Motivazioni

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Ebbene sì, seguire le ansie e poi i grandi successi dell’onda azzurra italiana ai recenti Campionati europei di nuoto ha rinvigorito fortemente le mie convinzioni sulle positive potenzialità del nostro mondo giovanile.

Complice il periodo feriale, generoso di momenti sgombri dalla routine, durante le gare ho fissato alcune istantanee di quei momenti, per cercare di comprendere i meccanismi della “macchina da competizione”. Comincerei dal dietro le quinte. Una squadra di organizzatori, tecnici, allenatori, superefficace ed efficiente. Paziente ma suadente, sempre motivante, mai protagonista e sempre in sottofondo, per lasciare i riflettori esclusivamente sui ragazzi, i veri protagonisti. Poi una squadra di nuotatori e tuffatori, una “macchina” rodata dal suono rotondo, musicale anche agli alti giri. Tutto di loro dovrebbe essere riproposto in ripetute puntate nel corso dell’anno da parte dei media televisivi. Le espressioni facciali indagate dalle telecamere fino alle più sottili pieghe labiali. Stati d’animo durati attimi che sembravano secoli. L’attesa, il pregara, la gara, il dopogara. Il cameratismo, il gioco di squadra, l’orgoglio dell’appartenenza. Le parole semplici eppure così efficaci che sottolineavano i propri risultati, ma anche gli applausi generosi per i campioni concorrenti. Mi ha colpito in particolare il loro entusiasmo contenuto, anche mentre ostentavano medaglie con valenze al top delle competizioni. “Avrei potuto fare di più“. In queste parole tutta la tensione in avanti, il senso del crederci. Una promessa per il futuro, anzi una certezza. Mi ha colpito il continuo riferimento a fatiche, che noi profani non riusciamo nemmeno immaginare, quando si tratta di ottenere risultati di livello internazionale in un ambito di competitività esasperate. 365 giorni di allenamento? Forse. Fatiche e sacrifici. E’ il loro lavoro? Per carità, non facciamo considerazioni semplicistiche. Anzitutto prima che diventi “lavoro” per una certa parte della loro vita, questi ragazzi si muovono in parallelo su più fronti, poiché i risultato sportivi non è detto che maturino e quindi non è detto che i sacrifici e gli investimenti necessari mirati portino ai risultati attesi dal mercato sportivo. Poi, resta il futuro, dopo la gioventù. Fatiche e sacrifici, sempre con determinazione. 42 atleti, 27 in finale. 22 medaglie, 14 d’oro!

Al Politecnico di Torino ho incontrato una squadra altrettanto determinata, il team H2 Polito, un centinaio di giovani studenti e laureandi che da alcuni anni, con rotazione dinamica delle risorse, si cimentano nella progettazione e costruzione di prototipi di veicoli elettrici con i quali competono nelle gare del mondo. Anche per loro le fatiche e i sacrifici del doversi dedicare allo studio per una laurea impegnativa e nel contempo la determinazione di credere nelle proprie capacità di portare avanti progetti ambiziosi per affrontare le competizioni. Un ambiente motivazionale abbinato a una sana tensione per preparasi adeguatamente a un mondo del lavoro meritorio, competitivo. Ricordo anche, con simpatia, i ripetuti contatti con i giovanissimi studenti della scuole professionali salesiane e il loro entusiasmo quando sono stati coinvolti, anzi responsabilizzati, in attività non routinarie come l’accompagnamento di colleghi delle altra scuole all’interno di fiere specializzate, per illustrare le innovazioni tecnologiche ivi presenti. Riflettendo su queste istantanee di esperienze non posso che riscontrare una matrice comune. Le motivazioni. Esse costituiscono le fondamenta sulle quali i giovani costruiscono il proprio futuro. Senza di queste, il nulla. Primo dovere di tutti noi, in particolare delle famiglie, insegnanti, imprenditori, istituzioni, lo Stato stesso, è quindi di progettare e realizzare queste fondamenta. Considero colpa grave non valutare prioritario tale obiettivo, soprattutto per chi ricopra incarichi moralmente o istituzionalmente importanti nella nostra società. A chi lo considerasse secondario, consiglio vivamente di cambiare mestiere.

di Michele Rossi

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