È una giovane e dinamica officina meccanica la MetalChip S.r.l., impresa fondata alcuni anni fa da alcuni addetti “fuoriusciti” da una storica azienda attiva nella lavorazione dell’acciaio. «Quando fondammo la nostra impresa – racconta Arturo Bellestrade, uno dei soci della MetalChip – il nostro obiettivo era quello di realizzare manufatti di media complessità in tempi rapidi e con le giuste precisioni. Da alcuni anni, tuttavia, l’agguerrita concorrenza di imprese dell’Est Europa, a basso costo di manodopera, ci sta spingendo a realizzare pezzi di maggiore complessità attraverso l’utilizzo di centri di lavoro a 3 assi».
Per rimanere tuttavia concorrenziali dal punto di vista sia dei costi sia dei tempi realizzativi, i responsabili della MetalChip si accorsero della necessità di investire in tecnologia nuova, come per esempio torni multitasking o centri di lavoro a 5 assi. Bellestrade: «Ci rivolgemmo a tal fine alla AtakoTools, azienda costruttrice di macchine utensili affidabili e di qualità, dalla quale acquistammo 5AXCE, centro di lavoro a 5 assi d’alta gamma, al prezzo di circa 250.000 euro».
I risultati dell’investimento, però, furono davvero deludenti: la nuova macchina sembrava rallentare, anziché sveltire, il lavoro, a causa dei continui fermi, di numerose rotture degli utensili e di mancate precisioni. Arturo Bellestrade, molto amareggiato, invitò più volte la casa costruttrice a riparare il macchinario in quanto ritenuto difettoso: «I tecnici della AtakoTools intervennero due-tre volte sul centro di lavoro ed eseguirono alcuni test di funzionamento. Secondo loro la macchina non presentava alcun difetto, per cui dopo un determinato periodo, smisero di rispondere alle nostre chiamate». Per tale ragione, visti i continui e mai risolti problemi di funzionamento, la MetalChip decise di rivolgesri ai propri legali e di instaurare un procedimento civile dinanzi al tribunale affinché fosse accertata l’inadeguatezza del centro di lavoro 5AXCE che era stato acquistato, e fosse conseguentemente risolto il contratto con condanna della controparte a restituire i 250.000 euro percepiti.
Così si concluse la vicenda
Il giudice, letta la relazione del CTU, respinse il ricorso della MetalChip, essendosi quest’ultima rifiutata di far seguire ai propri dipendenti il corso organizzato dalla controparte. Ritenne comunque equo compensare le spese, avendo la AtakoTools accettato, senza richiedere un esonero di responsabilità, che i clienti non seguissero lo specifico corso per apprendere il funzionamento della macchina.
Alcune domande all’esperto
1. Come si comportò il giudice? “Il giudice nominò un ingegnere quale consulente tecnico d’ufficio esperto in materia, il cosiddetto CTU, al quale sottopose alcuni ‘quesiti’. Chiese, in particolare, di verificare se il centro di lavoro in oggetto fosse realmente malfunzionate come sostenuto dalla MetalChip“.
2. In che modo operò il CTU? “L’ingegnere incaricato avviò le indagini tecniche nel rispetto del contraddittorio e scoprì, a valle di alcune prove di funzionamento disposte in accordo con i consulenti di parte nominati dalle due aziende, che la macchina era tutt’altro che difettosa. Era semplicemente ‘mal utilizzata’ dai tecnici della MetalChip. Più precisamente, dopo attenta analisi della documentazione, si rese conto che l’azienda acquirente del centro di lavoro si era rifiutata di seguire lo specifico corso di formazione ritenendo che i propri addetti avessero già tutte le competenze necessarie per far funzionare un macchinario del genere“.
3. Quali furono gli esiti della consulenza? “Il CTU riferì al giudice che il centro di lavoro 5AXCE non presentava difetti e che funzionava regolarmente, ma che i tecnici della MetalChip non erano in grado di utilizzarla correttamente perché non adeguatamente preparati a gestirlo. Precisò inoltre che seguire il corso sarebbe stato indispensabile perché programmare una macchina a 5 assi è ben diverso e assai più complesso che programmare una macchina a 3 assi“.
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Avvertenza per il lettore
Il presente articolo, redatto su nomi e circostanze di fantasia, fa riferimento a casi reali e che possono verificarsi di frequente: seguire un corso formativo, specialmente nei casi di una tecnologia “nuova”, è una garanzia non solo per l’acquirente, ma anche per il fornitore.
Ing. Vittorio Pesce (CTU del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano)