Io, cobot

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Che siano flessibili, compatti e sicuri ormai è un fatto noto. Ma cosa sono davvero in grado di fare i robot collaborativi? Con Alessio Cocchi, country manager di Universal Robots Italia, siamo scesi nel concreto delle possibilità che i cobot offrono, con esempi concreti tratti da attività (anche molto piccole) operanti in diversi settori. Una visione, finalmente ravvicinata, sulla realtà applicativa dei robot collaborativi che spazza molti dubbi sulle effettive capacità di queste macchine.

Automazione e sicurezza

Il mondo della produzione industriale ha subìto rapidi e profondi cambiamenti negli ultimi anni. Nuove tecnologie e modalità produttive sono entrate in gioco influendo su paradigmi lavorativi, organizzazione di fabbrica, modalità di progettazione e realizzazione dei prodotti. Robotica, Industrial Internet of Things, Big Data, intelligenza artificiale hanno fatto prepotentemente irruzione nella “quotidianità manifatturiera”.

Fra i protagonisti di questo Rinascimento tecnologico vi sono senza dubbio i robot collaborativi, nati appena 10 anni fa, quando Esben Østergaard, fondatore e attuale cto di Universal Robots, alla fine di un percorso durato qualche anno, presentò al mercato il primo UR5, un braccio robotico antropomorfo con movimenti su sei assi e avanzate misure di sicurezza integrate: era il primo esempio di robot compatto, abbordabile anche per le piccole e medie imprese e con un tasso di tecnologia integrata inedito fino ad allora. A dieci anni di distanza i cobot sono una realtà consolidata e conosciuta. Ma forse ancora mal interpretata e sottostimata da chi si occupa di integrazione di sistemi e di automazioni.

Abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza su uso e natura di questi strumenti intelligenti con Alessio Cocchi, country manager di Universal Robots Italia.

 

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