Deus ex machina utensilia

Condividi

teatro tragicoDeus, ex machina”, espressione di uso comune per indicare una salvezza inaspettata e quasi miracolosa. È un espediente usato nel teatro tragico, soprattutto da Euripide, per far arrivare a una soluzione situazioni disperate: veniva fatto calare sulla scena, grazie a uno speciale paranco, un Dio che sistemava le cose, fornendo quindi alla vicenda una soluzione “esterna”. È un po’ come quando mi sveglio da un brutto sogno… senza soluzione di continuità: miracolosamente tutto si aggiusta! Quante volte ricorriamo al “Deus ex machina“? Oggi vi si rivolgono molte imprese, soprattutto piccole, quelle che fanno truciolo per esempio, come gli stampisti o i subfornitori, che ricorrono spesso e volentieri a una sorta di “Deus ex machina utensilia”.

Oggi viviamo in un contesto di “scontri di civiltà”, in un ambiente in cui chi fa impresa è, prima che imprenditore, un cittadino del mondo come gli altri, è un operatore economico come altri suoi colleghi di tutto l’Occidente. Quando parlo di scontro di civiltà, non voglio dire guerra con i soldati, le armi e i morti; voglio dire che in una situazione nota, consolidata e apparentemente perpetuabile, appare un nuovo soggetto con le risorse, le motivazioni e i bisogni adatti e sufficienti per rimescolare le carte del gioco. “Appare” non vuol dire che il giorno prima non c’era; significa che nessuno lo aveva ancora riconosciuto come tale, tant’è vero che la Cina era vista solo come un immenso mercato, mai come un possibile concorrente. Questo scontro ha due presupposti: uno è l’energia del nuovo arrivato; agli occhi dell’aggredito quell’energia sembra fatta soprattutto di sopraffazione, illegalità, spregiudicatezza; in antico si chiamava barbarie. L’altro è la debolezza dell’aggredito. Ci si può sorprendere che la forza che finora sembrava la caratteristica più evidente, tanto da farla sembrare neppure combattibile, si dimostri così vana e inerme da non sapere come usarla per reagire all’attacco.

Siamo di fronte ad un sacco di cose che non capiamo come possano essere successe, come siano fatte realmente, ma soprattutto come se ne possa uscire con il minore dei danni per noi, gli altri, il mondo, l’ambiente, il cosmo. Pensiamo davvero che un malessere come questo che ci ha colpito nell’ultimo decennio possa essere curato con le ricette che sappiamo? Come per esempio i dazi, le protezioni, le barriere e quant’altro? Che abbiamo usato finora? Ammesso che siano mai servite a curare malattie. Fantastico: la Cina è il maggior azionista del Tesoro americano; di solito l’azionista di riferimento si ritiene anche un po’ padrone della “sua società”. Certo non sarà politicamente corretto che vada alla sua assemblea pretendendo di comandare; ma non è nemmeno normale che gli americani facciano la voce grossa. Forse le regole del bon ton privato non si applicano agli affari internazionali: o no?

Per diventare grandi se ne deve mangiare di polenta! Non so se il riso sia meglio della polenta, ma è certo che in tempi brevissimi, pochi anni, molte imprese cinesi hanno colmato quello che noi pensavamo come un gap insuperabile in una generazione. E poi sono tantissimi. E poi sono bravi. E poi hanno fame. E poi sono arrivati ultimi, quindi sono attrezzati come pochi di noi lo sono, non hanno dovuto resettare nulla. Stanno “sulle spalle di giganti” (questa metafora torna spesso, aveva ragione Newton!). Il “Deus, ex machina” era un trucco del teatro classico: lasciamoglielo, era una bella invenzione. A noi serve solo duro lavoro.

di Enzo Guaglione

Articoli correlati