L’Italia nazione europea, l’ottava potenza industriale mondiale, si contraddistingue per il miscuglio di culture che si sono intrecciate e compenetrate nel corso di duemila anni. Importanti all’epoca di Roma Imperiale, abbiamo saputo trovare la via d’uscita da un lungo periodo buio come quello dell’oscurità del Medioevo; le nostre navi viaggiavano per il mondo ancor prima di quelle delle compagnie inglesi o portoghesi, alla volta delle Indie orientali; prima di diventare uno tra i paesi più industrializzati, siamo passati da un Italia contadina; forse per tutte queste fasi, complicate e formative, amiamo produrre manufatti belli e ben fatti.
Nel mondo globalizzato è normale concepire logistica e le comunicazioni, come due degli elementi di sviluppo di un’azienda a livello internazionale. Ma è altrettanto normale oggi essere confusi per la repentinità del susseguirsi dei fatti quotidiani, imballati di informazioni facili da comprendere ma difficili da gestire ed organizzare. Normale può essere il desiderio di rimanere avvolti nel tepore invernale dal momento che spesso i nostri telegiornali ci presentano atti cruenti di povertà culturale d’altri tempi. Allora in tutta questa apparente confusione la saggezza contadina può aiutarci anche a livello industriale. Il contadino ama la terra, la lavora, la protegge, perché sa che cosi facendo si assicura il suo sostentamento. Sa che chi non vuol faticare nel coltivare la terra, potrà raccogliere solo ortiche. È consapevole che il “campo” vuole un buon seme, un buon lavoratore ed un buon tempo. Sa che deve diversificare le coltivazioni se vuole assicurarsi un guadagno certo. Cosi il nostro contadino fa, disfa, e rifà, notte e giorno sette giorni alla settimana.
Ebbene nel nostro tessuto industriale manifatturiero italiano, e quindi anche nella subfornitura metalmeccanica, i lavoratori ci sono, sono qualificati e professionali. E non è affatto vero che i nostri laureati in ingegneria emigrano all’estero come qualche stima locale vorrebbe far passare. Emigrano infatti complessivamente circa 20 mila laureati e il saldo con coloro che ritornano in Italia a lavorare fa scendere questo numero a 12 mila, ben al di sotto delle stime tedesche, francesi, spagnoli ed inglesi. Sinonimo di realtà pronte e considerate importanti per il proprio sviluppo professionale.
Il tempo è quello giusto e lo conferma anche l’UE alzando le stime di crescita dell’Italia: Pil del 2015 +0.9% e un +1.5% per il 2016. Oppure la capacità di una regione come l’Emilia Romagna, che fa l’en plein rispetto ai fondi Ue, risultando l’unica regione italiana che è riuscita a centrare tutti i target. O ancora la Philip Morris che individua Crespellano dell’hinteland bolognese, per aprire un nuovo stabilimento produttivo. O come i risultati ottimi del 2015 per un settore strategico per l’Italia come quello delle macchine utensili, che ha fatto registrare un +12,2% rispetto al 2014. L’italia manifatturiera ha semi buoni, in tutti i settori ed è da sempre capace di diversificare, proprio come la saggezza contadina insegna. Ottimi semi come quello delle macchine utensili, della fabbrica digitale, dell’assemblaggio e montaggio, dell’oleodinamica, della pneumatica, della meccatronica. Oppure ancora come quelli della logistica, del controllo, della subfornitura meccanica, elettronica, delle materie palstiche e di prototipazione. Ottimi semi in ogni comparto metalmeccanico. Grazie a questo enorme impegno della nostra manifattura, il nostro “contadino” metalmeccanico con questa simile varietà, non è di certo intimorito dalle eventuali avversità del tempo. Siccome non c’è contadino senza campo, personalmente, da bravo “contadino” metalmeccanico, non mi perderò di vivere a marzo il campo cosi fertile e variegato del prossimo MECSPE 2016. Voi cosa ne pensate?
di Stefano Colletta