Riduttore a ingranaggi: ottimizzazione topologica con la stampa 3D

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L’obiettivo di questo progetto di ricerca è lo studio del potenziale e delle limitazioni delle tecnologie di stampa 3D nella produzione di casse per riduttori. Come risultato è stato ottenuto un design alleggerito con canali integrati per la lubrificazione.

La realizzazione di una cassa per riduttori è fortemente limitata dalle attuali tecnologie di lavorazione. La stampa 3D metallica apre nuove possibilità. Tuttavia, i benefici derivanti dall’utilizzo di questa tecnologia devono essere significativi per renderla veramente attrattiva.

Il primo step nell’ottimizzazione topologica consisteva nella determinazione della forma e nella progettazione della struttura per il supporto dei cuscinetti. Per questo è stato utilizzato un processo iterativo che ha permesso di arrivare al design definitivo. Analisi ad elementi finiti sono state condotte per verificare e migliorare la sicurezza ed il peso della struttura ad ogni iterazione. Nella seconda fase, alla struttura sono stati aggiunti canali per il passaggio del lubrificante creando un box morfologico. La nuova versione della cassa è stata ottenuta combinando l’ottimizzazione topologica con il box morfologico. Per la sua realizzazione è stato utilizzato un processo Selective Laser Melting (SLM) in quanto questo permette di ottenere componenti di dimensioni adeguate. Il prototipo del riduttore è stato realizzato in lega di alluminio AlSi10Mg (A360). La cassa è stata lavorata alle macchine utensili per ottenere le tolleranze dimensionali richieste. Infine, il riduttore è stato assemblato e si sono verificate sia la sua integrità strutturale che la sua funzionalità con test brevi.

Stampa 3D: stato dell’arte

La manifattura additiva, nata per la prototipazione rapida [1], è attualmente una tecnologia in grande sviluppo. Da quando è stata estesa anche al campo dei metalli, è risultato possibile realizzare componenti industriali ad elevata resistenza. Per questo si è osservata una sua progressiva introduzione nell’industria che ha permesso la riprogettazione di alcuni prodotti superando i limiti dei processi tradizionali come tornitura, fresatura… [2-5].

Tuttavia, anche le tecnologie additive hanno le loro limitazioni, tipicamente legate ai materiali stampabili e alle attrezzature necessarie per la stampa. Per questo, l’introduzione su larga scala di queste tecnologie nella produzione industriale rimane ancora una vera sfida [6-8]. Dato che non c’è relazione tra la complessità del prodotto ed i costi di realizzazione, la manifattura additiva risulta interessante rispetto ai processi tradizionali soprattutto per parti singole con elevati livelli di customizzazione [9-11].

Gli standard richiesti nelle applicazioni industriali sono in fase di revisione. I comitati tecnici ISO ed ASTM stanno sviluppando normative ad hoc per la manifattura additiva [12-13].

La tecnologia Selective Laser Melting è probabilmente il processo più diffuso nella manifattura additiva dei metalli [6]. I macchinari consistono in una fonte laser, un sistema per la deposizione un letto di polvere in ambiente controllato (argon o azoto) ed un serbatoio contenente la polvere (Figura 1). Durante il processo, la polvere metallica viene distribuita in layer molto sottili. Strato per strato, grazie alla fusione della polvere per effetto della fonte laser, è possibile realizzare l’oggetto tridimensionale [10].

Le polveri metalliche utilizzate nella manifattura additiva hanno dimensioni comprese tra i 10 e i 45 micrometri. La qualità della polvere ha un impatto fondamentale sul processo di stampa e sul risultato ottenibile. I materiali più diffusi sono le leghe d’alluminio e gli acciai [14].

 

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