Da “solidi a liquidi”

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Ce lo siamo detti diverse volte. Prima della caduta del muro di Berlino era diverso. Prima del fallimento della Lehman Brothers il mondo era solido, nelle divisioni, convinzioni e nelle spartizioni economiche. Ovvero ciò che era degli occidentali era nostro e il resto… Anche! Prima era tutto ben definito, solido. Oggi invece non è proprio cosi. Siamo passati da una condizione di solidità ad una in cui tutto è in divenire, tendenzialmente incerto e variegato nelle forme, liquido, proprio come l’acqua. L’acqua che spazza, che devasta, che disseta, che dà speranza perché fa crescere alberi e coltivazioni. Non ha forma e si adatta. L’acqua debole nella forma, solida nella sostanza. Noi tutti siamo alle prese con una incessante necessità di re-inventarsi, di cambiar pelle, per essere più fluidi nel cogliere i cambiamenti repentini e per dare maggiori servizi ai nostri clienti. Ed anche l’industria italiana, fatta di piccole e medie imprese, deve concepirsi come una piccola molecola d’acqua. H2O, due molecole di idrogeno ed una di ossigeno. È già un gruppo. Bisogna essere fluidi adattarsi a cambiare rotta, modificarsi e prender la forma del contenitore. E il contenitore economico odierno ci porta a dire che l’asset industriale si è decisamente spostato verso Est. Alcuni studi indicano che nel 2025 il baricentro economico del pianeta sarà diverso da quello attuale. Tra le prime 25 città del mondo ne troveremo 12 nei paesi emergenti. Shanghai occuperà la terza posizione in termini di Pil. New York, Tokio, Londra, Parigi conserveranno una posizione tra le prime 10, ma altre città scompariranno dall’elenco. Circa un miliardo di persone in più rispetto ad oggi avrà una capacità di spesa tale da poter comprare i nostri prodotti. Ma dove sorgerà questa massa di consumatori nasceranno aziende che inevitabilmente lederanno i nostri fatturati e produzioni. In tutto questo, gli analisti dicono che l’Italia sarà spinta ad una marginalità superiore a quella attuale se non si interverrà in tempi rapidi sul sistema Paese, elaborando finalmente una politica economica e industriale innovativa. La produttività dell’Italia dal 2000 ad oggi  si è mossa poco, mentre quella tedesca è aumentata del 14,3% e quella francese del 11,5%. Argomenti come la produttività, la spesa pubblica, l’organizzazione dell’apparato statale, la pressione fiscale, le istituzioni con i loro riti non facilitano la crescita delle nostre aziende. Certo, l’export nel secondo trimestre 2013 è cresciuto 3,6%, ma è solo export e in maniera uniforme, solo in alcune regioni dell’Italia nord orientale. Ma dov’è l’internazionalizzazione vera, quella che i tedeschi operano da decenni? Bisogna essere dirompenti, determinati, incisivi…

Tante molecole messe insieme, formano un oceano. E l’oceano siamo noi. L’azienda in questa modernità liquida (come sostiene Bauman) è disorientata dalle troppe informazioni o aspetti da gestire. L’azienda si ritrova, se non governerà il processo, ad essere instabile in un mondo industriale ed economico in costante e veloce movimento. Dobbiamo sforzarci di fare in modo che uno più di uno non faccia due ma tre. Scivolare via dove è possibile fare business, unirsi ad altri, allungare le filiere, presidiare i mercati direttamente nei mercati e non da casa. E in tutto questo esser liquidi. La nostra politica dovrebbe solo aiutare il sistema impresa. Ma sapete cosa succede quando un ruscello si immette in un grande fiume in piena? Si disperde. Forse è proprio l’ora di perdere approcci retrò e tornare ad essere in piena. Voi cosa ne pensate?

di Stefano Colletta

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