L’attrito nei sistemi pneumatici: una sfida progettuale

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In questo lavoro si illustrano alcuni aspetti fondamentali legati al fenomeno dell’attrito che sono in grado di definire e influenzare prestazioni, vita e affidabilità di componenti e sistemi pneumatici. Alcuni esempi di realizzazioni industriali sono discussi, alla luce delle finalità dell’efficienza di componenti e sistemi e della minimizzazione delle perdite per attrito.

Cenni storici

Il fenomeno dell’attrito è stato studiato fin dall’antichità: Già in epoca classica, nel quarto secolo a.C., Aristotele vedeva l’attrito connesso al concetto di dinamica. Secondo Aristotele, il moto di un corpo tenderebbe comunque ad annullarsi se non mantenuto in moto da una azione esterna. Anche Leonardo da Vinci, nel quindicesimo secolo, si dedicò all’interpretazione fisica del fenomeno dell’attrito: egli fu uno dei primi studiosi ad affrontare il fenomeno in modo scientifico. Leonardo da Vinci si rese conto di quanto sia protagonista l’attrito nel funzionamento delle macchine e si applicò allo studio di diversi tipi di attrito definendo, tra l’altro, la distinzione tra attrito radente ed attrito volvente. Leonardo da Vinci intuì e definì, due secoli prima di Newton, le due leggi fondamentali dell’attrito. La prima legge sancisce che l’estensione e la forma dei corpi a contatto non hanno influenza sulla entità delle forze generate dall’attrito; la seconda riguarda la proporzionalità tra carico normale alla superficie a contatto e l’entità della forza di attrito tangenziale al contatto stesso. Egli osservò, inoltre, che per fare strisciare corpi di materiali differenti, sono necessarie forze diverse e suppose che anche il valore della rugosità del materiale avesse influenza: corpi con finitura diversa interagivano in modo diverso, a parità di materiali. Galileo Galilei, a cavallo tra il sedicesimo ed il diciassettesimo secolo, si rivolse allo studio del fenomeno dell’attrito applicandosi alla osservazione del moto di un grave su piano inclinato e sottoposto all’azione della gravità. Egli osservò come l’attrito fosse legato al contatto tra corpi e non fosse caratteristica propria del corpo: si trattava cioè di un fenomeno fisico in grado di manifestarsi in presenza di una interazione tra superfici di corpi diversi. In Francia, nella seconda metà del diciassettesimo secolo, Guillaume Amontons, fisico francese, riscoprì, a duecento anni di distanza rispetto a Leonardo, le due leggi fondamentali dell’attrito, in base alle quali propose teorie originali. Charles Augustin de Coulomb nel secolo successivo, ingegnere e fisico francese, diede fondamentali contributi nel campo della meccanica teorica definendo il concetto di tensione tangenziale e le leggi dell’attrito ed applicata sulla resistenza dei materiali e di geotecnica. Egli riscrisse la seconda legge dell’attrito completandola con l’affermazione che la forza di attrito è proporzionale alla forza di compressione. Coulomb formulò un modello di attrito secondo il quale la forza generata, in particolare per l’attrito radente, dipenderebbe linearmente dal carico normale di contatto tra i corpi, non dipenderebbe dall’estensione della superficie di contatto e dalla velocità relativa di strisciamento. F. Philip Bowden e David Tabor, nella seconda metà del ventesimo secolo, hanno dato una spiegazione fisica per le leggi di attrito affermando che la vera area di contatto tra corpi è una percentuale molto piccola dell’area di contatto apparente. La vera area di contatto è quella definita dalla presenza di asperità. In presenza di forza che accosta i due corpi, più asperità entrano in contatto e la superficie media di ogni contatto aumenta. Essi affermarono che la forza di attrito è dipendente dalla zona effettiva di contatto. Questo appare come una asserzione più intuitiva di quella della la legge di Amontons-Coulomb. L’ipotesi della nascita dell’attrito dal trascinamento reciproco e dal superamento delle asperità delle superfici dei corpi è stata recentemente messa in discussione e superata. Anche l’ipotesi di spiegazione dell’attrito che vede nell’adesione dei materiali la causa prima di tale fenomeno non ha largo seguito. L’adesione sarebbe il meccanismo di generazione dell’attrito, in base alla considerazione che essa sarebbe proporzionale alla superficie. Recenti studi indicano come causa di generazione dell’attrito fenomeni a livello di micro-scala tra asperità singole e multiple, con deformazioni ed adesioni. Con l’avvento della microscopia atomica, nel 1986, si è potuto studiare il fenomeno spingendosi fino ad uno scenario di scala atomica. In questo modo, poi, si è stati in grado di riportare i risultati dello studio dell’attrito da un livello di scala atomico a quello macroscopico, interessante per le prestazioni delle macchine.

L’attrito nei componenti e nei sistemi pneumatici, come cilindri pneumatici, valvole, sistemi di presa e di movimentazione dipende da un consistente numero di fattori. Questi fattori sono le scelte progettuali, i materiali, il tipo di fluido, il livello di pressione, la temperatura, la velocità relativa delle superfici a contatto e altri ancora.

Le azioni di attrito non sono generalmente tra le azioni più elevate tra quelle che intervengono in componenti e sistemi pneumatici, ma possono essere gravemente dannose. Esse provocano usura e generano energia al contatto, questa energia si manifesta sotto forma di calore, che può causare rapido degrado del materiale e dell’eventuale velo fluido lubrificante. Queste tematiche sono presenti in tutti gli elementi a contatto strisciante, come pattini guida, boccole striscianti o rotanti, guarnizioni di tenuta.

 

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