Siamo pronti per la società tecnologica?

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Operiamo sempre più in un ambiente complesso e dinamico, intriso di mille ambiguità. In un ambiente poco chiaro, incerto e difficile da comprendere. Mentre siamo bombardati di informazioni, siamo sempre più coscienti che nel futuro non potremo mai disporre di informazioni complete e perfette. Ma dobbiamo prendere ogni giorno decisioni. Oggi ci troviamo di fronte a tassi di cambiamento senza precedenti nei comportamenti dei mercati. La digitalizzazione delle imprese ha fondamentalmente lo scopo di cercare di fronteggiare i cambiamenti disponendo di più informazioni possibii. Ma, l’”era dei dati” in sè non ci fa felici. Il problema infatti non è la loro disponibilità per la quale ci possono supportare i calcolatori, ma nella consapevolezza di ciò che sta accadendo nel momento stesso in cui stiamo analizzando più dati che mai. Nel trovare il loro significato e nell’associarlo ad azioni pertinenti.

La massa di dati di per sè può essere soltanto un elemento di criticità. Vivere in un universo altamente interconnesso nel quale l’azione umana ha mille modalità di esprimersi ma il cui controllo, in un ambiente dinamico, è così articolato da renderlo difficoltoso, non ci fa felici. A questo punto dobbiamo anche porci il quesito, se la capacità dell’uomo di reagire ai cambiamenti abbia dei limiti oppure possa tendere all’infinito. L’antropologia ci disegna le mappe dell’evoluzione umana secondo tracciati a macchia di leopardo. DNA, ambiente, stimoli, ne costituiscono pilastri fondamentali. Alcuni popoli, alcuni individui, sono più preparati di altri a reagire ai cambiamenti. Cosa succede in un mondo in cui, appena risolto un problema, è necessario aggiornare e rivedere di nuovo l’operato a causa del cambiamento perpetuo? Cosa succede se non siamo in grado di cogliere l’energia che ogni cambiamento genera verso le innovazioni e le opportunità? Cosa succede in un mondo in cui la variabile “tempo umano” si trasforma in una variabile “tempo di calcolo”? Le società “melting pot” stanno segnando il nostro futuro. Ma, al di là degli slogan sperticati da più parti, queste società per progredire richiedono la messa in atto di strumenti, per così dire, di “omogeneizzazione” del mix di capacità intellettuali disponibili, in modo da creare una massa critica coerente e uniforme alla comprensione e all’adattamento ai cambiamenti. Se poi scrivessimo “i vincitori di domani saranno quelli che sapranno interpretare un futuro ignoto”, quali capacità dovremmo contribuire a sviluppare? Lasciamo libera fantasia. Noi ci giochiamo comunque una scommessa sull’ignoto: il futuro sarà dominato dalla tecnologia, che nell’equilibrio delle forze, potrà avere la stessa importanza della economia, della finanza, della politica. Potrebbe addirittura subordinarle. Siamo in grado di attrezzarci per la società tecnologica? Siamo in grado di pensare a quali trasformazioni sono necessarie per effettuare la transizione dalla nostra cultura prevalentemente umanistica, artatamente trasformata in una cultura leguleia basata sul “possibile”, a una cultura di pensiero e azione rigorosa come lo richiede la tecnologia? Queste sono le vere sfide!

di Michele Rossi

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