Motori Elettrici: riduzione della rumorosità mediante super finitura isotropica

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Motori elettrici: riduzione della rumorosità mediante super finitura isotropica (ISF)

di Francesco Chichi, Paolo Marconi

Ai fini della riduzione della rumorosità delle trasmissioni dei motori elettrici, la tecnica che sembra offrire le migliori prestazioni per le produzioni industriali è una variante della cosiddetta superfinitura isotropica (ISF), che riesce a coniugare la finitura tipica della ISF tradizionale con la creazione di stati tensionali compressivi tipici dello shot peening.

Come è facilmente intuibile, il passaggio dal motore alternativo al motore elettrico ha inevitabilmente avuto un grosso impatto sui relativi sistemi di trasmissione, vuoi per le diverse modalità di erogazione della potenza, vuoi per il diverso regime di rotazione. Meno intuitivo è come il passaggio al motore elettrico abbia comportato anche la comparsa di nuove problematiche, o per meglio dire abbia fatto emergere come problematiche caratteristiche che invece precedentemente non comportavano alcuna criticità. La rumorosità è una di queste: in primo luogo, per la diminuita rumorosità propria del propulsore; in secondo luogo per l’aumento dei regimi di rotazione, che ha comportato una corrispondente traslazione verso le alte frequenze anche della rumorosità prodotta dagli ingranaggi, entrando ancora di più in quel campo di frequenze che l’orecchio umano percepisce come maggiormente “fastidiose”.

Ecco che per i sistemi di trasmissione destinati a motorizzazioni elettriche diventa fondamentale la riduzione della rumorosità degli ingranaggi, diminuzione della rumorosità che inevitabilmente deve passare attraverso un’ottimizzazione della finitura superficiale degli stessi.

Peccato che proprio le diverse caratteristiche di erogazione della potenza dei motori elettrici portino all’adozione di ingranaggi di dimensioni sempre più ridotte rispetto a quelli tradizionali, fatto che indubbiamente non aiuta i processi di finitura superficiale. In tutto questo panorama, la tecnica che sembra offrire le migliori prestazioni per le produzioni industriali è una specifica variante della cosiddetta superfinitura isotropica (ISF), variante che per altro riesce a coniugare la finitura tipica della ISF tradizionale con la creazione di stati tensionali compressivi tipici dello shot peening.

Isotropic Super Finishing

Con il termine di super finitura isotropica (spesso indicata con la sigla ISF, acronimo della sua denominazione in lingua inglese “Isotropic Super Finishing”) si intende un trattamento di vibrofinitura in cui l’azione abrasiva dei media sulle superfici dei componenti da trattare viene esaltata dalla presenza di specifici aggressivi chimici.

Fig. 1 – Rappresentazione semplificata della levigatura svolta da un tradizionale buratto: l’effetto dei media non è solo di asportazione del materiale in sporgenza ma anche di impronta mento del materiale di base. Pertanto, anche se prolungato a tempo infinito, il processo di burattatura ha un limite di finitura dovuto all’improntamento dei media stessi sulla superficie del materiale.

Tali aggressivi chimici sono in grado di aggredire selettivamente le asperità del materiale, asperità che dopo essere state attaccate dall’azione chimica vengono via via rimosse dall’azione meccanica dei media.

L’obbiettivo primario di tale trattamento è la realizzazione di finiture superficiali con rugosità dell’ordine di 0,02 micro attraverso un processo a temperatura ambiente e garantendo un’assoluta imperturbabilità dei profili dei componenti, con benefici collaterali dati dall’annullamento di eventuali stati di tensioni residue superficiali e un leggero incremento della durezza superficiale.

In questa sua formulazione la ISF è presente sul mercato ormai da una trentina di anni: in questo articolo andremo invece a presentare  un’ulteriore implementazione in cui in cui l’aggressivo chimico in forma liquida viene a essere sostituito da  paste abrasive dedicate, così da arrivare ad un processo che non solo permette un grado  di finitura superficiale ancora migliore, ma risulta anche in grado di realizzare stati tensionali superficiali di tipo compressivo parzialmente analoghi a quelli ottenibili mediante shot peening.

Nella sua impostazione tradizionale, la ISF può essere considerata una derivazione del  tradizionale buratto, quei contenitori vibranti in cui componenti che abbiano bisogno di una pulitura da bave, spigoli,  testimoni o altre macro asperità vengono immersi in un “letto” di media aventi durezza, forme e dimensioni  opportune, e lasciati vibrare per lungo tempo (tipicamente dell’ordine delle ore) fino a quando il contatto meccanico tra i media e i pezzi non ottiene l’asportazione di queste macro asperità.

Fig. 2 – Nel caso della ISF la rimozione del materiale viene preceduta da una  aggressione chimica localizzata sulle sportgenze del materiale stesso: questo permette di utilizzare media sostanzialmente “innocui” per il materiale di base non aggredito chimicamente: questo permette l’asportazione di materiale per spianamenti successivi, teoricamente prolungabili all’infinito.

