«La vecchia Europa può ancora trainare la ripresa»

Condividi

Conferma, dottor Romagnani, le Sue recenti sensazioni positive per il mercato degli stampi?

Rispetto alle ultime uscite e ai più freschi dati di Istma World la situazione non è variata di molto. Sappiamo che il mercato interno italiano cala, per esempio, ma al contempo le produzioni crescono. E l’andamento delle aziende è estremamente variegato fra chiusure e incrementi di fatturato anche notevoli. Certo è che i committenti impongono condizioni particolarmente gravose in termini di prezzi e condizioni di lavoro con valori in calo costante e tempi o modalità di consegna stretti, a fronte però di scadenze lunghe per i pagamenti e di una scarsa flessibilità. Questo implica che solo le imprese capaci di riorganizzarsi tempestivamente riescono a fronteggiare la crisi e crescere e che mentre il volume d’affari generato non muta granché, cambia il numero e la tipologia dei player.

Quali settori restano trainanti in Italia e nel mondo e quali presentano maggiori difficoltà?

I settori trainanti sono tuttora l’automotive, il medicale, il packaging. Ma le cattive condizioni di lavoro sono generalizzate e trasversali, con un peggioramento forse più evidente nel mondo auto.

Quali mercati nazionali Le appaiono oggi più promettenti, Bric ed emergenti vari compresi?

Fra i Bric è importante fare qualche distinzione perché le loro condizioni variano da Stato a Stato. Il Brasile aveva per esempio dazi del 30% sull’import che ora sono saliti attorno al 50%. Potrebbe senza dubbio garantire delle opportunità perché il settore locale degli stampi non è competitivo, ma le barriere all’ingresso sono troppo onerose. Ogni Paese fa caso a sé; e va affrontato con strategie differenti. Né sui mercati internazionali dimenticherei il peso della vecchia Europa, tuttora forte.

Crede che il Continente possa ancora giocare da protagonista nel comparto degli stampi?

Con tutti i suoi problemi rimane un mercato essenziale e continuerà a esserlo. Quello degli stampi è un piccolo settore in termini di numeri e in rapporto al Pil, ma sullo stesso Prodotto interno lordo ha inneschi importanti: ogni euro creato nel comparto ne genera 100 sulla successiva filiera. Non possiamo fare rivoluzioni e giocoforza ci atteniamo all’andamento economico generale, certi però che l’Europa, con tutte le sue difficoltà, non si farà travolgere e non diverrà il terzo mondo del futuro. Detto questo il mercato mondiale offre grandi opportunità purché le si sappia studiare e valutare indagando i settori trainanti dei vari Paesi e magari iniziando da Nord America e Asia.

Quanto pesano sulle sorti italiane il calo del mercato interno e le lacune del sistema-Paese? E per converso quanto si avvantaggiano i concorrenti dalla presenza di una politica più solida?

L’Italia è sicuramente penalizzata per le piccole dimensioni delle sue aziende per le quali è arduo applicare in breve tempo ricette di crescita efficaci, a cominciare dal modello della rete d’impresa; e certamente frenata da fattori di ordine diverso. I tedeschi sono per esempio in vantaggio poiché partono da una posizione complessivamente migliore per via del mercato interno soprattutto e per via del sistema-Paese. È come se entrambi partissimo per un’escursione e il loro zaino pesasse un quarto rispetto al nostro per motivi che spaziano dalla formazione, al credito, al costo del danaro. Il livello di competitività della Penisola è quindi inferiore già in partenza ma è pur vero che in assenza di un mercato interno sano l’Italia può giocare buone carte sui mercati internazionali avendo già alle sue spalle una tradizione di export notevole e di indiscutibile successo.

Persino un Paese in forte crisi come il Portogallo ha puntato di più su stampi e manifattura.

Fra i tradizionali costruttori il Portogallo ha un’industria importante e vista strategicamente dalle amministrazioni che ne ha supportate le iniziative. Il Paese è in difficoltà più gravi delle nostre ma il settore è florido benché tutt’altro che immune alla crisi. E va ricordato che i numeri degli stampisti lusitani sono pari a un decimo di quelli italiani a fronte di una minore concorrenza interna e di una maggiore incidenza dell’export che riguarda il 95% della produzione.

Che previsioni farebbe per il 2014 e quali elementi considera decisivi per la ripartenza?

Sono ottimista perché le prospettive e le possibilità di lavoro ci sono. Ma le condizioni non cambieranno e a questo bisogna essere preparati. Il settore è maturo e ragiona con logiche di maturità alle quali gli imprenditori devono adeguarsi, né esiste un solo elemento in grado di fare la differenza. Formazione, tecnologia, strategia e forza commerciale sono tutte condizioni necessarie ma nessuna di esse è in sé sufficiente. Questo vale per tutti i Paesi perché il mercato è in ogni senso globalizzato e così la competizione. Spesso i committenti degli stampisti sono multinazionali con clienti in tutto il mondo che ci spingono a competere ovunque, al di là delle condizioni local del quotidiano.

 

 

Articoli correlati