Il marchio di certificazione italiano

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Il 23 marzo 2019 è entrato in vigore in Italia il Decreto legislativo 20 febbraio 2019 n. 15 in attuazione del cosiddetto “Pacchetto Marchi”, ovvero di un pacchetto di norme comunitarie consistenti nella Direttiva europea N. 2436 del 2015 e nel Regolamento comunitario N. 2424 del 2015, entrato in vigore nel 2017. La finalità è stata quella di armonizzare la disciplina del marchio di certificazione a livello nazionale con quella degli altri paesi europei in un’ottica condivisa.

Conoscere il “Pacchetto Marchi”

Questa riforma ha introdotto in Italia importanti novità in materia di registrabilità dei marchi, procedure di decadenza e nullità dei marchi, introduzione del marchio di certificazione, nuove condizioni delle merci contraffazione in transito ed altre.

Tra le novità introdotte in adeguamento al “Pacchetto Marchi” previste a livello nazionale, troviamo quindi l’introduzione del cosiddetto marchio di certificazione. Questo tipo di marchio era peraltro già presente a livello comunitario appunto per l’istituto del marchio comunitario, essendo stato recentemente implementato a seguito della entrata in vigore del regolamento comunitario nel 2017 ed è stato quindi ora introdotto anche a livello di marchio italiano e per il relativo territorio. L’istituto del marchio di certificazione trova le sue origini all’interno della cultura anglosassone e – come anticipato – è stato poi introdotto all’interno dell’Unione Europea con la riforma in vigore dall’ottobre 2017, anche se nella prassi era già in alcuni casi utilizzato, ma senza avere ricevuto una regolamentazione appropriata.

Il marchio di certificazione ha la funzione di comunicare al pubblico certe caratteristiche appartenenti a determinati prodotti e servizi che vengono appunto “certificate” al pubblico con l’apposizione del marchio e garantisce quindi l’origine, la natura o la qualità di questi prodotti o servizi. In particolare, questo tipo di marchi ha la funzione di certificare il materiale, il procedimento di fabbricazione dei prodotti o la prestazione di un servizio, la qualità, la precisione o ad altre caratteristiche.

Fra le caratteristiche fa però eccezione la provenienza geografica che può essere invece garantita da altri istituti, come ad esempio il marchio collettivo, che presenta tuttavia anche altri aspetti diversi dal marchio di certificazione, sia perché riguarda o può essere costituito dalla provenienza geografica che è solitamente una caratteristica descrittiva (che potrebbe invece, nel caso di un marchio individuale, rendere nullo o debole il segno considerato), sia perché il numero dei soggetti richiedenti è più limitato. Si tratta di quei marchi o segni distintivi che sono solitamente utilizzati dai consorzi che raccolgono le adesioni di un certo numero di imprese collocate in determinate zone geografiche e che tutelano interessi di gruppi di imprese, più che di soggetti o imprese singole, come ad esempio il consorzio vitivinicolo del Franciacorta… Riguardano la zona geografica ma anche le caratteristiche dei prodotti di una certa zona geografica le denominazioni di origine protetta e le indicazioni geografiche tipiche, che sono per lo più riconducibili a prodotti agroalimentari e che presentano tuttavia funzioni ed aspetti costitutivi diversi dal marchio individuale o collettivo.

Tornando al marchio di certificazione, quest’ultimo (come avviene per il marchio individuale) può essere richiesto sia da persone fisiche che giuridiche, tra le quali possono essere annoverate le istituzioni, le autorità e gli organismi accreditati in materia di certificazione.

All’atto della registrazione del marchio di certificazione, è necessario che il segno sia suscettibile di essere rappresentato nel registro dei marchi (come avviene anche per gli altri marchi individuali) e sia inoltre essere idoneo a distinguere i prodotti e i servizi che sono certificati da altri che non lo sono; deve infine essere indicato chiaramente il tipo di marchio per cui si effettua il deposito.

 

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