Perché non possiamo non dirci digitali

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In una sua famosa opera, Benedetto Croce ci spiegò: “Perché non possiamo non dirci cristiani”. Oggi, analogamente, e magari con meno aspirazioni mistiche, non possiamo non dirci digitali.

Nella nostra vita quotidiana, diamo ormai per scontato che i prodotti e i sistemi possano dialogare con noi e fra di loro, per darci informazioni utili.

Per esempio, possiamo comprare un biglietto del treno, direttamente dal nostro smartphone, mettendo non solo noi stessi in contatto con il server di chi fornisce il servizio ferroviario, ma anche con il server del gestore della nostra carta di credito, per il pagamento, e con quello della nostra banca, per l’addebito sul nostro conto corrente di quanto abbiamo speso. Ma non solo, riceveremo il biglietto sul nostro account mail, e magari anche una mail che, poco prima della partenza, ci ricorderà il viaggio imminente.

Un esempio sicuramente banale, ma magari utile a fare capire come una nostra decisione, quella di metterci in viaggio, ha creato una serie d’informazioni, destinate a essere indirizzate a chi è interessato, a vario titolo, al nostro viaggio: le ferrovie per riservarci il posto, noi stessi per i dettagli del viaggio, e chi gestisce i nostri soldi, che non sarà affatto interessato alla nostra destinazione, o all’orario, ma alle spese che abbiamo affrontato. Dati diversi quindi, su server diversi, per diversi utilizzatori e diversi scopi. Dati che circolano fra server e server, che ci permettono di rendere più facili e veloci molte operazioni quotidiane, e di tenerne sempre una registrazione.

In pratica, già oggi tutti noi giriamo con uno strumento, il nostro smartphone, che ci tiene sempre connessi, registra le nostre azioni e le nostre comunicazioni. Fino a creare un vero e proprio nostro alter ego digitale. Il nostro digital twin, che ritrae, in formato binario, i nostri gusti, il nostro stile di vita e tantissime informazioni che ci riguardano

 

E in campo industriale?

Quello che sta accadendo in ambito industriale 4.0 è grossomodo lo stesso fenomeno. Con Industria 4.0 anche le macchine, i dispositivi, gli impianti hanno e avranno una percentuale sempre più elevata di hardware e di software, di codice, che permetterà al singolo oggetto di inserirsi in una rete e dialogare con altre macchine, oggetti, server, esseri umani.

 

È la tecnologia Internet of Things (I.o.T).

Ma la tecnologia I.o.T non è solo questo. Ogni singola macchina, ogni impianto, producono dati, durante il loro funzionamento. Così come noi abbiamo prodotto dati prenotando un biglietto ferroviario.

 

Un nuovo rapporto col cliente

I dati prodotti dalle macchine, se opportunamente raccolti e resi fruibili, possono fare molto per noi consumatori. Permettendoci di avere informazioni molto più puntuali e mirate, finanche personalizzate sul prodotto che abbiamo acquistato.

E quel prodotto, una volta in nostro possesso, registrerà dati sul suo funzionamento, su come lo stiamo utilizzando, sui problemi che eventualmente ci può dare.

Questi dati, anch’essi raccolti, analizzati e interpretati, saranno indirizzati alle macchine e agli uomini che lavorano con le macchine, per realizzare prodotti migliori sulla base proprio delle nostre esperienze e dei nostri desideri, destinati a essere tradotti in requisiti, trasmessi sotto forma di dati digitali e codici. In questo caso, il nostro gemello digitale assumerà un nome preciso: buyer personas.

Questo è quello che già oggi sta avvenendo, e che riguarda da vicino tutti noi, non solo come progettisti, operatori o tecnici di macchinari e impianti, ma anche come esseri umani, cittadini e consumatori. Ecco perché non possiamo non dirci digitali.

di Marco Lombardi

Per saperne di più su Industria 4.0, è disponibile in formato digitale e cartaceo il libro di Michele Rossi e Marco Lombardi “La Fabbrica Digitale – Guida all’Industria 4.0“.

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