Gallicchio Stampi: una storia italiana

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«Forse ho una mentalità un po’ all’antica ma ho sempre creduto nell’importanza dei rapporti umani e nel fatto che all’interno di una famiglia un dialogo franco e diretto su un piano paritetico sia fondamentale, specialmente quando si lavora insieme come facciamo noi». L’opinione di Mario Gallicchio trova conforto e conferma nella longevità stessa, 40 anni,  di un family business, la sua Gallicchio Stampi, che ha spesso saputo affermarsi nuotando controcorrente.

Gallicchio Stampi, Stampo Porsche

È accaduto nel 2008 «quando decisi di mettere sul piatto un milione di euro pur di garantirmi tecnologie del massimo prestigio nonostante che in quel periodo in molti ritenessero quell’investimento una follia». Il tempo però «ha provato che la mia visione era azzeccata» cosicché l’attrezzeria ha potuto farsi trovare pronta al momento della ripresa economica. L’etica del sacrificio ha guidato la famiglia Gallicchio e la sua forza-lavoro anche più tardi, quando l’impasse finanziaria del 2012-2013 ha provocato una autentica moria fra i clienti e ha costretto l’azienda ai proverbiali salti mortali «pur di riuscire a saldare gli stipendi». Sacrifici ripagati, però, dalla disponibilità che i dipendenti hanno sempre dimostrato quando hanno dovuto anteporre la costruzione di stampi alle giornate di libertà e magari anche a parte delle feste in famiglia: «La manodopera è sempre una risorsa, mai un costo», è il suo mantra.

Gallicchio Stampi, stampo aperto.

È l’insieme di tutti questi dettagli ad aver fatto sì che, passati i cataclismi, Mario Gallicchio potesse avere l’impressione, all’inizio del 2014, di avere dinanzi a sé «una pianura verde e rigogliosa»; insomma che il peggio fosse finalmente stato lasciato alle spalle. Con un costante incremento degli utili, proprio a partire dal fatidico 2014, Gallicchio è per certi versi giunto al traguardo di tappa di una lunga corsa iniziata addirittura nel 1965. In compagnia della sola sorella l’imprenditore arrivava allora per la prima volta a Torino per cominciare quella trafila di impieghi che ha contrassegnato la vita di tanti immigrati dal Mezzogiorno. Carrozziere prima e ascensorista poi; e ancora fresatore, rettificatore, operaio presso un produttore di viti e bulloni. Solo alla fine degli anni Settanta e a suon di cambiali il titolare diveniva a tutti gli effetti il proprietario di Gallicchio Stampi, in origine posizionata in un poco attraente locale di via Biella. «Alcuni degli operai di allora», ha detto, «si sono poi trasferiti in strada del Francese e sono prossimi alla pensione, dopo avermi supportato lungo tutti questi 40 anni. La nostra sede era tutt’altro che accogliente e il solo modo per superare la diffidenza di taluni clienti era dare prova della nostra eccellenza. È accaduto con i fornitori di Opel, per esempio, colpiti e conquistati dalla bontà delle nostre lavorazioni, al punto da assegnarci in toto gli incarichi originariamente affidati ad altri. Questo ha rappresentato una vera e propria svolta». Se oggi ha un rammarico, Mario Gallicchio, esso è dato dalla fatica di trovare giovani apprendisti motivati pure in un territorio che sino a pochi decenni orsono pullulava di competenze. «Ma qualcosa si sta muovendo», ha detto fiducioso; e speranzoso che qualcuno possa magari seguire nel prossimo futuro le sue orme: «Ci ho messo una buona dose di incoscienza», ha concluso, «e ho sempre badato più alla continuità del lavoro che non al danaro in sé e per sé. Ho potuto contare soprattutto, se non esclusivamente, sulla mia forza di volontà. Ma anche nelle fasi più buie non ho mai avuto dubbi sull’andare ancora avanti».

 

 

 

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