La tendenza “verde” della plastica

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HaushaltAbbiamo di recente partecipato al convegno “Materie plastiche: mercati e tendenze” organizzato da TMP, Associazione Italiana Tecnici Materie Plastiche, presso la sede di Confindustria Monza. Le cinque relazioni presentate durante la giornata sono state tutte di notevole interesse; hanno spaziato da analisi di mercato ad argomenti più tecnologici, toccando con mano esempi applicativi “reali” oltre che possibili trend commerciali e di sviluppo tecnico. Abbiamo in questo modo potuto tracciare un quadro variegato ma piuttosto preciso dello stato di salute del settore delle materie plastiche, che è ancora uno dei più importanti e dinamici in ambito industriale e “tocca”, in maniera trasversale, pressoché tutti i settori applicativi. Accenneremo, nel seguito, ai principali argomenti discussi durante il convegno, senza la pretesa di essere esaustivi, ma con la speranza di porre all’attenzione dei nostri lettori alcune delle tematiche più interessanti.

Il convegno “Materie plastiche: mercati e tendenze” organizzato da TMP presso la sede di Confindustria Monza a metà novembre.
Il convegno “Materie plastiche: mercati e tendenze” organizzato da TMP presso la sede di Confindustria Monza a metà novembre.

Uno sguardo sul “compounding”
Secondo quanto esposto da Giuseppe Capparella, membro del consiglio direttivo TMP, nell’ultimo decennio l’industria petrolchimica e delle materie plastiche è stata investita da profondi cambiamenti. I diversi produttori hanno cercato di concentrare la proprie attività all’interno di filiere specifiche, in modo da offrire prodotti con caratteristiche standard e prezzi sempre più uniformi. La conseguenza è che lo sviluppo di nuovi polimeri o di resine è divenuto infrequente e in genere assai costoso, e l’innovazione e la modifica delle proprietà chimico-fisiche o estetiche delle materie plastiche è oramai demandata all’industria delle compounding, cioè ai “formulatori” e miscelatori di polimeri, che lavorano in stretta collaborazione con gli OEM, Original Equipment Manufactures, i produttori cioè di macchinari e tecnologie di trasformazione. Quindi, la richiesta di prodotti innovativi da parte dell’industria trasformatrice, derivante a sua volta dalle sempre maggiori esigenze dei clienti finali in diversi ambiti applicativi, garantirà lo sviluppo delle società pronte a investire in nuove formulazioni e tecnologie

Ripartizione della domanda di compounding nel mondo (circa 40 milioni di tonnellate/anno). Fonte TMP.
Ripartizione della domanda di compounding nel mondo (circa 40 milioni di tonnellate/anno). Fonte TMP.

L’industria del compounding è molto complessa e in costante espansione. Attualmente si contano circa 7.000 siti produttivi nel mondo e una domanda globale di circa 40 milioni di tonnellate all’anno (di cui il 31% proviene dalla Cina, il 20% dall’Europa e il 17% dal Nord America). Schematicamente è possibile distinguere tra i “compoundatori integrati”, ovvero quelli che sono anche produttori di materie plastiche in grandi volumi e costituiscono il 60% del totale; e i “compoundatori indipendenti”, che si specializzano su uno stretto tipo di resine, e si stima rappresentino il 40% della domanda. Alcuni di questi sono italiani e, nonostante le dimensioni più contenute rispetto ad alcuni colossi stranieri, operano con successo su scala internazionale.

L’Italia, più in generale, pur avendo perso quote di mercato e volumi di produzione nel settore delle “commodities plastiche”, resta un attore europeo di primaria importanza nella trasformazione e nella produzione di macchine, di stampi e di accessori, oltre che nello sviluppo di nuove tecnologie e prodotti finiti.

Schema del riciclo dei rifiuti plastici (fonte Versalis). Nei Paesi UE, nel 2012, il 35,6% dei rifiuti è stato recuperato energeticamente; il 26% è stato riciclato meccanicamente; lo 0,3% è stato destinato al recupero delle materie prime.
Schema del riciclo dei rifiuti plastici (fonte Versalis). Nei Paesi UE, nel 2012, il 35,6% dei rifiuti è stato recuperato energeticamente; il 26% è stato riciclato meccanicamente; lo 0,3% è stato destinato al recupero delle materie prime.

L’ecologia al centro
Anche Giuseppe Riva di PLASTICS EUROPE ha aperto il suo intervento affrontando il tema del mercato, chiarendo che la produzione di materie plastiche nel mondo è attualmente di 310 milioni di tonnellate, che l’Asia è il continente in cui la produzione è maggiore, e che la Cina a fare la parte del leone con il 26% della produzione mondiale, mentre Europa e Nord America si attestano, rispettivamente, su 19% e 20%.

Trend di sviluppo per il settore automotive (fonte FCA).
Trend di sviluppo per il settore automotive (fonte FCA).

Il “building & construction”, l’automotive e soprattutto l’imballaggio sono i 3 maggiori settori applicativi di sbocco, assorbendo insieme l’80% della plastica prodotta nel pianeta.

