Il modulo di Young: come e perchè

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Diagramma sforzi-deformazioni

Elasticità, rigidezza, deformazione… termini usuali in meccanica. Ma quali sono i concetti fondanti?

Macchine, utensili, comportamento in esercizio dei manufatti, sono solo alcuni dei casi in cui i concetti di rigidezza, elasticità e deformazione diventano fondamentali: una macchina utensile che si deforma durante la lavorazione? No, grazie. Un utensile con un comportamento troppo elastico? No, grazie. Ma anche l’eccessiva rigidezza può essere un problema. Di fatto esiste uno stretto legame fra le tre caratteristiche, caratteristiche e legame che hanno indirizzato gli studi di molti scienziati, a partire da Newton e Hooke, per arrivare ai moderni studi dei problemi elastici. Il problema elastico consiste nella determinazione del legame tra tensioni e deformazioni prima delle deformazioni permanenti (snervamento) di un solido costituito di materiale dal comportamento elastico lineare, vincolato su porzioni della superficie, soggetto a carichi esterni di volume Fx, Fy, Fz e di superficie fx, fy, fz. Nel calcolo progettuale di qualsiasi manufatto o macchina, compare sempre la lettera E, il modulo di elasticità, forse più noto come modulo di Young. Perché è così importante e quale è la sua genesi?

Thomas Young è lo scienziato inglese a cui si deve la definizione del modulo di elasticità.

La partenza: la legge di Hooke

Basandosi sulle conoscenze del XVII secolo, Hooke studiò l’effetto delle forze sui differenti materiali, affrontando il problema da un punto di vista macroscopico e pragmatico, sottoponendo pezzi diversi a carichi crescenti, e misurando poi con un compasso la deformazione elastica provocata dal carico. Il grafico ottenuto era, in tutti i casi, una retta; gli esperimenti compiuti e le relative misure, fatte con gli strumenti a disposizione all’epoca, indicavano come, scaricando progressivamente il pezzo, questi tornasse alla sua condizione iniziale, con un ritorno lineare.

Secondo le teorie di Hooke, un solido era in grado di resistere ad una forza solo deformandosi e, di conseguenza, non esistono materiali o strutture perfettamente rigidi perché, in maniera più o meno evidente, tutto è soggetto a deformazione. In realtà questa era più una intuizione, che solo più avanti, con Young, porterà a comprendere come materiali diversi si deformino diversamente, legando il concetto di deformazione sotto sforzo alle caratteristiche elastiche del materiale.

Hooke si rese conto che tirando due molle di uguale lunghezza con forze una doppia dell’altra, anche l’allungamento è doppio, ma non arrivò a cogliere che non è fondamentale l’allungamento assoluto Δl=l-l0, ma lo è quello relativo ε= Δl/ l0. Comunque sia, un grosso passo avanti era stato compito, aprendo la strada verso il concetto di deformazione unitaria: due provini dello stesso materiale, ma con lunghezze una doppia dell’altra, sollecitati nello stesso modo, portano ad un allungamento assoluto diverso (maggiore nel provino più lungo) mentre quello relativo è lo stesso.

Il contributo di Hooke alla teoria dell’elasticità è basilare per l’ingegneria, tant’è che la legge di elasticità è nota come legge di Hooke, anche se Newton, sopravvissuto a Hooke, ha cercato per tutta la sua vita di screditare, presso la comunità scientifica, il lavoro del collega, arrecando grave danno al progresso scientifico in generale, e della teoria dell’elasticità in particolare.

Studi ed esperimenti hanno portato all’evidenza secondo cui la legge di Hooke è rigorosamente valida solo per i prodotti ceramici, il vetro, la maggior parte dei minerali e i metalli molto duri, mentre materiali duttili, come l’acciaio dolce, obbediscono alla legge solo per carichi relativamente contenuti, mentre, per carichi più elevati, il comportamento si discosta anche in maniera importante.

 

 

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