Additive in Formula 1: tecnologia del futuro

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La produzione additiva in metallo si sta affermando come la tecnologia del futuro, ma pochi conoscono a fondo le possibilità che può esprimere e la natura della collaborazione, in questo ambito, di Renishaw con Scuderia Ferrari.

Dove l’asportazione truciolo non arriva

Il soggetto di cui andremo a parlare è un collettore di scarico per i motori di F1 utilizzati in gara dalla Scuderia Ferrari. Si tratta di un particolare in continuo sviluppo che viene sostituito ad ogni gara sia per poter fruire dei vantaggi derivanti dalla ricerca, sia per minimizzare i rischi di rottura.

E’ un componente sottoposto a sollecitazioni sia termiche sia meccaniche di grande rilievo ed è a contatto con i gas di scarico che presentano forte aggressività: per questo viene realizzato in Inconel, una lega a base nickel che presenta grande resistenza alla corrosione anche ad alte temperature.

Ma si tratta di un materiale relativamente pesante e molto difficile da lavorare per asportazione di truciolo: la scelta di utilizzare l’additive manufacturing ha permesso di realizzare un pezzo complessivamente molto robusto e leggero in ragione dello spessore molto limitato delle pareti che sarebbe stato difficilissimo ottenere per lavorazione meccanica. La necessità di realizzare tubi dello spessore richiesto con una forma fluidodinamicamente corretta e di integrare delle forme ausiliarie, come dei punti di inserimento per sensori, avrebbe reso ancora più complessa la lavorazione con tecnologia tradizionale.

L’unica soluzione, escludendo l’additive, diventava quindi la fusione, che però presenta tempi di realizzazione decisamente più lunghi e una flessibilità, intesa come capacità di adattamento agli sviluppi della ricerca, praticamente nulla. Oltre allo sviluppo, anche la “normaleroutine porta a richieste di pezzi diversi in funzione delle caratteristiche del circuito su cui si disputerà la gara: stampi diversi quindi per necessità diverse e nessuna possibilità di cambiamento se non la realizzazione di stampi nuovi. Lo sviluppo, la ricerca delle prestazioni, portano ad elaborare nuove soluzioni che si traducono in cambi di forma, con modifiche (più o meno evidenti) che portano comunque a manufatti diversi che vanno prodotti e testati in tempi strettissimi. L’unica tecnologia in grado di produrre rapidamente pezzi finiti da matematiche ogni volta diverse è l’additive manufacturing: scelta forzata da questo insieme di elementi.

Emerge quindi che, in realtà, la produzione additiva non è una tecnologia alternativa alla lavorazione meccanica, quanto un’evoluzione della fusione: si possono realizzare pezzi complessi senza la necessità di stampi e senza dover tenere conto dei limiti di passaggio della massa fusa in relazione alla sua temperatura e viscosità. La produzione additiva e la lavorazione per asportazione di truciolo sono quindi tecnologie complementari, in quanto il pezzo realizzato in additive dovrà poi essere ripreso in macchina per raggiungere quei livelli di finitura e planarità non ottenibili diversamente. La “complementarietà” è molto evidente in questo particolare dove, oltre all’inserimento di sensori già citato, sono stati realizzati in maniera integrale nel pezzo anche dei punti di presa proprio per facilitare i processi successivi.

Data la conformazione del pezzo con pareti molto sottili, la difficoltà di lavorazione del materiale e la necessità di assoluta precisione, questa via ha fornito la soluzione corretta per le operazioni di finitura successive. In sostanza in questo pezzo si trovano concentrate tutte le evidenze di un DFAM (Design For Additive Manufacturing), che comprendono la progettazione relativa alla funzionalità principale del pezzo (ottimizzazione dello scorrimento dei gas di scarico ad alta temperatura), quella ausiliaria (inserimento sensoristica) e a quella di processo come la realizzazione dei punti di presa e dei riferimenti per la lavorazione meccanica successiva.

 

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