Secondo le più aggiornare previsioni, la domanda di plastica crescerà notevolmente nei prossimi anni: in Italia, per esempio, dopo una diminuzione dovuta principalmente alla grande crisi successiva al 2008, i consumi sono ripresi e nel 2012 sono stati di 116 kg di plastica pro capite; si prevede che nel 2025 il consumo sarà di 132 kg pro capite, con un aumento del 13,7%.

Giuseppe Riva ha poi dedicato molto spazio al tema centrale della sostenibilità: la valutazione dell’impatto ambientale del “ciclo vita” dei manufatti, dalla progettazione alla produzione, dall’utilizzo sino allo smaltimento, è ormai un fattore imprescindibile nella scelta di materiali e tecnologie. Da tempo, l’obiettivo dei progettisti è quello di “fare di più con meno”, cioè di utilizzare in maniera efficiente le risorse: non a caso negli ultimi 20 anni il peso degli imballaggi si è ridotto fino all’80%, a seconda dei casi, con risparmi considerevoli dal punto di vista sia dei materiali, sia delle emissioni nocive. La plastiche, oggi, dovrebbero essere utilizzate, riutilizzate, eventualmente “termovalorizzate” (nonostante la generazione di sostanze tossiche da incenerimento), ma occorrerebbe evitare in ogni caso che finissero in discarica.

Milioni di tonnellate di plastiche in produzione nel settantennio 1950 – 2020 (fonte Plastic Europe).
Milioni di tonnellate di plastiche in produzione nel settantennio 1950 – 2020 (fonte Plastic Europe).

Oggi è un imperativo prevenire il “littering”, cioè il malcostume per il quale i rifiuti vengono gettati o abbandonati in aree pubbliche: tale fenomeno contribuisce a un diffuso “giudizio negativo” sull’industria della plastica, nonostante i notevoli traguardi raggiunti negli ultimi anni; basti pensare che in Europa il 60% dei rifiuti plastici viene oggi riciclato.

All’industria della plastica serve quindi una politica proattiva volta a ridurre i vincoli allo sviluppo; a tal fine, ha concluso Riva, occorrerebbe detassare investimenti o incoraggiare collaborazioni tra imprese, università e centri di ricerca; aumentare l’efficienza lungo l’intero ciclo di raccolta dei rifiuti; favorire l’ammodernamento degli impianti per il loro smaltimento, introdurre il divieto di smaltimento in discarica, ecc.

Domanda di materie plastica in Italia per tipologia nel 2014 (sul totale di 6,7 milioni di tonnellate, fonte Plastic Europe).
Domanda di materie plastica in Italia per tipologia nel 2014 (sul totale di 6,7 milioni di tonnellate, fonte Plastic Europe).

Obiettivo “zero rifiuti in discarica”
Camillo Rovida di VERSALIS, società del gruppo ENI che opera nei settori della chimica di base, delle materie plastiche, delle gomme e della chimica da fonti rinnovabili, ha discusso delle esigenze di mercato, delle tecnologie e della sostenibilità nel settore dell’imballaggio rigido, in particolare in ambito alimentare. Il packaging rigido, in effetti, nel 2014 ha richiesto circa il 39% delle 51 milioni di tonnellate di plastica consumate dal mercato europeo, costituendo il settore di sbocco di gran lunga più importante per i materiali plastici. In tale comparto l’estrusione e la termoformatura rappresentano ancora le tecnologie di trasformazione più diffuse, mentre i materiali maggiormente utilizzati sono il polipropilene (PP), il politilene ad alta densità (HDPE), il PET e il polistirene (PS). Secondo le ultime previsioni, l’utilizzo di PET sarà sempre più diffuso in quanto materiale che, pur venendo a contatto con alimenti, può essere riciclato al 100%. Da questo punto di vista, Rovida ha illustrato il crescente bisogno di ridurre l’impatto ambientale nella produzione, nell’utilizzo e nella gestione del “fine vita” dei prodotti in plastica mediante riciclo meccanico, recupero delle materie prime o termovalorizzazione. Negli ultimi anni sono stati migliorati i sistemi di riciclaggio e si sono studiati prodotti in plastica di massa sempre più ridotta: ciò ha contribuito alla riduzione del consumo di materiale e alla diminuzione delle emissioni di CO2. Rovida, oltre a ricordare che tutti gli imballaggi in plastica sono riciclabili meccanicamente, ma che non sempre tale attività è sostenibile economicamente o ecologicamente favorevole, ha illustrato i crescenti vantaggi nell’utilizzo di confezioni in plastica: aumento della vita degli alimenti, diminuzione dei pesi degli imballaggi e quindi dei costi di trasporto, riduzione dello spreco di cibo, ecc. E ha menzionato l’obiettivo europeo di ottenere, entro il 2020, il risultato degli “zero rifiuti in plastica in discarica”. Ciò sarà possibile attraverso politiche d’incentivazione della raccolta differenziata, in particolare degli imballaggi, e dello sviluppo di nuovi e sempre più tecnologici impianti di trattamento.

