Il problema della austenite residua negli acciai da cuscinetti

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Come ben noto dalle esperienze operative, molto più che dalla composizione chimica le caratteristiche prestazionali di un acciaio dipendono dalla sua configurazione strutturale, tanto che potremmo quasi dire che la composizione chimica di un acciaio altro non sia che lo strumento attraverso cui guidarne l’organizzazione strutturale. Cambiando la prospettiva di osservazione, questo significa anche che minime variazioni della configurazione strutturale di un acciaio possono influenzarne drasticamente le prestazioni in utilizzo. In questo articolo verranno analizzate le possibili criticità collegate alla presenza della fase austenitica a temperatura ambiente.

Ferrite, cementite, martensite, bainite, sorbite: le strutture secondo le quali gli acciai possono organizzare la forma allotropica del ferro e il carbonio presente nella lega sono molteplici; ciascuna con una sua ben precisa caratterizzazione funzionale.

Trascurando per il momento il contributo dei vari elementi di lega presenti nell’acciaio, la presenza dell’una o dell’altra organizzazione strutturale è strettamente correlata al modo in cui avviene il raffreddamento del materiale a partire dalla temperatura di 732°, temperatura sopra la quale il ferro assume la forma allotropica nota come ferro – g.

In queste condizioni di alta temperatura la struttura cristallina risulta cubica a facce centrate CFC, con gli atomi di carbonio che sono omogeneamente dispersi tra gli atomi di ferro, formando una “soluzione solida interstiziale” e dando luogo alla struttura metallurgica indicata come austenite.

Nel corso del raffreddamento ideale gli atomi di carbonio si combinano con atomi di ferro a formare Cementite (Fe3C) mentre la rimanente parte di atomi di ferro perde la configurazione reticolare CFC per assumere la configurazione Cubica a Corpo Centrato (CCC) del ferro – a , andando a costituire la ferrite.

Pertanto, in queste condizioni ideali la struttura interna di un acciaio risulta costituita da ferrite e cementite disperse l’uno nell’altra, realizzando una configurazione nota come perlite.

La ferrite è l’elemento che impartisce all’acciaio la duttilità: i suoi cristalli formati da ferro allo stato puro sono caratterizzati da un allungamento elevato (oltre il 50%), ma anche da una resistenza meccanica molto bassa. Caratteristiche opposte sono quelle della cementite, l’elemento che invece fornisce all’acciaio le sue caratteristiche di resistenza: nel caso della cementite la struttura cristallina è formata da carburo di ferro, un materiale dalla elevata durezza ma da una altrettanto elevata fragilità. Ecco quindi che le tipiche caratteristiche dell’acciaio sono in realtà la combinazione ottimale delle caratteristiche della ferrite e della cementite, in funzione dell’utilizzo atteso per ogni specifico acciaio.

Enfatizzando la presenza di cementite si incrementa la resistenza meccanica a discapito della duttilità, e viceversa se ad essere privilegiata è la formazione della ferrite. E poiché la formazione della cementite richiede la presenza di carbonio in eccesso, ecco perché solitamente un acciaio sarà tanto più resistente e meno duttile quanto più elevato è il contenuto di carbonio.

Fig. 1 – Organizzazione degli atomi in una struttura cubica a corpo centrato (CCC) tipica del ferro a (Ferrite) e in una struttura cubica a facce centrate (CFC) tipica del ferro g (austenite).

Quanto appena illustrato è quello accade nel caso di un raffreddamento ideale (ossia per un tempo tendente a infinito) e per un materiale ideale (costituito interamente da Ferro e Carbonio). Nella realtà la possibilità di modulare la velocità di raffreddamento e di arricchire la lega di ferro e carbonio con altri elementi fa si che l’acciaio possa assumere anche le altre strutture sopra menzionate, con ulteriori differenziazioni delle prestazioni.

Le possibili strutture dell’acciaio a temperatura ambiente

Nel caso ideale, tutte le trasformazioni sopra descritte avvengono contemporaneamente in ogni punto del materiale, e quindi con la struttura cristallina del materiale che si trasforma completamente da CFC a CCC.

