Gamification, verso un nuovo paradigma del lavoro?

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L’utilizzo di logiche e ambienti tipici del gaming nelle aziende può contribuire ad agevolare e accelerare i processi formativi stimolando al tempo stesso la collaborazione e il lavoro di squadra. E l’esperienza della cosiddetta gamification può trovare ora spazio anche nell’industria manifatturiera. 

Replicare e adattare le logiche dei giochi di ruolo alle situazioni tipiche di una azienda può rivelarsi una strategia utile per ottenere un maggior coinvolgimento dei dipendenti negli impegni del quotidiano e assicurarne una formazione più rapida e in certa misura più divertente. Al tempo stesso è preziosa per consolidare lo spirito di squadra e la produttività; in ultima istanza l’efficienza di una società. La cosiddetta gamification prevede che i partecipanti si muovano su scenari virtuali ma studiati in modo da ricreare fedelmente situazioni e interazioni tipiche della vita reale. Il presupposto essenziale è che del gioco essi accettino pienamente le regole senza ricorrere a trucchi ed escamotage. Se l’idea funziona è perché nel contesto di una partita i giocatori raggiungono una condizione di vera trance agonistica. È lo stato di flow, lo stato di grazia che facilita l’apprendimento e che nel gioco si raggiunge in soli 30 secondi contro i 30 minuti che altre attività impiegano a creare: «Tutto quel che si vive in questa situazione è di gran lunga accelerato».

Tommaso Buganza, docente di dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano.

A dirlo a Stampi è stato Tommaso Buganza, docente di dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano, che ha ricordato come la gamification trovi spazio oggi in una varietà di settori che vanno dalla ICT ai servizi, passando per esperimenti di tenore differente. Per esempio, l’insegnamento dei meccanismi della microeconomia nei Paesi in via di sviluppo. L’applicazione del paradigma anche all’industria manifatturiera è una strada a sua volta percorribile e Buganza ne ha indicati alcuni modelli efficaci. «Ci sono vari livelli di gamification», ha detto, «e interessanti sperimentazioni che vanno oltre il comparto dell’hi-tech per entrare nel campo della manifattura. Due esempi significativi possono essere l’utilizzo di tecnologie avanzate – spesso collegate a meccanismi derivati dai giochi – per velocizzare i processi di apprendimento e l’introduzione di logiche di gioco per aumentare l’efficienza dei processi e il livello di ingaggio delle risorse umane».

Dalla manutenzione alla logistica
Appartengono alla prima categoria «i casi di manutenzione supportati da sistemi di realtà aumentata. Gli operatori», è la descrizione dell’intervistato, «vengono dotati di visori in grado di aggiungere contenuti virtuali e digitali alla visione in modo tale da essere guidati nel corso degli interventi d’assistenza senza dover imparare a memoria le procedure o interrompere il flusso di lavoro per consultare manuali operativi. Soprattutto nel processo di training gli operatori sono guidati con metodi ludici, sì, ma disegnati per agevolare e certificare l’aumento delle competenze». A implementare piattaforme di questo tipo è stata fra gli altri Praxedo, specialista delle soluzioni basate su cloud a uso però del personale di campo, dai tecnici agli ingegneri e ai manutentori.

L’americana Jane McGonigal è una delle maggiori esperte in materia di gamification.

Quanto alla seconda possibile opzione, ad adottarla è stato il colosso globale dell’e-commerce Amazon: «In cinque dei suoi magazzini fra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna ha applicato le regole della gamification ai processi operativi», ha spiegato Tommaso Buganza, «con l’obiettivo di incrementare le performance e il livello di ingaggio degli addetti, introducendo fra loro delle logiche di competizione, benché in mondi del tutto ispirati ai giochi e basati sulle loro dinamiche». La gamification è tuttavia un percorso da studiare con attenzione con il supporto di consulenti esperti poiché il rischio è che altrimenti essa si riveli addirittura controproducente. Buganza ha infatti concluso citando l’esperta della materia Jane McGonigal: «La competizione è divertente solo per poco, perché non appena i lavoratori si accorgono di ottenere risultati peggiori di quelli dei colleghi allora iniziano ad apprezzarla molto meno», con esiti chiaramente diversi da quelli sperati.

 

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