Nel caso ideale il contatto tra media ed elemento dovrebbe avvenire quanto più possibile tangenzialmente alla superficie dell’elemento stesso, in modo tale da ottenere una asportazione delle asperità ma senza creare nuove indentazioni sul materiale a seguito di urti perpendicolari alla superficie stessa.

E proprio in questo sta il limite della tradizionale burattatura: la rimozione delle asperità avviene comunque per l’effetto meccanico dell’urto tra media e asperità del materiale, urto che per quanto controllato avrà sempre e comunque anche componenti perpendicolari alla superficie, e non solo tangenziali ad essa.

Questo significa che proseguendo “all’infinito” un trattamento di burattatura non ci si può aspettare un corrispondente miglioramento “all’infinito” della levigatura, in quanto i media, dopo aver asportato fino ad un certo livello le asperità, diventano essi stessi fonte di danneggiamento per la superficie (fig. 1).

Nel caso della ISF i tradizionali media vengono combinati con un aggressivo chimico in grado di intaccare la resistenza meccanica del materiale di base: in questo modo i media devono agire su un materiale le cui caratteristiche macroscopiche di resistenza meccanica risultano diminuite, e pertanto l’asportazione del materiale ne risulta notevolmente agevolata.

Fig. 3 – La caratteristica di poter operare solo sul materiale in sporgenza permette alla ISF di conservare una texture in depressione, estremamente favorevole per la tribologia del lubrificante.

Questo permette di utilizzare media talmente meno “aggressivi” dal punto di vista meccanico da non poter più costituire essi stessi una fonte di danneggiamento per il materiale di base, rendendo la finitura uno “spianamento” progressivo per livelli paralleli (fig. 2).

Questo significa che il processo può essere portato avanti “all’infinito” nel tempo, incrementando progressivamente l’asportazione superficiale del materiale e quindi la finitura, arrivando a finiture superficiali con rugosità dell’ordine di 0,02 μm, per di più con con “texture” superficiali caratterizzate da uno sviluppo essenzialmente in depressione, estremamente favorevole per la tribologia del lubrificante (fig. 3).

Fig. 4 – Andamento delle tensioni residue in un provino di acciaio austenitico (linea blu) successivamente sottoposto a trattamento ISF (linea rossa).

Contestualmente a questi effetti per così dire geometrici, un ulteriore beneficio indotto dalla ISF è un annullamento di eventuali tensioni residue di trazione sulla superficie.

Tale fenomeno è ampiamente documentato in letteratura, e in linea generale si può ritenere che tale effetto sia collegato al fatto che comunque la rimozione di materiale costituisce un elemento di rilassamento degli stati tensionali (molte tecniche di misurazione delle tensioni residue si basano proprio su questo presupposto), e che tale rimozione è particolarmente accentuata proprio dove le tensioni residue sono maggiormente trattive (si pensi al fenomeno della stress corrosion).

Fig. 5 – a) La sollecitazione indotta dai media dello shot peening porta alla deformazione plastica compressiva del materiale superficiale ortogonalmente a tale superficie (zone rosse); b) per effetto Poisson, a tale deformazione plastica compressiva corrisponde una deformazione plastica di segno opposto parallelamente alla superficie; c) il materiale sottostante, ancora in campo elastico (zone blu), risulta sollecitato in trazione, a cui risponde con una risposta elastica in compressione, generando quindi i desiderati stati compressivi.

In figura 5 sono riportati a confronto gli stati tensionali presenti su un campione di acciaio austenitico volutamente temprato ad indurre stati tensionali trattivi in superficie: la determinazione delle tensioni residue è stata effettuata mediante diffrazione dei raggi X (tecnica XRD) presso il laboratorio 2Effe Engineering di Soiano del Lago (BS), con l’analisi in profondità effettuata asportando progressivamente il materiale superficiale mediante attacco elettrochimico.

Dal liquido alla pasta

Come ben noto dalla realtà delle produzioni industriali degli ingranaggi da trasmissioni veloci, è ormai praticamente impossibile garantirne le prestazioni richieste, soprattutto in termini di durata e resistenza a fatica, senza ricorrere al trattamento di shot peening, un trattamento che in estrema sintesi prevede di colpire la superficie del componente in lavorazione  mediante un flusso di particelle proiettate da un ugello sotto la spinta di aria compressa, in modo  tale che la combinazione di:

  • energia cinetica posseduta dalle particelle;
  • massa delle particelle;
  • materiale delle particelle (o per meglio dire il loro limite di rottura);
  • durezza delle particelle in rapporto con la durezza del materiale da trattare

arrivino a indurre sulla superficie del materiale una deformazione plastica in senso ortogonale alla superficie stessa.

A sua volta, per il ben noto effetto Poisson a tale deformazione plastica ortogonale alla superficie corrisponde l’instaurarsi di stati tensionali compressivi parallelamente alla superficie stessa, secondo il meccanismo complessivamente illustrato in figura 5.

Si tratta quindi di un trattamento di natura essenzialmente meccanica, essendo meccanici gli effetti migliorativi che esse introduce e meccanici i meccanismi attraverso cui tali effetti sono generati.