Ma come sempre accade la realtà raramente segue i modelli matematici: i tempi di raffreddamento non sono infiniti, il raffreddamento non avviene per delta termici infinitesimi e la temperatura non si mantiene uniforme in tutta la massa del materiale: se consideriamo poi che neanche il materiale stesso può essere considerato completamente omogeneo, è facile concludere come la cinetica delle trasformazioni risulti tutt’altro che uniforme.

Fig. 2 – Una rappresentazione alternativa delle strutture CCC e CFC,  dove si evidenzia come il volume specifico delle strutture CFC sia inferiore rispetto a quello delle strutture CCC.

Tutta questa premessa per dire come durante un raffreddamento non sempre (anzi, quasi mai …) tutta la austenite riesce a trasformarsi in ferrite: inoltre, a seconda della velocità del processo di raffreddamento, la austenite si può infatti trasformare non solo in perlite, ma può assumere anche altri tipi di strutture, tra cui le principali sono la martensite e la bainite, descritte qui di seguito.

Martensite e bainite

La martensite è il risultato di un raffreddamento talmente rapido da impedire sia il processo di diffusione degli atomi di ferro dalla struttura del ferro g a quella del ferro a, sia il processo di diffusione degli atomi di carbonio in eccesso rispetto alla formulazione eutettoide.

Ne risulta quindi una struttura risulta CCC come quella del ferro a ma deformata fino a una conformazione tetragonale, in quanto gli atomi di carbonio bloccati in posizione interstiziale hanno una dimensione maggiore della distanza reticolare del ferro a gli atomi di ferro con conseguente distorsione del reticolo cristallino.

Fig. 3 – Effetto della presenza del carbonio sul volume specifico delle diverse strutture.
Struttura austenitica: : il ferro g assume una configurazione CFC e il carbonio occupa posizioni interstiziali stabili, essendo le dimensioni reticolari della struttura CFC tali da poter accogliere l’atomo di carbonio : stante l’indice di compattamento massimo che caratterizza la struttura CFC , è la struttura avente comunque volume specifico
Struttura ferritica a temperatura ambiente: il ferro a assume una configurazione CCC, caratterizzata da dimensioni reticolari minori del ferro g , ma con un indice di compattamento minore, motivo per cui questa è struttura presenta un volume specifico maggiore rispetto a quello della austenite.
Quando la velocità di raffreddamento è tale da impedire la diffusione degli atomi di C , essi rimangono imprigionati nel reticolo cristallino del ferro , ma le minori distanze reticolari non sarebbero compatibili con la presenza dell’atomo di C in quella posizione, che quindi introduce una deformazione della struttura cristallina CCC altrimenti tipica del ferro a : tale deformazione aumenta ulteriormente il volume specifico di questa struttura, che quindi è quella avente volume specifico massimo.

Rispetto alla austenite il grano ferritico presenta un volume specifico maggiore, stante la minore densitĂ  tipica della configurazione CCC rispetto alla configurazione CFC della austenite.

La martensite è quindi una configurazione instabile a temperatura ambiente, resa stabile artificialmente mediante un raffreddamento talmente brusco da impedire al reticolo di assumere la configurazione naturale, al prezzo di notevoli tensioni reticolari.

Per velocità di raffreddamento inferiori rispetto a quelle che danno luogo alla martensite si può avere la diffusione dell’eccesso di atomi di carbonio interstiziali (con conseguente formazione di cementite) ma senza che sia possibile la diffusione completa anche degli atomi di ferro, che pur disponendosi in una struttura CCC lo fanno non per diffusione ma per un movimento di riarrangiamento a breve raggio.

Il risultato è una struttura aciculare di ferrite e cementite, che prende il nome di “bainite”.

In questo caso, la configurazione secondo cui il materiale si struttura è quella CCC del ferro-a, senza la distorsione causata dal carbonio interstiziale presente nella martensite e quindi con un volume specifico ancora inferiore.

Il problema della austenite residua negli acciai da cuscinetti

Come abbiamo visto, in un acciaio a temperatura ambiente posso coesistere diverse strutture derivanti dal raffreddamento della austenite, nonché austenite non trasformata, che viene solitamente indicata come “austenite residua”.

