Tre amici, durante un’escursione, si trovano all’improvviso davanti a un torrente impetuoso; devono assolutamente passare e uno dei tre prega Dio affinché lo aiuti ad attraversare il torrente… E puf, Dio gli dona due braccia e due gambe potenti; rischiando tuttavia di annegare, l’uomo raggiunge a fatica l’altra riva. Vedendo ciò, l’altro amico chiede a Dio sia la forza sia un canotto… E puf, Dio lo accontenta. Ma per due volte fu sul punto di capovolgersi. Il terzo compagno, forte dell’esperienza degli altri due, chiede a Dio la forza, i mezzi e l’intelligenza per superare il torrente… E puf, Dio lo tramuta in donna: lei verifica la cartina, cammina per circa 200 metri a monte e attraversa il ponte. Che dire? L’intelligenza è femmina? Pare di sì, tant’è che anche la macchina (genere femminile) sta diventando sempre più intelligente. Già, intelligenza artificiale (IA) direte voi! Ma è vera gloria… Ehm scusate… Vera intelligenza?
È improbabile il raggiungimento da parte del computer di una capacità di pensiero classificabile come intelligenza, dato che la macchina è isolata dal mondo naturale, ed è collegata ad esso tramite una rete informatica in grado di trasmetterle informazioni provenienti dalla mente umana. Dunque, anche la macchina utensile può svolgere funzioni intelligenti, purché un uomo – che una volta indossava una tuta blu e oggi ha spesso il camice bianco – sia capace di trasmettere alla macchina stessa le informazioni necessarie per farle costruire il pezzo; altro che baffi occorrono! Sì, perché uno dei problemi principali dell’IA è dare una definizione formale alle funzioni sintetiche/astratte di ragionamento e apprendimento dell’uomo; ciò è necessario per costruire i cosiddetti modelli computazionali, i quali concretizzano le funzioni stesse tramite la macchina utensile e dintorni. Insomma, la macchina deve possedere una sorta di “cartina”, deve leggerla e trovare il percorso più breve per raggiungere l’obiettivo.
L’intelligenza delle macchine non toglie professionalità al tornitore e/o fresatore, bensì lo abilita non tanto a svolgere funzioni manuali quanto a far sì che, su informazioni trasmesse da lui al computer di bordo, la macchina possa eseguire e ottimizzare in modo automatico il lavoro affidatole. Purtroppo, le nuove frontiere dell’IA sono complesse e succede che, nel tentativo di creare la stessa IA, spesso si compie l’errore di portare la macchina all’incapacità di applicare il buon senso, con la conseguenza di cacciarsi nei pasticci. È importante che i fornitori di macchine intelligenti accompagnino i clienti lungo l’intero processo di sviluppo, sia delle stesse macchine, sia dell’uso che se ne vuole fare, dall’idea all’assistenza pre- e post-vendita, dal Cad/Cam al sistema di controllo e quant’altro. Solo adottando un approccio integrale nell’analisi delle singole funzioni della MU, il nuovo tornitore coi baffi sarà capace di “sfruttare” con la propria intelligenza la macchina che gli è stata affidata.
La corsa verso il futuro non è facile; il futuro non si prevede, ma si prepara anche con l’intelligenza che entra nelle macchine. In questa evoluzione/rivoluzione c’è di tutto: hardware, software, azionamenti, trasmissione di potenza, efficienza energetica ecc. Questa è la sfida con la quale sia i costruttori di macchine, sia gli utilizzatori sono oggi costretti a vivere. L’intelligenza artificiale è diversa da quella umana ma, probabilmente, è comparabile a livello di risultati nei campi in cui è necessario applicare capacità di scelta, nozioni generali, competenza e ragionamento.
di Enzo Guaglione