimento dei materiali lavorati e avere un’azione di taglio più efficace. Inclinazioni maggiori come quelle a 50° sono adatte per lavorare l’alluminio sopratutto nella produzione di cave profonde e in contornatura.

Eliche ancora più inclinate (sino a 60°) possono essere utili per lavorare materiali difficili come l’Inconel, che richiedono angoli di taglio molto pronunciati, pertanto anche più fragili, che però vengono utilizzati a velocità di taglio non molto elevate.

Figura 3 – La fresa Elli Zerboni multitagliente in metallo duro rivestita AlTiN (9630) con elica a 50° per superfinitura.

I rivestimenti

Il rivestimento consente all’utensile di resistere all’usura e alle alte temperature. Le alte temperature creano problemi specialmente ai carburi del metallo duro. Per questo motivo le frese in metallo duro hanno rivestimenti a base di TiAlN (nitruro di alluminio di titanio) o in AlTiN che si distingue dal primo per il maggior contenuto di nitruro di alluminio (Figura 4). Questi rivestimenti sono molto efficaci nella dissipazione del calore tanto che la lavorazione a secco è per lo più raccomandata. Fanno eccezione le lavorazioni di cave in cui il truciolo deve essere espulso lungo la cava stessa. L’alluminio presente in questi rivestimenti porta a formare uno strato di ossido di alluminio gassoso sul tagliente dove le temperature possono raggiungere anche i 1000 C°. In questo modo viene protetto il substrato di carburo dagli effetti dannosi del calore, cosa che rende questi rivestimenti ideali per la fresatura ad alta velocità di materiali ad alta resistenza e in particolare con taglio a secco. Invece per le lavorazioni su alluminio, ottone e materie plastiche si possono utilizzare frese non rivestite per evitare la formazione di taglienti di riporto. Inoltre, le frese rivestite non possono garantire un tagliente con angolo di taglio adeguato a questi materiali.

Alta e bassa resistenza

Il motivo principale per cui si ricorre al metallo duro è la resistenza all’usura lavorando i materiali più resistenti a velocità elevata. Riducendo i grani di carburo di tungsteno (WC) si ottengono utensili con durezza più elevata, ma più fragili. Per recuperare tenacità si può elevare la percentuale di legante, ossia di cobalto che rende gli utensili più resistenti alle rotture trasversali e alle scheggiature (Figura 5). Le variazioni tra le dimensioni dei grani di carburo e la percentuale di cobalto forniscono i substrati più adatti ai vari impieghi a seconda che si richieda più durezza e resistenza all’usura o maggiore resilienza e tenacità. Una percentuale di cobalto sino al 6% porta a indurire le frese in metallo duro. Tuttavia, per lavorazioni che esigono una maggiore resistenza alle rotture trasversali si è soliti incrementare il cobalto sino al 12%. Al contrario per le lavorazioni su alluminio e sulle sue leghe si utilizzano percentuali basse di cobalto perché l’alluminio ha la tendenza a legarsi col cobalto.

Affrontare gli acciai inox austenitici

Le leghe di acciaio inossidabile austenitico sono le più difficili da lavorare. Sono caratterizzate dall’aggiunta di nichel che ne incrementa la resistenza meccanica, quella alla corrosione e quella al calore. Questo tipo di acciaio è stato affrontato in passato con utensili molto solidi e con angoli di taglio negativi e a bassi avanzamenti. Poi si è capito che il problema non era la resistenza, ma lo sviluppo eccessivo di calore. Perché il calore in lavorazione si concentra sull’utensile e lo usura rapidamente. Adottando angoli di taglio positivi si produce minor calore e il taglio risulta più efficace (Figura 6). Da qui anche l’utilizzo di velocità e avanzamenti più elevati col fine di ottenere trucioli di maggiore dimensione per smaltire meglio il calore allontanandoli dall’area di lavoro. Per questo tipo di acciaio inossidabile è anche consigliabile aumentare le profondità di taglio per finire la lavorazione con meno passaggi e per evitare la deformazione e l’incrudimento del materiale.

