Uno dei mantra dell’azione di Donald Trump è “America first”, a indicare la posizione di primato e privilegio che l’economia statunitense deve avere rispetto a ogni altra questione di politica internazionale. Le duty tariff sulle materie prime non vanno però in questa direzione.
Conseguenze della politica commerciale di Trump
Durante il suo intervento al 50esimo meeting del F.A.R.O. Club il trader Alessandro Fossati ha paragonato l’atteggiamento delle istituzioni che favoriscono i dazi sulle materie prime – si parlava nella fattispecie di acciaio – a quello di un noto personaggio televisivo. Si tratta del Tafazzi interpretato da Giacomino Poretti che appariva sui teleschermi mentre al ritmo del “Gam Gam” si martellava là dove fa più male con una bottiglia di plastica. Autolesionismo puro, insomma, ed è paradossale che a essere sospettato oggi di “tafazzismo” sia il presidente Usa Donald Trump. Possibile che a suon di duty tariff proprio il difensore strenuo degli interessi americani dinanzi al resto del mondo finisca per danneggiare il business degli industriali suoi connazionali? Possibilissimo secondo un esperto osservatore del panorama dell’alluminio come Paolo Menossi, presidente e amministratore di Global Consulting Team e già managing director di Hydro Aluminium Metal Products Italia. Anche perché non è soltanto quello dei dazi il tema caldo da prendere in considerazione per comprendere le attuali dinamiche delle materie prime. «I dazi del 10% imposti sulle importazioni di alluminio agli States – ha detto a Lamiera -, fanno sicuramente sensazione. Molto meno si parla invece all’embargo che per volontà della Casa Bianca blocca di fatto le vendite del colosso Rusal. Questo fa sì che a oggi l’industria avverta la drammatica carenza di svariati milioni di tonnellate di materiale».