Dal punto di vista quantitativo gli stati tensionali indotti assumo un valore assoluto massimo fino al 70% – 80% del limite di snervamento del materiale, e il loro effetto si propaga fino a circa 100 mm di profondità, ossia 0,1 mm.

Purtroppo, la loro stessa conformazione geometrica, in particolar modo l’adozione di un modulo solitamente molto piccolo, fa sì che possa risultare particolarmente difficile applicare efficacemente il trattamento di shot peening agli ingranaggi delle trasmissioni elettriche, proprio per la difficoltà geometrica di arrivare a “bagnare” perpendicolarmente con il flusso di media le superfici di contatto del dente.

Fig. 6 – Rappresentazione esemplificativa del processo di asportazione di truciolo.

Fortunatamente l’urto con  media proiettati perpendicolarmente alla superficie non è l’unico modo per arrivare ad una deformazione plastica controllata della superficie degli ingranaggi (o di qualsiasi altro componente):  è ben noto come anche le lavorazioni per asportazioni di truciolo arrivano ad ottenere un effetto analogo, passando l’asportazione di materiale attraverso uno “strappo” in cui il materiale viene portato prima in deformazione plastica e poi a superare il suo limite di allungamento (fig. 6).

Relativamente alla superficie lasciata libera dal taglio, la deformazione plastica per trazione che ha preceduto la separazione del truciolo lascia, per un meccanismo di ritorno elastico analogo a quello appena visto per lo shot peening, uno stato di compressione elastica parallelamente alla superficie stessa (fig. 7).

Fig. 7 – a) La avvenuta asportazione plastica del materiale sulla superficie del componente lascia una corrispondente deformazione plastica per trazione sulla superficie del materiale; b) Il materiale sottostante, ancora in campo elastico, risulta sollecitato in trazione, a cui risponde con una risposta elastica in compressione, generando stati compressivi per il materiale in superficie.

Il principio ispiratore della ISF con paste abrasive è proprio quella di utilizzare i media della vibro finitura per veicolare non tanto un aggressivo chimico quanto una pasta abrasiva, riconducendo il processo di asportazione superficiale di materiale da un ambito chimico ad un ambito meccanico e riproducendo in pratica su scala infinitesima un processo di molatura, essendo il grano della pasta abrasiva l’utensile e il media il portautensile.

Le sperimentazioni personalmente condotte sui campioni di acciaio, precedentemente visti, hanno portato a determinare per questo trattamento stati tensionali superficiali qualitativamente analoghi a quelli indotti dallo shot peening, anche se con valori quantitativi ridotti dall’ 80% – 70% al 30% – 25% del limite di snervamento e profondità di penetrazione ridotta da 100 μm a circa 30 μm (fig. 8).

Conclusioni

I cosiddetti “trattamenti di vibro finitura”, ossia tutti quei trattamenti che si fondano sul ripetuto contatto relativo tra il componente in trattamento e un media specifico che agisca anche come vettore di una sostanza terza , rientrano a pieno  titolo nel campo dell’ingegneria delle superfici, all’interno di quelli che definisco “trattamenti modificativi”, ossia finalizzati ad incrementare le caratteristiche della superficie del materiale mediante modificazioni endogene, e non mediante l’apporto e la deposizione di materiale esogeno.

Fig. 8 – Andamento delle tensioni residue superficiali indotte da ISF, condotta con paste abrasive in relazione al materiale di partenza e a quanto ottenibile mediante shoot peening.
Legenda:
Blu: campione di partenza.
Viola: campione sottoposto a ISF.
Verde: campione sottoposto a shot peening.

La superfinitura isotropica (Isotropic Super Finishing, ISF nel linguaggio tecnico internazionale) è uno specifico trattamento di vibro finitura che si pone come obbiettivo l’asportazione progressiva di materiale superficiale mediante la combinazione di una azione chimica che diminuisca la resistenza del materiale in sporgenza e di una azione meccanica di media che rimuova il materiale così indebolito, in un processo di finitura teoricamente prolungabile all’infinito, ma che in pratica con tempi di esecuzione di 6 – 12 ore garantisce su qualsiasi materiale ingegneristico una finitura dell’ordine di 0,02 μm.

Un nuovo approccio alla ISF prevede di sostituire all’aggressivo chimico una pasta abrasiva, che veicolata dai media ottenga l’asportazione del materiale in sporgenza con un processo puramente meccanico analogo a quello che avviene in una molatura o in una rettifica. In questo caso il meccanismo asportazione del materiale per superamento del limite di rottura in allungamento garantisce la creazione per reazione di stati di compressione elastica sulla superficie, con un meccanismo parzialmente assimilabile a quello dello shot peening, rispetto al quale gli stati tensionali sono inferiori sia in termini assoluti sia in termini di profondità raggiunta, ma con il vantaggio di una finitura superficiale significativamente migliore.

Per maggiori informazioni: www.2effelab.it , www.2effe.com

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