Andiam, andiamo a lavorar…

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Vi ricordate i sette nani di Biancaneve che cantano allegri mentre vanno al lavoro con gli attrezzi sulle spalle? Tempo fa un piccolo amico rivedendo la famosa scena mi chiese perché andavano a lavorare. «Perché senza soldini non si può comperare la pappa». Da allora quando gli chiedo dov’è papà, mi dice «a fare i soldini». Il lavoro, o meglio il tipo, la quantità e la qualità del lavoro, sarà il tema cruciale degli anni a venire e il 4.0 costituisce il primo vero banco di prova per il manifatturiero su questo tema.

Lo sviluppo tecnologico ha sempre portato benessere, a partire dalla prima rivoluzione industriale di metà ‘700, quando fabbriche, imprenditori e classe operaia incominciarono a formare un «corpus» di entusiastici fermenti innovativi, primo vagito delle società moderne. Non sono mancati momenti di contrapposizione tra lavoratori e datori di lavoro. Momenti morbidi e momenti aspri. Conquiste ed errori da ambe le parti, mentre la tecnologia, terzo attore, ma trainante, introduceva cambiamenti nel mondo economico e sociale, assumendo via via un ruolo sempre più incisivo. Quando calcolatori, macchine, automazioni, cominciarono a scuotere ogni scrivania e ogni fabbrica, la classe operaria e le relazioni industriali cominciarono veramente a cambiare pelle. L’era della tecnologia dominante, con le proprie regole e leggi, cominciava a imporsi come motore dello sviluppo competitivo.

Sarà una lunga epoca 4.0, dopo un’altrettanto lunga fase di stanca economica; riaccenderà l’entusiamo dei venditori di tecnologie, al grido di «con qualche giorno di corso tutto andrà rapidamente a regime, cioè a profitto». Ma non avverrà niente di ciò se le tecnologie non verranno adeguatamente sperimentate, elaborate, metabolizzate, ottimizzate in loco dalle persone loro deputate. Ambiti complessi. Le macchine intelligenti occhieggiano, novelle sirene. No, non crediamo che l’intelligenza della macchina non abbia bisogno di essere accompagnata dall’intelligenza dell’uomo, ma per evitare fraintendimenti o contrapposizioni vogliamo capire meglio l’evoluzione del rapporto uomo–tecnologia negli anni a venire.

Nell’automazione il nostro paese è sempre stato prodigo di valide soluzioni. Quanto bolle in pentola è estremamente concreto. Ci piace molto il robot collaborativo. Forse non ci regalerà un sorriso lavorando con noi, ma in sua compagnia, famigliarizzando entrambi con il futuro potremo crescere, perché il connubio ci stimolerà verso nuove idee di lavoro. Ma il 4.0 è molto altro. I primi modelli di fabbriche digitali cominciano a essere presentati nei convegni. Quasi mai, però, ci capita di vedere sui layout, oltre ad ammiccanti macchine, attrezzature e robot, anche simbologie che ci evidenzino la presenza degli uomini. Quali, quanti, con quali conoscenze, competenze? Comprendiamo che le nuove problematiche organizzative e gestionali siano complesse. Ma siamo parimenti sicuri che nessuno effettua investimenti, seppure agevolati, senza avere messo nel «pacchetto» anche le necessità di personale. Disporre di una casistica di modelli tipo con macchinari e robot di qualsiasi genere, completi di una piccola scheda relativa al personale deputato, sarebbe di grande aiuto per la miriade di piccole imprese che devono iniziare un percorso evolutivo indubbiamente complesso. Non solo: conoscendo le pregresse annose diatribe tra il sistema formativo e le imprese «tu non prepari, io non trovo e quindi non prendo», siamo preoccupati che l’escalation tecnologica possa ampliare ulteriormente la forbice offerta–domanda di figure. È una questione di sincronizzazione. Aspettiamo risposte concrete. Per quanto ci riguarda, siamo concordi con il dire che «alcuni lavori saranno inevitabilmente automatizzati nei prossimi anni, ma il cambiamento tecnologico migliorerà gli altri e creerà nuovi posti di lavoro e opportunità proprio nei settori emergenti». Se poi vogliamo aggiungere un po’ di pepe, possiamo anche sottoscrivere che «i posti di lavoro più ricercati saranno quelli con il più grande ritorno di investimento».

di Michele Rossi

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