Legge di Bilancio 2019: gli effetti sull’economia e le principali misure

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Dopo aver fatto registrare nel 2018 quattro contrazioni trimestrali consecutive, il comparto manifatturiero inizia il 2019 con la flessione.

Nel corso del 2018 il quadro economico dell’Italia è peggiorato rapidamente. Il confronto tra le previsioni di crescita tendenziali del Documento di Economia e Finanza (DEF) diffuso lo scorso aprile e quelle contenute nell’Aggiornamento del Quadro Macroeconomico di Finanza Pubblica rilasciato a gennaio 2019 è eloquente.

La crescita media relativa al triennio 2018-2020 viene ridimensionata dall’1,3% all’1,0%. La revisione al ribasso risulta particolarmente accentuata nel 2018 che si dovrebbe chiudere con una espansione del PIL del +1,0% e non del +1,5% previsto nel DEF.

Il rallentamento della nostra economia trova conferma in molti indicatori ad alta frequenza diffusi dall’Istat, i quali, non aggiornati a dicembre, delineano un pre-consuntivo degli andamenti dell’anno che si è da poco concluso.

Dai dati di contabilità nazionale emerge che nel terzo trimestre il PIL ha accusato una diminuzione congiunturale dello 0,1%. Si tratta del primo calo dell’attività economica dopo un periodo di espansione protrattosi per 14 trimestri, il più lungo degli anni Duemila.

La flessione, che segue una fase di progressivo rallentamento della crescita, è stata determinata essenzialmente alla contrazione della domanda interna, causata sia da un lieve calo dei consumi che da una contrazione più marcata degli investimenti. Per contro, l’incremento delle esportazioni, pur contenuto, ha favorito la tenuta della componente estera.

Complessivamente nei primi nove mesi del 2018 il PIL è aumentato del +1,0% in decelerazione rispetto al +1,2% messo a segno nello stesso periodo dell’anno precedente.

Nonostante le esportazioni abbiano contributo a mitigare la caduta della attività economica, il rallentamento del PIL riflette soprattutto la debolezza dell’industria manifatturiera che, nonostante sia già in recessione avendo accusato nel 2018 quattro contrazioni trimestrali consecutive, è comunque cresciuta rispetto al 2017 ma a un ritmo decisamente più blando (+1,6% contro +3,8%).

Il rallentamento della produzione è stato trasversale tra i settori. Fatta eccezione per due comparti capaci di accelerare i ritmi produttivi rispetto a quelli realizzati nel 2017 (tessile-abbigliamento e apparecchiature elettriche), ovunque la produzione ha rallentato o è addirittura diminuita.

Nel settore delle costruzioni e dei servizi gli andamenti congiunturali nel corso del 2018 sono risultati piĂą incoraggianti.

Il rallentamento dell’economia si è riflesso anche sul mercato del lavoro nel quale il 2018 ha rappresentato un anno di interruzione delle dinamiche in corso dal 2014. La corsa dell’occupazione si è infatti fermata e il tasso di occupazione è risultato stabilmente prossimo al 59%, un valore toccato precedentemente nel 2008. Anche la discesa del numero dei senza lavoro si è interrotto e il tasso di disoccupazione si è stabilizzato a circa il 10% della forza lavoro.

Il peggioramento del quadro economico e occupazionale sin qui delineato è stato accompagnato da un clima di crescente incertezza determinato prima dai dubbi circa la capacitĂ  dei partiti che hanno vinto le elezioni politiche del 4 marzo di dare vita a un esecutivo (per diversi mesi l’Italia è stata senza governo) e, poi, dalla volontĂ  dell’esecutivo di volere realizzare una Legge di Bilancio espansiva che avrebbe comportato un importante aumento del deficit pubblico.

Nella Nota di Aggiornamento al DEF presentata in ottobre, il governo fissava infatti il rapporto deficit/PIL a un valore, il 2,4%, che avrebbe comportato una procedura di infrazione nei confronti del nostro paese.

La volontà dell’Italia di deviare in maniera così significativa dal percorso di rientro precedentemente tracciato (nel DEF 2018 l’obiettivo per il 2018 era fissato allo 0,8%) e metteva in dubbio la permanenza stessa del nostro paese nell’area Euro e si traduceva in un forte aumento dello spread dei rendimenti dei BTP rispetto ai bund tedeschi. Lo spread tornava a superare la soglia dei 300 punti base nel mese di ottobre per la prima volta dall’aprile 2013.

Il peggioramento dell’affidabilità delle finanze pubbliche italiane percepito dagli investitori risulta evidente confrontando la media degli spread delle principali economie europee nell’ultimo trimestre del 2017 e nel 2018. Solo nel Regno Unito si è registrato un incremento del differenziale dei rendimenti, imputabile anch’esso all’incertezza (in questo caso dovuta alle modalità in cui si realizzerà la Brexit), ma di entità non comparabile a quello italiano.

In seguito al peggioramento del quadro macroeconomico e all’accordo raggiunto in sede europea, il governo ha aggiornato gli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2019-2021.

La manovra di bilancio per il 2019 prevede un indebitamento netto di 11.5 miliardi di euro, pari allo 0,6% del Pil, dato dalla differenza tra 28 miliardi di minori entrate e maggiori uscite e 17 miliardi di maggiori entrate e minori uscite. Il saldo della manovra si riduce, quindi, di circa 10 miliardi di euro rispetto a quanto previsto nel disegno di legge di bilancio presentato in autunno. (21.847 miliardi).

Il profilo espansivo della manovra è confermato dalla presenza di misure volte ad aumentare la spesa a sostegno delle fasce sociali più povere (reddito di cittadinanza, 4.7 miliardi), l’accesso alla pensione (riforma della legge Fornero, 4 miliardi di euro) e altre misure per il contrasto alla povertà. Ulteriori 6 miliardi di maggiori uscite riguardano misure per lo sviluppo degli investimenti sia a livello nazionale che territoriale, il pubblico impiego e altre spese. A seguire, altre misure significative riguardano la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia per impedire l’incremento delle aliquote IVA e delle accise (12.5 miliardi) e l’introduzione della flat tax (360 milioni di euro).

Le nuove misure in materia di entrata

Rispetto al Disegno di Legge di Bilancio presentato in autunno, nell’ottica di alleggerire i saldi, il governo ha introdotto nuove misure in materia di entrata che comprendono: la web tax; l’abrogazione di alcuni crediti d’imposta e agevolazioni fiscali; la revisione della tassazione sui giochi; misure di contenimento della spesa pensionistica sui trattamenti più elevati; entrate aggiuntive da dismissioni immobiliari.

Nonostante la presenza di misure finalizzate alla riduzione della pressione fiscale (sterilizzazione delle clausole di salvaguardia per impedire l’incremento delle aliquote IVA e delle accise e flat tax) per il 2019 è previsto un inasprimento della stessa che aumenterebbe dal 41,9% al 42,3%.

L’indebitamento per il prossimo anno è previsto al 2,04%. Si allontana, quindi, la prospettiva di un azzeramento del rapporto Deficit/Pil nel prossimo triennio e il trend, che resta comunque discendente, viene rivisto come segue: nel 2020 l’indicatore si attesterebbe al 1,8% e nel 2021 al 1,5%.

Alla luce del nuovo quadro macroeconomico e delle nuove misure adottate nella manovra di bilancio per il 2019 la crescita del PIL è stata rivista e stimata intorno all’1% per il biennio 2019–2020 e all’1,1% per il 2021.

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