Che il mondo sia sempre più inquinato è cosa nota. I fattori in gioco sono però così intricati che trovare soluzioni – ammesso che ce ne sia una volontà vera – è come sbrogliare una matassa di cui non se ne trova il capo. L’ennesima adunata globale dei grandi sembra aprire qualche spiraglio sul tema ambiente. Gli scienziati ci stanno facendo spaventare. Quanto poi dipenda veramente dalle attività umane, a livello globale, piuttosto che dalle ciclicità universali, non si riuscirà mai a dimostrare. Certo, le foto di una Pechino irrespirabile hanno ancora una volta fatto il giro del mondo. Ma Pechino è da anni in queste condizioni. Non stanno molto meglio le nostre città. E noi qui ci viviamo. Quindi pensiamo globale ma guardiamo locale.
Disinquinare costa ed è necessario trovare e allocare risorse. Non siamo disponibili a pagare di più le automobili, ma apprezziamo lo sforzo di riduzione delle emissioni nocive. Problemi dei costruttori di auto. Da tecnologo, plaudo al fatto che anche questo obiettivo è utile per contribuire a sviluppi innovativi, sempre benefici per le economie. Su un fronte parallelo, si stanno muovendo anche le macchine utensili. A minore consumo energetico corrisponde una minore richiesta di energia, prodotta da fonti inquinanti. Anche in questo caso nuovi motori, sensori, attuatori contribuiscono a sostenere il mercato. Ci sono però molti altri interventi possibili, piccoli o grandi, la cui massa critica potrebbe comunque giovare alla causa.
Il telelavoro è una vecchia pratica che però non è mai veramente decollata e per gran parte degli anni ‘80 e ‘90, è rimasta soltanto un’idea. Poi le aziende hanno cominciato a sperimentarla, a partire da pochi scelti, mentre accademici e consulenti si affrettavano a congetturare in merito ai potenziali rischi organizzativi e sociali di tali accordi. Tant’è. Poi, cambiano gli scenari, la globalizzazione procede, la competitività è sempre più accesa. Si inventa il concetto di flessibilità. In questa ottica, teoricamente il telelavoro ci sta. Il decentramento produttivo e le filiere di partner sparse ovunque danno ulteriore spazio allo studio di nuove forme organizzative, imprese virtuali, reti dinamiche, gruppi di lavoro flessibili. Potenza di calcolo economico, le reti onnipresenti e Internet forniscono ai dipendenti l’accesso alle informazioni di cui hanno bisogno per svolgere il loro lavoro in luoghi diversi dagli uffici permanenti, oltre naturalmente alle infinite possibilità di comunicare e condividere dati e informazioni. I dipendenti possono ora lavorare da casa, gli uffici dei clienti o anche sulla strada senza incontrare debilitanti separazioni da conoscenze e informazioni necessarie per svolgere il proprio lavoro. Diminuendo drasticamente lo stress da traffico e il contributo all’inquinamento. Una materia complessa e controversa che però varrà la pena di seguire, nel contesto della organizzazione «Fabbrica digitale». Si potrebbero affrancare dall’uso dell’auto i molti manager che già oggi dispongono dell’ufficio a bordo. Dato però che molte amministrazioni pubbliche pagano se si va in bicicletta, mi piacerà vedere come si realizza un posto di lavoro attrezzato su bici. Poveri manager, fanno già fatica oggi a stare in sella!
di Michele Rossi