Obbligatoriamente digitali

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Quando ridiamo divertiti perchè il nostro nipotino cerca di scorrere con il dito le pagine del nostro quotidiano che stiamo comodamente leggendo in salotto e regolarmente si arrabbia perchè riesce soltanto a stropicciarle, ci viene spontaneo chiederci se è veramente giunta l’ora di buttare il giornale nel caminetto. Per non sentirci obsoleti. Poi riflettiamo e, saggiamente riprendiamo il gusto del tatto della carta: non siamo ancora pronti per il touch nella lettura! Vero è che quando andiamo in vacanza invece di caricarci di pesanti – nel senso fisico del peso – libri infiliamo in borsa un e-book, ma, in casa, la carta ce la vogliamo godere, almeno ancora per qualche anno. Ultimo baluardo, perchè per la comunicazione siamo ormai digitali totali, in casa e fuori: smartphone, tablet, computer… Su smartphone controlliamo il nostro sistema di allarme. Qualcuno si chiede se si tratti di dispositivi intelligenti perchè ci mettono in contatto con il mondo intero e ti parlano chiedendoti se ti possono essere utili per qualcosa. Per istinto verrebbe voglia di chiedergli: “un caffe… lungo!”.

Ricordo che sull’intelligenza artificiale si studia e sviluppa da decenni. Ricordo anche una definizione: l’intelligenza artificiale è la capacità di eseguire compiti e risolvere problemi nuovi, di adattarsi all’ambiente e comprenderlo e di capire il linguaggio naturale. Su un vecchio libro ritrovo anche la definizione di un certo Alan Turing, considerato il padre dei moderni calcolatori, che negli anni 50 scriveva che una macchina può essere considerata intelligente se passa il “Test di Turing“. Che consiste nel mettere una persona davanti a un terminale, attraverso il quale comunicare con due entità: un altra persona e un computer. Se la persona che comunica attraverso il terminale non riesce a distinguere fra uomo e macchina, allora il computer ha passato il test. L’intelligenza artificiale ha attraversato i nostri anni passando dalla mera teoria alle prime applicazioni nella robotica e con i sistemi esperti, con alterne fortune. Il più grande limite era la limitata potenza di calcolo disponibile sui sistemi computazionali. L’intelligenza artificiale lavora su grandi moli di dati. Oggi la grende potenza di calcolo dei sistemi è tale da “reggere” lo sviluppo delle soluzioni di I.A. che necessitano di una grandissima capacità di elaborazione. In pratica, si tratta della stessa elevata potenza di calcolo che consente di utilizzare proficuamente internet, i sistemi IoT, gli impianti e le macchine smart. La grande potenza di calcolo consente anche la progettazione dei sistemi cognitivi, ovvero soluzioni in grado di elaborare grandi moli di dati nella forma naturale, in modo non strutturato, imparando poi a restituire attraverso analisi avanzate e correlazioni, informazioni utili all’uomo. Sistemi in grado di prendere decisioni e risolvere problemi senza l’intervento umano.

A conferma della vivacità dell’evoluzione delle macchine utensili, si pensi che queste cominciano a intraprendere la strada dell’ambiente smart una ventina di anni fa, attraverso la dotazione di dispositivi di controllo pezzi, controllo utensii, per monitoraggi e così via. Di recente durante una fiera ho colto al volo la domanda: “Questo centro di lavoro è 4.0?” Siamo già così avanti? Siamo prudentemente incerti e ne approfittiamo per suggerire che tra i termini recentemente più gettonati sulla via del futuro produttivo, si cominci a famigliarizzare anche con intelligenza artificiale, sistemi cognitivi, autoapprendimento, ottimizzazione. Potranno essere utili per porre domande in modo sempre più circostanziato.

di Michele Rossi

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