La tecnologia distrugge e crea professioni

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Chiedersi quali saranno le professioni del futuro è sempre una speculazione azzardata, perché tante sono le variabili e le incertezze. Ma per una rivista che guarda al futuro tecnologico è doveroso cercare di fare qualche considerazione, con l’auspicio che possa diventare spunto di riflessione. Una premessa è doverosa. Si sente mettere in discussione il modello sociale ed educativo che ha spinto i nostri padri a farci studiare. La realtà è che non ci sarà posto nel mondo delle imprese per un personale poco qualificato dall’istruzione. Un assunto fermo e incontestabile che quanto segue farà meglio comprendere. Consideriamo l’automazione, la robotica, la stampa 3D, la fabbricazione additiva e l’Internet delle cose. Queste tecnologie in evoluzione stanno modificando i tradizionali modelli progettuali e produttivi e aprono prospettive per nuove professionalità. Lo sviluppo delle tecnologie additive e dell’IoT richiederà competenze combinate di progettazione, simulazioni spinte, analisi dei dati, produzione. Competenze da ricercare tra ingegneri e tecnici specializzati in sistemi informatico-fisici, ma anche dotati di capacità creative di ideazione e sviluppo di prodotti high-tech. Altre professionalità saranno richieste nel campo della valutazioni dei costi – benefici per l’ottimizzazione del «mixaggio» tra processi diversi, emergenti e tradizionali. L’automazione e la robotica stanno mutando lo scenario di officina. La tendenza vede la necessità di una minore manodopera operativa a favore di personale per il controllo, la risoluzione dei problemi, la manutenzione. L’informatica industriale, sempre più pervasiva, apre la strada a opportunità interessanti sia per sviluppatori che per gestori di app, “cruscotti” digitali, interfacce HMI di supervisione a bordo macchina, fino al monitoraggio di impianti.

Significativa è la tendenza verso una informatica non ridondante, ma “quella che serve”. Sviluppatori di app semplici ma efficaci, cercasi. Si avvicina anche il momento in cui le macchine lavoreranno e colloquieranno tra loro con propria intelligenza e logica. Serviranno professionalità in grado di tenere sotto controllo intere fasi di processo, fino all’intero ciclo di vita. Il declino delle specializzazioni? Si, di quelle «con i paraocchi». Le specializzazioni sono necessarie per affrontare le difficili sfide all’interno dello scibile tecnologico. Ma si devono accompagnare alla comprensione del tutto, obiettivo unificante degli sforzi comuni. Ogni prodotto sarà corredato di sempre nuovi servizi a valore aggiunto destinati alla fidelizzazione del cliente. Crescerà la richiesta di professionalità di marketing, con spiccate capacità di interazione con mercati evolutivi. L’efficienza e il «pensiero leggero» costituiranno ulteriori pilastri del futuro. La mancanza di efficienza è ritenuta oggi uno dei peggiori nemici della competitività. Il pensiero leggero considera la lotta agli sprechi come lo strumento principe per l’efficienza e la semplicità come la filosofia di base per il futuro produttivo. Questi obiettivi diventeranno una costante dei prossimi anni, supportati dall’informatica e affrontati con un approccio condiviso. Tutto questo richiederà cultura, conoscenza, istruzione, ingredienti di un brodo nel quale il pensiero leggero potrà nutrirsi, prosperare e trasformarsi in un concreto supporto per le imprese.

di Michele Rossi

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