Effetto del taglio ossiacetilenico su un acciaio SR355J

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Protagonista l’ossidazione

Il taglio di una lamiera è una vera e propria trasformazione tecnologica del materiale, con tutte le conseguenti modificazioni delle sue caratteristiche meccaniche. Nel caso dell’ossitaglio questo fenomeno è ancora più marcato poichè “innesca” un processo di ossidazione esotermica, vero esecutore della lavorazione.

Contrariamente a quanto potrebbe apparire a prima vista, il taglio ossiacetilenico non è una semplice variante del taglio a fiamma ossidrica ma è un processo che sfrutta meccanismi completamente diversi. Mentre nel taglio a fiamma ossidrica questo avviene direttamente perché la temperatura della fiamma (circa 2000 °C) supera la temperatura di fusione del materiale, nel caso del taglio ossiacetilenico contestualmente alla fiamma, ma indipendentemente da essa, sul materiale viene diretto un flusso di ossigeno a elevato grado di purezza. Alla temperatura di circa 1350 °C tale ossigeno si combina con il ferro dando luogo a ossidi di ferro, con la reazione di ossidazione che sviluppa una notevole quantità di calore, sufficiente a causare la suddetta fusione localizzata.

Il fenomeno della fusione endogena del ferro in atmosfera di ossigeno è noto fin dal 1776, ottenuta dal grande chimico francese Antoine de Lavoisier, ma è solo nel 1905 che gli ingegneri francesi Picard e Fouche riuscirono a realizzare il prototipo della attuale torcia ossi-acetilenica da taglio, ovverosia un cannello (o torcia) in cui a una corona di ugelli eroganti acetilene si accoppia un ugello centrale destinato a erogare ossigeno purissimo. Le due erogazioni sono separate, per cui inizialmente viene utilizzata unicamente la fiamma acetilenica propriamente detta per riscaldare il materiale fino a una temperatura superiore ai 1350 °C, resa evidente dall’arrossamento del materiale ferroso, e a questo punto viene aperta l’erogazione anche del getto di ossigeno, che dando luogo all’ossidazione del ferro genera il surplus di energia termica necessario per arrivare alla fusione localizzata del materiale. Il flusso di ossigeno e il gas combusto provvedono anche a spingere fuori il materiale fuso, liberando la superficie per la prosecuzione del taglio.

Essendo il processo di taglio strettamente legato alla formazione di ossidi di ferro, chiaramente esso è possibile unicamente con i materiali contenenti ferro. In realtà, il processo sarebbe applicabile a qualunque metallo avente ossidi derivanti da combustione a temperature inferiori a quelle del metallo base e in grado di generare un apporto termico sufficiente a indurre la fusione de metallo base: una condizione che purtroppo nei materiali tecnici si verifica solo nel ferro e negli acciai e solo fino a quando il loro tenore di carbonio è inferiore allo 0,3%. Questo perché anche il carbonio ha la tendenza a ossidarsi ad alta temperatura in presenza di ossigeno. Reazioni che da un lato neutralizzano la formazione di ossido di ferro e dall’altro portano alla creazione di un ossido di carbonio che tende a depositarsi in aderenza alla superficie di taglio, inibendo la prosecuzione del processo.

 

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