 

Sgrossatura e finitura su titanio

Qualunque sia l’attrezzo e la tecnica per ottenere rapidamente un buon volume di truciolo, è importante notare che tutti i fattori di una lavorazione per materiali difficili sono problematici. È il caso dei componenti in titanio, materiale molto usato nel settore aerospaziale. Non tutti i componenti richiedono la sgrossatura. È il caso, per esempio, di alcuni componenti in titanio ottenuti per deposizione laser proprio per avere una forma dalle dimensioni richieste per la sola finitura. La finitura è appunto la lavorazione che dà il valore aggiunto definendo i dettagli critici (Figura 7-8). Per questo motivo, la scelta delle frese per la finitura è ancora più importante rispetto alla scelta di quelle utilizzate per la sgrossatura. Ad esempio, quando una fresa rifinisce il fondo di una cava procede nella lavorazione con la sola testa e può generare vibrazioni. Le vibrazioni sono un serio pericolo nella finitura e possono dare problemi, specie su pareti sottili e scanalature. Le frese per finitura devono essere sufficientemente rigide per ridurre il rischio di vibrazioni e il pericolo di generare deformazioni rilevanti nelle cave profonde. Chi lavora abitualmente su pareti sottili di componenti di alluminio sa come usare una fresa per eseguire lo stesso lavoro su leghe più difficili come quelle di titanio. La fresa deve lavorare le scanalature o le pareti alternandosi su ciascun lato per garantire un supporto regolare durante l’operazione. Per quanto riguarda il volume di materiale che può essere asportato in questo modo dalla fresa di finitura, c’è la regola che il rapporto altezza/spessore del materiale rimasto dopo la sgrossatura deve corrispondere a quello lunghezza/diametro dell’utensile usato per la finitura. In altre parole, se un utensile con un rapporto L/D di 6/1 viene usato per finire una scanalatura, il materiale che rimane dopo la sgrossatura deve essere circa 1/6 dell’altezza della scanalatura da finire. Questa è tuttavia solo una regola generale e non tiene conto del modulo di elasticità dell’utensile e del pezzo. Tuttavia, si può dire che la parete sottile o la nervatura sostenuta dal materiale rimanente dovrebbe essere rigida quasi come la fresa di finitura, ma non più rigida. Se è più rigida porta a una perdita di tempo e della tenuta della fresa che deve asportare troppo materiale. La rigidità maggiore non offre alcun vantaggio perché una piegatura è un problema sia che la subisca il pezzo lavorato sia che la subisca la fresa. Se una certa rigidità è già stata determinata come adatta all’utensile, la stessa rigidità sarà quella adatta al materiale che la fresa dovrà lavorare.

Figura 7 – Fresa a testa semisferica Elli Zerboni in metallo duro rivestita TiAlN (9623).

Annullare le vibrazioni

Un fattore chiave che agisce contro i risultati desiderati sono le vibrazioni. Le vibrazioni si verificano a causa dell’instabilità tra il pezzo da lavorare e l’utensile. Le risonanze prodotte dalla macchina durante il taglio creano vibrazioni, specialmente quando l’utensile incontra il pezzo in lavorazione. Queste vibrazioni possono peggiorare se le condizioni di taglio sono errate, se il refrigerante è usato impropriamente, o se c’è un problema con l’ancoraggio del pezzo. Le vibrazioni di un utensile hanno un effetto negativo evidente sulla finitura superficiale. Quando un utensile vibra, produce una rugosità indesiderata e dei segni sulla parete laterale e inferiore di una passata. Inoltre, la durata dell’utensile si riduce, aumenta il tempo del ciclo, e quindi si incrementa il costo totale della lavorazione. Se le vibrazioni vengono ridotte o eliminate, possono essere aumentate le velocità e gli avanzamenti e la finitura delle superfici migliorerà. Per ridurre le vibrazioni, l’operatore macchina di solito rallenta il processo di taglio e riduce l’avanzamento per dente. Questi cambiamenti dei parametri di taglio ridurranno le vibrazioni, ma rallentando il processo di taglio riducono pure la produttività. Di solito, gli operatori riducono le vibrazioni riducendo le forze di taglio. Lo fanno ricorrendo a una fresa con meno taglienti o con passo variabile, oppure riducendo l’avanzamento totale e quindi quello per dente, oppure riducendo le profondità di taglio (assiale e radiale). La causa delle vibrazioni è spesso dovuta al fissaggio del pezzo. La fresa non deve lavorare su un pezzo che risulta instabile.

