Renishaw, la fiducia si guadagna

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Dai processi produttivi tradizionali all’additive manufacturing, l’affermarsi di ogni tecnologia passa attraverso il consolidarsi di un rapporto di fiducia. Fiducia sul risultato finale che non deve disattendere le aspettative. Come insegna l’esperienza Renishaw.

Ci sono “mestieri” non proprio semplici, che richiedono passione, curiosità e la voglia di accettare-proporre sfide. Strano parlare di “mestiere” quando ci si riferisce a un’azienda, ma un’azienda è pur sempre fatta di persone che, con il loro modo di essere, contribuiscono a determinarne lo stile.

Renishaw è un marchio consolidato con alle spalle una storia di innovazioni fatta di grande impegno e dedizione nei confronti della ricerca e dello sviluppo, tanto da acquisire competenze chiave nella misura, nel controllo del movimento, nel settore medicale, nella spettroscopia e nella produzione.

Con Roberto Rivetti, amministratore delegato di Renishaw Italia, con sede a Torino, abbiamo parlato di come sia possibile diversificare le attività, sviluppando la fiducia dell’utente finale, in particolare per quanto riguarda i controlli di processo e la produzione additiva.

Due mestieri si incontrano

Parlando di controlli di processo e tecnologia additiva, si potrebbe pensare si tratti di due “mestieri” diversi, uno più legato agli accessori alla produzione (i controlli di processo) e l’altro alla costruzione macchine (l’additive).

Come mai Renishaw ha allargato il proprio panorama produttivo, le proprie competenze in un modo che potrebbe essere definito drastico, certamente non usuale?

La premessa è che Renishaw da sempre ama l’innovazione e tutto quello che può essere scoperto, sviluppato, portato avanti anche in modo diverso dal tradizionale. Questo è un po’ nel DNA aziendale e nasce dalla convinzione che sul ‘tradizionale’ ci sono già tantissimi bravi attori che intervengono con prodotti di buon livello e qualitativamente ben proporzionati, mentre noi siamo naturalmente portati per le cose più difficili, cercando di individuare i trend futuri, pianificando e dando risposte a esigenze che forse non sono ancora ben chiare a chi è in produzione. Di fatto Renishaw è, prima di tutto, un produttore perché la nostra produzione è interna, e quindi siamo in grado di individuare in maniera abbastanza chiara le esigenze nascoste e, a quel punto, cerchiamo di dare risposte adeguate. Va poi considerato che il panorama di fasi che riguardano il processo produttivo è veramente ampio ed è stato affrontato per step successivi: abbiamo iniziato fornendo tutti gli strumenti necessari per coprire l’ultima fase del processo, cioè la verifica finale ed il collaudo. Solo a quel punto siamo andati a cercare soluzioni intermedie, che mettessero in grado di agire già durante le varie fasi della produzione in modo da ottenere con certezza il risultato richiesto. Questo racchiude il perché di molte delle scelte fatte e, usando una metafora, si potrebbe dire che è meglio curare la causa che non il sintomo di un male. E il collaudo dimensionale è il sintomo: la verifica dimensionale a fine processo viene fatta sperando che dia risultati corretti, ma non se ne ha la certezza. Di conseguenza si va ad analizzare tutto ciò che può portare a quell’errore, rilevabile in collaudo, e queste sono le cause del male, quelle che, se rilevate vanno eliminate perché un processo produttivo ha bisogno di essere preciso ma soprattutto ripetibile. La ripetibilità è un termine ricorrente in tutto il processo produttivo e ad essa sono legate molte delle scelte fatte da Renishaw: più un processo è ripetibile, migliore sarà il risultato a cui potrà portare“.

A un certo punto però c’è la scelta di andare al di fuori del controllo di processo: perché?

Perché si presentano delle opportunità. In passato era già successo qualcosa di simile con la divisione Raman, rivoluzionando il modo di fare l’analisi chimica dei materiali. Oggi è successo con la produzione additiva, con le righe laser, con tutta una serie di prodotti che nascono come spinoff di altri progetti“.

 

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