Se si esce dalla crisi, il merito è (anche) del manifatturiero

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Ne siamo fuori? Incrociando le dita, forse sì. Almeno, questo è quanto emerge dall’ultimo rapporto Prometeia-Intesa Sanpaolo, in cui si prevede che il 2019 sia l’anno “X” per uscire dalla crisi, in cui cioè l’industria colmerà il gap rispetto al periodo prima di una bufera durata ben 12 anni. Il manifatturiero, in questa lunga traversata nel deserto, ha avuto e continua ad avere un ruolo di traino.

Si conferma la robustezza del ciclo economico manifatturiero

Il fatturato dell’industria manifatturiera ha infatti beneficiato di un ritmo di espansione elevato nella fase finale del 2017, sia sui mercati internazionali sia su quello nazionale, dove è da segnalare lo sblocco degli investimenti in macchinari, sostenuti dal pacchetto incentivante del Piano Industria 4.0. Nel periodo gennaio-novembre 2017, l’aumento del giro d’affari è stato del 4,5% a valori correnti. Al netto dell’incremento dei prezzi (+1,7% nella media dei primi undici mesi 2017), condizionati dai rincari degli input produttivi, la percentuale di crescita ammonta al 2,8%. Tra i settori best performer spicca la metallurgia: +15,5% l’incremento del fatturato nella media dei primi undici mesi 2017.

L’Italia cresce più dei competitor in termini di esportazione di manufatti

Le esportazioni italiane hanno registrato progressi consistenti nel corso del 2017. Nei primi nove mesi l’Italia è risultata leader globale per crescita delle esportazioni di manufatti. Tale risultato è stato sostenuto dal contributo dei mercati Ue, la cui domanda ha beneficiato di una tenuta dei consumi e di una generalizzata ripresa degli investimenti, cui si è affiancata una prestazione particolarmente positiva nei mercati extra Ue, nonostante il progressivo apprezzamento dell’euro. La profonda ristrutturazione che ha interessato il tessuto produttivo negli anni recenti, infatti, ha reso le imprese più resilienti agli effetti negativi sull’export derivanti da un euro forte. A conferma di ciò, si osservi come l’incremento tendenziale del 7% registrato dalle esportazioni di manufatti nel periodo gennaio-ottobre 2017 sia stato alimentato per quasi la metà dalle vendite sui mercati extra Ue. Particolarmente rilevante il contributo di Stati Uniti, Cina e Russia.

Manifatturiero ad alta velocità

La prestazione del manifatturiero è positiva anche in termini di quote di mercato: in media, l’industria italiana è riuscita a mantenere inalterate le posizioni acquisite sui mercati internazionali. Alcuni settori, anzi, sono riusciti a conseguire elevati guadagni di quote sui mercati non europei: si tratta di farmaceutica, autoveicoli e moto, sistema moda, prodotti in metallo. E le prospettive restano buone per tutto il 2018. I segnali che provengono dagli indicatori anticipatori sono concordi nel confermare un trend di crescita del manifatturiero. La fiducia delle imprese si attesta sui livelli di massimo degli ultimi cinque anni, con picchi più intensi per meccanica, prodotti in metallo, elettronica, mobili, farmaceutica e intermedi chimici. Le attese positive sono trainate dal forte flusso degli ordinativi. Di riflesso, anche le aspettative sui volumi di produzione e di esportazione risultano in rialzo. In particolare, l’esposizione limitata delle imprese italiane alle fluttuazioni del cambio lascia auspicare una buona espansione dei flussi di export anche nel 2018.

Un sostegno importante dagli investimenti

Altro elemento trainante dello scenario 2018 è rappresentato dagli investimenti. La proroga degli incentivi (Super-ammortamento e Iper-ammortamento) prevista dall’ultima Legge di Bilancio, potrà sostenere gli investimenti in macchinari. La necessità di rinnovare gli impianti, attraverso l’introduzione di macchinari 4.0, andrà di pari passo con l’esigenza di ampliare la capacità produttiva manifatturiera, per far fronte a una domanda crescente che sta generando tensioni in molti settori, soprattutto nella meccanica. Gli investimenti in mezzi di trasporto, invece, sono attesi registrare un fisiologico rallentamento del ritmo di crescita nel 2018. Graduale ripresa per gli investimenti in costruzioni, sostenuta dal materializzarsi dei primi effetti degli incentivi fiscali legati al bonus sismico e all’ecobonus, nonché dalla ripartenza degli investimenti pubblici.

Ma occhio ai rincari petroliferi

Gli input energetici incidono ancora in misura consistente sui costi operativi delle imprese manifatturiere, nonostante il ricorso a strategie di ottimizzazione dei processi e, in alcuni casi, all’autoproduzione. Nei mesi più recenti si è assistito a un apprezzamento dei corsi petroliferi, che si è traslato anche sulle altre commodity energetiche, dal gas naturale all’energia elettrica, fino alle commodity chimiche derivate dal petrolio. Pertanto, al fine di quantificare il potenziale impatto del nuovo scenario dei prezzi energetici sui costi operativi 2018 delle imprese, è stata realizzata una simulazione utilizzando il modello ASI. L’esercizio econometrico incorpora un prezzo medio del petrolio 2018 pari a 54 euro/barile (circa 65 dollari/barile), corrispondente a un rincaro dell’11% circa sul prezzo medio del 2017, in aggiunta a ipotesi di aumenti dei prezzi medi 2018 delle altre commodity energetiche. Secondo la simulazione effettuata, la traslazione dei rincari lungo la filiera potrebbe comportare un aggravio di costi operativi pari allo 0,7% nel 2018, nella media del manifatturiero. Ciò equivale a circa 6.5 miliardi di euro, l’8,4% dei margini complessivi. L’impatto risulterà maggiormente penalizzante per i settori energy intensive.

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