Figura 8 – Il particolare dell’affilatura della testa semisferica della fresa Elli Zerboni in metallo duro rivestita TiAlN (9623).

Lavorare gli angoli

Le vibrazioni sono molto comuni nei casi in cui si lavorano gli angoli. Quando la fresa entra in un angolo la percentuale di impegno aumenta il numero di denti in presa. Questo aumenta di molto le forze di taglio, causando vibrazioni. Per ridurre le vibrazioni quando si fresano gli angoli si può ricorrere all’utilizzo dell’interpolazione circolare per produrre un raggio dell’angolo più grande di quello indicato nel disegno tecnico del componente. Va poi rimosso il sovrametallo con una fresa di misura inferiore, sempre a interpolazione circolare. Anche le lavorazioni trocoidali statiche o dinamiche sono utili a ridurre le vibrazioni. Con le prime si prendono piccole profondità di passata ad alte velocità di taglio e il carico sull’utensile è molto più basso. Siccome le vibrazioni possono essere dovute a un truciolo troppo spesso, questa tecnica può eliminare questo carico eccessivo. Con la lavorazione trocoidale dinamica, il taglio ha un’elevata profondità di passata – spesso al massimo del tagliente – ma con un piccolo impegno radiale (di solito inferiore al 10% del diametro della fresa). Questo riduce le forze di taglio e, allo stesso tempo, permette all’operatore di aumentare avanzamenti e velocità. Riducendo le risonanze si limitano le vibrazioni. Un modo ottimale per contrastare le risonanze è appunto quello di scegliere una fresa con configurazione a passo variabile. Il passo variabile rompe la risonanza della macchina e abbassa le forze di taglio. Anche le macchine utensili con meno potenza possono usare utensili a passo variabile perché le forze di taglio vengono contenute.

Le frese Elli Zerboni in metallo duro a elica variabile 9613C e 9628A e le loro particolare geometria con angoli disuguali tra i taglienti e l’elica a inclinazione variabile.

Frese a passo variabile

Le frese Elli Zerboni in metallo duro micrograna a 4 taglienti e a elica variabile per alta asportazione (HPC – High Perfomance Cutting) garantiscono una formidabile accuratezza a contornare e un’ottima finitura superficiale e costituiscono una soluzione economica ed efficace per la lavorazione degli acciai (con resistenza alla trazione inferiore ai 1400 N/mm2) e delle ghise. Sono infatti dotate di una speciale geometria che le rende particolarmente adatte ad asportare elevate quantità di truciolo su questi materiali e di un rivestimento TiAlN di alta qualità con cui è possibile operare anche a secco. Sono caratterizzate dall’elica variabile con inclinazione di 35 e 38° con le corrispondenti variazioni di passo della spoglia secondaria e da una distanza irregolare tra i taglienti e possono lavorare lateralmente e radialmente. Queste particolarità costruttive stanno alla base dell’assenza di vibrazioni e della particolare silenziosità delle lavorazioni realizzate con queste frese, così come della loro elevata capacità di asportazione di truciolo (sino al 60% in più rispetto alle frese standard) con una lunga durata della vita utile.

Le famiglie di prodotto Elli Zerboni dotate di queste caratteristiche: le frese 9613C con angoli rettificati e le frese 9628A con angoli arrotondati, ossia toroidali. Le prime sono disponibili nelle misure che vanno dal diametro 3 mm a quello 25 mm, mentre le seconde, le toroidali, sono disponibili dal diametro 4 mm a quello 12 mm.

di Elvio Lodigiani

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