Che anche per gli stampisti non sia ancora troppo tardi per internazionalizzare è convinto Davide Abate, responsabile commerciale di quella Abate Basilio che a cavallo fra Novecento e 2000 ha ridisegnato le sue quote di export portandole dal 10 al 90%.
Abate è intervenuto sul tema della dimensione global delle imprese di famiglia italiane durante un recente convegno e mettendo l’accento sulla conoscenza: «Siamo alle prese non con una crisi», ha detto, «ma con la creazione di un nuovo equilibrio mondiale che tuttavia le imprese italiane possono affrontare con successo purché adottino strategie coerenti. Devono cioè identificare i mercati in crescita e proporsi loro magari agganciando attività e missioni dell’Agenzia per l’internazionalizzazione Ice. E provvedere a proteggere le loro idee e innovazioni con brevetti o marchi registrati perseguendo il più possibile una forte specializzazione. Debbono crescere da un punto di vista dimensionale aggregandosi e sfruttando i finanziamenti per le reti d’impresa o agendo in sinergia con imprese della stessa filiera per meglio proporsi ai clienti». Gli accorgimenti possono essere anche di tipo finanziario e fare leva sui tassi di sconto della Banca centrale europea che mentre andiamo in stampa sono stati tagliati da Mario Draghi in modo da raggiungere il loro minimo storico dello 0,25%. Specializzata negli stampi a iniezione plastica l’azienda bresciana ha trovato nelle crisi industriali di fine anni Novanta il carburante adatto per proporsi all’estero ma l’ha usato per migliorare i suoi prodotti e processi oltre che i conti economici: «Siamo partiti da Paesi francofoni, meno battuti di quelli orientati all’inglese», ha detto Davide Abate, «estendendoci dapprima al Mediterraneo e poi a tutta l’Africa centrale e settentrionale per poi passare in Sud America e dirigerci verso nazioni, mercati e clienti più esigenti sulla qualità». L’esperienza del costruttore concentrato sugli imballaggi alimentari per gelati e yogurt per esempio, insegna anche a trarre vantaggio dalla stagionalità: «Sono alimenti che si consumano di più nelle stagioni calde», ha detto Abate, «ed espandendoci su entrambi gli emisferi abbiamo in qualche modo potuto godere degli effetti di una ininterrotta estate. Nel frattempo però abbiamo iniziato a conoscere gli strumenti finanziari più adatti al business internazionale basati su lettere di credito che costituiscono un punto fermo del commercio in quasi tutti gli Stati del mondo e offrono garanzie molto maggiori di qualunque altra forma di tutela all’italiana in materia di certezza dei pagamenti». Si tratta insomma di lasciarsi alle spalle un certo provincialismo mettendo da parte al contempo la retorica sul genio e l’unicità italiane, specie al momento in cui sfide e concorrenti si moltiplicano: «Credo che l’impresa italiana non goda di grande credibilità», ha detto Abate, «e sorrido di fronte alle lodi dell’ingegno e della creatività di casa nostra perché a clienti distanti decine di migliaia di chilometri dalla Penisola i colpi di genio non servono: servono affidabilità e un’assistenza rapida. In questo ci si scontra con la comprovata serietà svizzera, tedesca o canadese, senza contare l’aspetto finanziario: le insidie del dollaro in discesa utilizzato come divisa di riferimento anche dai taiwanesi, oltre che quelle del dinaro turco in costante svalutazione per 25 punti circa nel 2013».