Verso robot autocoscienti

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robot autocoscienti

Gli ultimi anni sono stati di forte fermento per il mondo della robotica. Caso emblematico è stata l’adozione su larga scala di robot antropomorfi e collaborativi che, fino a poco tempo fa, sarebbero stati appannaggio solo dei film di fantascienza. Tuttavia, è importante sottolineare che tutto quello che è presente nel “cervello” di un robot, per quanto avanzato esso sia, è frutto di istruzioni immesse dall’uomo. E la primaria istruzione per permettere al robot di svolgere il proprio compito è quella che determina la conoscenza di sé, ovvero una nozione che lo informi su come è fatto e quali sono i suoi compiti. In parole più semplici: l’autocoscienza.

Robot con autocoscienza

Una ricerca della Columbia University ha recentemente realizzato un robot in grado di apprendere da solo la prima nozione fondamentale, ovvero: che cos’è. I ricercatori guidati da Hod Lipson e Robert Kwiatkowski hanno creato un braccio robotico simile a tanti già attualmente utilizzati nel mondo industriale e, senza fornire alcuna indicazione sulla componentistica o sui movimenti possibili, hanno fatto muovere il robot in maniera casuale, permettendogli di registrare circa un migliaio di traiettorie nello spazio, ognuna composta da cento punti. Il robot ha così archiviato i dati raccolti arrivando a riorganizzarli in un rudimentale modello di sé.

Le traiettorie registrate hanno così fornito al robot informazioni su quali movimenti può compiere senza avere tuttavia informazioni sulle parti che lo costituiscono. Per la successiva fase di test i ricercatori hanno chiesto al robot di traslare un oggetto all’interno di uno spazio chiuso utilizzando unicamente le istruzioni che la macchina aveva auto-appreso. Questo compito, ripetuto migliaia di volte nel giro di appena 35 ore ha permesso al robot di correggere il modello iniziale (che differiva dal precedente per un errore di soli 4 cm). Tale nuovo modello ha permesso al robot di svolgere il compito richiesto con una percentuale di successo del 100%; in un contesto non controllato la percentuale di successo per svolgere il medesimo compito si è abbassata al 44% risultato giudicato comunque straordinario.

L’ultima fase di test ha visto i ricercatori sostituire un componente del robot con una parte danneggiata al fine di verificare la propriocezione. La macchina se n’è accorta e ha ricalibrato il movimento in modo da svolgere il medesimo compito senza riduzioni di efficienza. Proprio quest’ultima capacità, il vedersi e collocarsi nello spazio, è, secondo Lipson, il primo passo verso lo sviluppo dell’autocoscienza.

Scenari futuri

Le implicazioni etiche della scoperta sono notevoli in quanto essa costituisce un primo passo verso la creazione di un’intelligenza artificiale vera e propria che renderebbe possibile sviluppare robot pensanti, in grado di reagire in maniera autonoma a situazioni non previste. Senza addentrarsi in futuristiche previsioni sui risvolti utili o pericolosi di tale tecnologia (celebre il dibattito tra Elon Musk e Mark Zuckerberg) ci limitiamo a constatare che la strada da compiere è ancora lunga e non scevra di difficoltà.

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