Fig. 5 – Esempio di un danneggiamento indotto da una trasformazione di austenite residua: l’aumento di volume della zona convertita da austenite a martensite (zona superiore) ha comportato una sollecitazione di taglio tra la zona trasformata e non trasformata da generare una delaminazione. In questo caso il fenomeno si è generato durante l’operazione di rettifica di una pista di cuscinetto. Tale delaminazione è stata poi l’innesco di una rottura a fatica, di cui sono evidenti le linee di propagazione.

E come andremo ora a vedere, proprio la presenza di questa austenite residua può costituire un problema per gli acciai alto resistenziali comunemente utilizzati nel settore delle trasmissioni.

Questa “indesiderabilità” ha diverse motivazioni , legate sia alle caratteristiche meccaniche proprie dell’austenite, sia alle differenze dimensionali che essa presenta rispetto alle altre strutture CCC : ma soprattutto al fatto che per sua natura l’austenite residua è una configurazione instabile a temperatura ambiente, e che quindi possono essere sufficienti piccoli contributi energetici ( sotto forma di calore o sollecitazione meccanica) perché parte della austenite residua completi la sua conversione in ferrite  ( o martensite se l’eccesso di carbonio è particolarmente elevato.

In questo caso infatti l’aumento dimensionale che accompagna la trasformazione dei grani nel materiale risulta essere sufficientemente macroscopico da comportare la deformazione fisica dei componenti in cui avvenga, con conseguente perdita del profilo (per ingranaggi e ruote dentate) o delle tolleranze di accoppiamento (per i cuscinetti o alberi striscianti su bronzine).

Ma anche quando la trasformazione dell’austenite non sia in grado di comportare problematicità macroscopiche, le variazioni dimensionali che si verificano a livello reticolare solitamente si traducono nella comparsa di stati tensionali di tipo trattivo, assolutamente deleteri sia per la resistenza a fatica del materiale, sia per la sua resistenza alle aggressioni chimiche, al fretting, all’usura e a molte altre forme di sollecitazione in esercizio.

Conclusioni

Anche se teoricamente la struttura austenitica non dovrebbe essere presente a temperatura ambiente, in realtà la presenza di particolari alliganti, ma soprattutto la rapidità del raffreddamento, possono “congelare” la struttura austenitica aumentandone il campo di esistenza fino a temperatura ambiente.


Fig. 6 – La presenza della austenite residua cambia drasticamente la deformabilitĂ  del materiale; in questo caso si tratta della superficie di una camma, deformata plasticamente dopo poche decine di migliaia di cicli: a fronte di un tenore di austenite residuo inferiore al 2%,  nel materiale è stato trovato un valore superiore al 10%.

Questo comporta una diminuzione delle caratteristiche di resistenza meccanica del prodotto finito, presentando l’austenite caratteristiche di resistenza inferiori a quelle delle strutture CCC.

Ma la maggiore problematicità, connessa alla presenza di austenite residua, è costituita dal fatto che tale fase rimane comunque metastabile, e sono sufficienti contributi di energia tutto sommato limitati, come un riscaldamento a 150 – 200°C) perché l’austenite completi la sua trasformazione in martensite o ferrite, due strutture a volume specifico inferiore a quello dell’austenite.

Tale variazione dimensionale risulta estremamente deleteria, sia in termini diretti in quando può arrivare a modificare il profilo di un dente o il gioco in un cuscinetto, sia in termini indiretti in quanto può indurre nel materiale tensioni residue di tipo trattivo, assolutamente deleterie per la vita utile a fatica e la resistenza a molte forme di danneggiamento (usura, corrosione, fretting).

Per maggiori informazioni: www.2effelab.it , www.2effe.com

 

 

 

 

 

 

 

Una risposta

  1. Ho seguito per alcuni anni il reparto TT di una grande azienda specializzata nella costruzione d’ingranaggi per il settore ferroviario .Dopo la cementazione e tempra eseguivo un trattamento sotto zero con l’azoto per eliminare l’austenite residua.

I commenti sono chiusi.

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