Anche il robot diventa evasore fiscale?

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Un utente incarica il suo idraulico di rifare il suo bagno; l’idraulico presenta un preventivo, lo discute e alla fine si accorda su 5 mila euro. A lavoro finito arriva il momento di pagare e salta fuori la domanda: “Con fattura o senza?”. “Che differenza fa? – domanda ingenuamente il cliente all’idraulico – abbiamo stabilito 5 mila euro!”. “Sì, ma con fattura c’è l’IVA di 800 euro; però se mi paghi in contanti, non faccio la fattura, non verso l’IVA e i 5.000 euro restano tali”; e non dice che eluderà pure l’IRPEF. Naturalmente il cliente accetta e chiede di passare il giorno dopo per procurarsi il contante. Così entrambi sono evasori fiscali! Si sentono in colpa? Beh, un po’ sì, però si consolano pensando che oggi persino i robot possono evadere le tasse, tant’è che c’è in atto una proposta di Bill Gates per tassare il lavoro degli stessi robot in modo analogo al lavoro dell’uomo. Più antropomorfi di così! Un fenomeno, questo, che s’inquadra nella questione del futuro del lavoro e della sua tassazione come strumento di giustizia sociale. E ai robot evasori non gli faremo niente? È un fenomeno meno grave? Vuoi mettere un idraulico o un avvocato o un dentista con un robot, magari in cassa integrazione, che arrotonda facendo altri lavori?

Ma torniamo con i piedi per terra. Sul piano sistematico della tassazione d’impresa, la proposta di Bill Gates sembra sbagliata, perché i fattori della produzione industriale (tra cui i robot) generano un reddito già sottoposto ad automatica imposizione fiscale in capo all’impresa stessa. L’idea del lavoro umano soppiantato dai robot, ai quali far pagare le tasse è per ora una provocazione intellettuale, tuttavia è autorevole se a parlarne è Bill Gates, che di rivoluzioni produttive e culturali se ne intende, eccome; se poi quelle tasse dovranno servire a finanziare una sorta di reddito di cittadinanza per sostenere chi il lavoro non lo trova più, si rischia di creare un incentivo a non lavorare, tanto mi pagano lo stesso; così i valori professionali e le strutture costituzionali imperniate sul diritto al lavoro vanno a farsi benedire. Lavoro, lavoro, lavoro, quelle competenze… Come dire: a prova di robot!

Gli esperti sulla disoccupazione tecnologica dicono che si registreranno nel breve termine perdite di lavoro umano a spese dei comparti che richiedono operatori poco qualificati.
Oggi ci troviamo faccia a faccia con l’Industria 4.0 e c’è il rischio che la paura per il futuro possa annebbiare il giudizio sulla stessa quarta rivoluzione industriale e che quindi si sveglino sentimenti ostili alle macchine e ai robot. Da qui la strana idea di tassare i robot, quale soluzione per esorcizzare le insidie del nostro tempo. Vuoi vedere che sarà riconosciuto uno status giuridico dei robot autonomi più sofisticati, considerati “Persone elettroniche responsabili di risarcire qualsiasi danno da loro causato?” L’obiettivo è chiarire le responsabilità delle macchine in sede civile e penale; ecco allora che prende forma l’idea di tassare i robot e i loro produttori. Oggi il concetto è verosimile e l’equazione sociale non fa una grinza. Eppure, nasce da postulati ancora alquanto confusi, che vedono una preoccupante sostituzione di arti e mestieri in omaggio alla maggiore produttività dell’intelligenza artificiale; ciò vale per attività di natura manuale, ma le cose cambiano per fortuna con compiti meno prevedibili e più articolati. Chissà, forse i miei nipoti si faranno ristrutturare il bagno da un robot intelligente fino al punto di farsi pagare in nero? Non credo, dato che un robot può essere pagato solo elettronicamente. E allora, viva l’automazione a tutto campo!

di Enzo Guaglione

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