In un mondo globale sempre più “tecno centrico”, il dominio tecnologico è la carta vincente per lo sviluppo. Lo dimostrano le crescite di alcuni paesi industrializzati, che ad esso mirano. Il dominio tecnologico non si raggiunge però per decreto e tantomeno per improvvisazione. Esso deve essere coltivato su un humus fertile e opportunamente curato durante tutto il suo sviluppo.
Il dominio tecnologico si nutre fondamentalmente di buone idee innovative e di un “adeguato capitale umano”. In tempi di globalizzazione e di incertezze, quest’ultimo è la vera carta vincente per lo sviluppo di un business che deve avere come riferimento costante l’innovazione strategica e tecnologica. Talento, cultura, leadership, organizzazione, sono i quattro pilastri sui quali deve poggiare lo sviluppo di questo business. Il momento storico è chiaro. In una economia in generale contrazione, le imprese devono diventare più snelle, più reattive e più efficienti. Le riduzioni del personale sono sovente inevitabili. Tutto questo fa prevedere per i prossimi anni un ricambio e una diversa modalità di utilizzo della forza lavoro, e questo richiede l’impostazione di una vera e propria strategia di pianificazione, scelta e gestione del capitale umano.
Non entriamo nel merito delle nuove contrattualistiche, ma se ci limitiamo a considerare l’ambito aziendale visto dall’interno, rileviamo che per prima cosa è necessario sviluppare un clima di cambiamento orientato al ricambio per la formazione di una forza lavoro più agile e pronta a cambiare frequentemente gli obiettivi strategici. Francamente non crediamo che le spinte al ribasso in termini retributivi, oggi viste come opportunità aziendali anche attraverso l’utilizzo di una forza lavoro di “basso” livello, possano rispondere alle necessità di prospettiva. E’ necessario, invece, alzare l’asticella e puntare alle eccellenze, che sono disponibili: basta saperle cercare, motivare, supportare nella maturazione. Soltanto in questo modo potremo continuare a realizzare in Italia parti significative delle attività legate alle filiere idee-prodotto, che in pratica significa mantenere vivo il settore manifatturiero. Diversamente, nella fabbrica digitale nella quale le diverse attività che costituiscono le filiere di produzione sono oggi ricercate in ogni parte del mondo secondo competenze e convenienze economiche, rischiamo di tenere in Italia soltanto il “cervello” ideatore. Quindi, è necessario mettere a fuoco strumenti per scovare i talenti e per la loro conservazione nel tempo.
In conclusione, non possiamo non sottolineare con grande rammarico una realtà italiana nella quale sembra che le spinte verso una recessione intellettuale e culturale sembrano essere prevalenti, quasi inevitabili, rispetto a quelle necessarie per riprendere orgogliosamente, e in tempi non biblici, quel ruolo che il Rinascimento ci ha lasciato come eredità nella Storia. Ora che si cominciano a percepire i primi segnali della ripresa, facciamo pure i sovversivi: puntiamo tutti ad essere eccellenti e combattiamo chi dell’appiattimento generale si fa bandiera.
di Michele Rossi