Termoplastici contro termoindurenti
La divisione SACE–Prodotti di Bassa Tensione della multinazionale ABB fornisce dispositivi e sistemi di protezione, controllo e misura per impianti e quadri elettrici, sistemi di home e building automation, dispositivi elettronici ed elettromeccanici per macchine e impianti industriali, ecc. Antonello Antoniazzi, responsabile materiali all’interno di SACE, ha innanzitutto evidenziato le differenze tra i materiali attualmente adoperati in tali tipologie di prodotti, e in particolare tra materiali termoplastici e termoindurenti, precisando che i primi sono maggiormente impiegati ma i secondi, per le loro caratteristiche di resistenza al calore, sono i materiali con cui sono costruite le parti strutturali e isolanti degli interruttori. Ovviamente, in queste macro-categorie vi è una infinità di materiali da considerare, anche perché i progettisti devono rispettare vincoli di vario tipo: funzionali, estetici, di invecchiamento, di emissioni, di costo, ecc., e soprattutto normativi, in termini di resistenza sia al fuoco, sia alla temperatura, sia alla traccia (cioè ai percorsi conduttivi che si generano sulla superficie dei materiali isolanti) misurata in CTI (Comparative Tracking Index). In maniera sintetica possiamo dire che i materiali termoindurenti garantiscono maggiori proprietà termiche ed elettriche, resistenza meccaniche più elevate, bassa emissione di fumi, autoestinguenza senza additivi bromurati, costi inferiori della materia prima e accuratezza dimensionale; i termoplastici, invece, consentono tecnologie di trasformazione più semplici e costi di produzione ridotti, maggiore possibilità di design e più ampia disponibilità su scala globale. Antoniazzi ha poi individuato alcuni trend tecnologici nel settore della distribuzione elettrica: la richiesta di densità di potenza sempre maggiore e quindi di apparecchi sempre più piccoli, temperature più elevate (con impatto sulla selezione dei materiali), maggiori tensioni, oltre che maggiore attenzione alla resistenza alla traccia. Inoltre, i materiali dovranno garantire un numero di manovre sempre più elevato, e quindi una più elevata resistenza all’usura e alla fatica, e una maggiore accuratezza dimensionale su geometrie più complesse per assicurare i “montaggi automatici”. Antoniazzi ha da ultimo affrontato il tema ambientale e in particolare sulle restrizioni nell’impiego di sostanze tossiche (normate, in Europa, dalle direttive RoHS e REACH), precisando che gli obiettivi primari riguardano l’efficienza energetica, la riduzione delle emissioni di gas “clima-alteranti”, il riutilizzo, il riciclo dei rifiuti e il recupero delle materie prime.

Automotive: l’innovazione passa dalla plastica
Maurizio Servetti di FIAT CHRYSLER AUTOMOBILES ha spiegato che le nuove autovetture sono sempre più leggere in quanto devono garantire prestazioni maggiori rispetto al passato ma consumare di meno, oltre che avere uno stile “accattivante”; per tale ragione, i componenti in plastica che le compongono devono assicurare prestazioni sempre più elevate, garantire ottimi “contenuti estetici”, e assicurare massima riciclabilità. I costruttori di automobili stanno lavorando in collaborazione con le industrie chimiche, i centri di ricerca e le università per ottenere i polipropileni PP e le poliammidi PA con densità sempre minori ma resistenze meccaniche maggiori, al fine di ridurre ulteriormente il peso delle vetture senza comprometterne sicurezza e stabilità. Stanno migliorando anche le qualità delle leghe polimeriche le quali, avendo caratteristiche inimmaginabili fino a qualche anno fa, sono sempre più utilizzate per la costruzione di elementi sia strutturali, sia estetici.

Gli aspirapolveri Electrolux della serie ‘green range’ sono costituiti da parti costruite con innovativi materiali plastici ricavati da fonte rinnovabile.
Gli aspirapolveri Electrolux della serie ‘green range’ sono costituiti da parti costruite con innovativi materiali plastici ricavati da fonte rinnovabile.

La “coscienza verde” degli elettrodomestici
Chignola e Corrado Cecchini di ELECTROLUX ITALIA S.p.A. hanno spiegato che le parti in plastica sono sempre più diffuse all’interno degli elettrodomestici. Per esempio, i pezzi in polistirene PS e in poliuretano PU, ottenuti per stampaggio mediante termoformatura o per estrusione, costituiscono il 40% del peso totale dei frigoriferi; il polipropilene PP circa il 20% del peso di una lavatrice; l’ABS, il policarbonato PS e PP/PE quasi l’80% del peso di un aspirapolvere. A prescindere dal tipo di elettrodomestico e dalla tipologia di plastica impiegata, l’obiettivo di una grande aziende come Electrolux, che ha nel proprio DNA una sorta di “coscienza verde”, è quello di ottimizzare gli attuali processi di produzione, di ricercare materiali nuovi e alternativi, possibilmente ottenuti da fonti rinnovabili o comunque da materiale riciclato.

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