Ripartire, ma come?

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È il momento di predisporre un piano strategico per affrontare la crisi, operando con caparbietà e tenacia, tratto distintivo dell’imprenditoria italiana.

La meccanica varia, uno dei settori trainanti dell’economia italiana, ha senza dubbio subito un duro colpo dall’emergenza sanitaria Covid-19. Da metà marzo a metà aprile (al momento in cui sciviamo, ndr), il 90% delle aziende settoriali ha interrotto l’attività produttiva, provocando un rallentamento evidente al business, con ripercussioni a catena sul fatturato. L’impossibilità di avviare nuove commesse e i ritardi o le disdette degli ordinativi hanno intaccato la stabilità del comparto con un rischio medio giornaliero di 180 milioni di euro. Secondo le stime dell’Ufficio Studi ANIMA, il lockdown avrebbe potuto provocare un mancato fatturato di 9 miliardi di euro, compromettendo quasi 45 mila posti di lavoro. Logicamente la questione diventa maggiormente estesa se teniamo conto anche delle filiere produttive, partendo dai fornitori e arrivando fino ai clienti esteri, conquistati con caparbietà e tenacia, in questi anni passati. Ma è proprio su queste due parole che dobbiamo soffermarci: caparbietà e tenacia, il tratto distintivo dell’imprenditoria italiana.

Le sette proposte di ANIMA

L’imperativo è “ripartire”. Ma da dove e con l’aiuto di chi? Sembra che tutti abbiano girato le spalle all’Italia, sembra che il sogno di una Europa unita si voglia dissolvere, sembra davvero reale l’immagine di una nazione in terapia intensiva, come ha detto qualcuno. Ma noi sappiamo che anche dalle intubazioni si può uscire e guarire, così come le crisi tra “fratelli” prima o poi si risolvono. Perciò, senza piangerci addosso, reagiamo, come abbiamo sempre fatto, e procediamo assieme, agendo verso una forte assunzione di responsabilità collettiva. Ricordiamo che la domanda di meccanica in Italia non si ferma. Deve, per forza di cose, ripartire, e l’industria potrebbe trovarsi impreparata e debole. Perciò è bene agire subito, studiare tutte le possibilità offerte dal governo, e richiedere velocemente tutti i diversi benefici messi a disposizione.

A supporto delle imprese di categoria arriva, come sempre, ANIMA, che si fa portavoce delle esigenze settoriali e dialoga con il governo. Con un documento del 12 marzo, attraverso sette proposte la federazione ha invitato l’esecutivo ad approntare un sostegno al sistema produttivo. In primis, ha suggerito la sospensione e il rinvio del pagamento di tutti gli obblighi tributari, con riferimento alle imposte dell’anno 2020. Ha poi chiesto di individuare uno strumento, coperto dalla garanzia dello stato, da utilizzare nello sconto – a tassi agevolati – dei crediti per le imprese: in questo modo sarebbe possibile immettere liquidità nel sistema, e limitare il problema dei mancati pagamenti. Un’ulteriore interessante proposta riguarda le imprese che negli ultimi 5 anni hanno delocalizzato parte della produzione all’estero: ANIMA ha proposto di definire una serie di incentivi fiscali tali da poter favorire il rientro delle imprese, in modo da facilitare la questione degli approvvigionamenti, in questo momento di difficoltà. Si rende poi necessario l’intervento garantista dello stato, nel caso dei contratti di fornitura, allorché si dovesse verificare una mancata consegna delle merci nei tempi previsti dai contratti. Si tratterebbe infatti di forza maggiore, essendosi verificato un ridotto o nullo afflusso di materie prime, nonché una riduzione di oltre il 20% della forza lavoro. D’altra parte, la motivazione è un’emergenza sanitaria, e cosa è in diritto una “forza maggiore”? Qualsiasi energia esterna contro la quale il soggetto non è in grado di resistere e che perciò lo costringe necessariamente ad agire in un determinato modo. ANIMA chiede poi la redazione di un piano straordinario per la tutela del made in Italy, in modo da facilitare la vendita transnazionale dei prodotti italiani, sui mercati esteri, tenendo anche in considerazione le spese effettuate per la partecipazione alle manifestazioni fieristiche, in Italia e all’estero, che si sarebbero dovute tenere nel 2020, e che sono state cancellate o non si svolgeranno nei prossimi mesi.

Bisogna poi tenere anche in conto la questione del lavoro agile: le imprese infatti hanno dovuto dotarsi di ulteriori tecnologie (hardware e software) con un esborso economico, pertanto sarebbe necessario prevedere l’erogazione di voucher, per eventuali futuri acquisti. Infine, un pensiero anche a Bruxelles: non sarebbe forse il caso, in questa emergenza, di prevedere una deroga straordinaria alla disciplina europea sugli aiuti di stato? In questo modo si potrebbe “attivare una corsia preferenziale per le imprese italiane”, anche e soprattutto nel settore degli investimenti pubblici.

La questione “commercio estero”

Una delle principali problematiche sollevate da ANIMA riguarda il rischio di uscita dalle filiere di fornitura globali: cosa accade se le imprese non sono in grado di soddisfare la domanda dei clienti? Questa situazione si verificherà laddove le aziende, soprattutto estere, dovessero riprendere le proprie attività produttive prima di quelle nostrane. Si rivolgeranno così ad altri fornitori? Potrebbe accadere, ma non è una generalizzazione corretta, poiché l’Italia è stata uno dei primi paesi ad imporre il lockdown, seguita anche da tutti gli altri. Per cui questa situazione potrebbe riconvertirsi in un anticipato ritorno a pieno regime delle nostre produzioni, rispetto ad altri paesi competitor. Ma ci si chiede anche se questa condizione provocherà l’indebolimento del made in Italy, rappresentando l’export una delle maggiori componenti del fatturato. A tutte queste domande bisogna rispondere con un’unica certezza: se va garantita la continuità al mercato domestico, lo stesso va fatto con quello estero, considerando l’importanza dell’export per l’industria italiana. Ebbene, al tessuto industriale italiano, fortemente dipendente dalle esportazioni, sono stati destinati 4 miliardi di euro per sostenere le necessità di capitale circolante delle imprese, finalizzati al rilancio delle esportazioni, in un’ottica di diversificazione dei mercati. In particolare facciamo riferimento al “Piano per la promozione del made in Italy”, in coordinamento con il MAE, il Ministero degli Affari esteri.

Nel Decreto Cura Italia, l’art. 72 è interamente dedicato a “Misure per l’internazionalizzazione del sistema Paese”. È stato infatti istituito un “Fondo per la promozione integrata“, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per l’anno 2020, volto all’attuazione di diverse iniziative. Il primo obiettivo è la realizzazione di una campagna di comunicazione, coordinata dall’Agenzia ICE, che dovrebbe partire dopo l’estate, su vasta scala, indirizzata verso una ventina di paesi target. La particolarità di questa iniziativa è la deroga dall’obbligo di gare pubbliche, utilizzando una procedura negoziata. È poi potenziata l’attività di promozione del sistema paese, anche grazie alla rete estera, e sono cofinanziate iniziative di promozione dirette a mercati esteri. Sarà poi possibile concedere cofinanziamenti a fondo perduto fino al 50% dei finanziamenti agevolati del fondo rotativo SIMEST, sempre nel rispetto del regime “de minimis” sugli aiuti di stato. Molto probabilmente la copertura andrà anche oltre l’anno 2020, e si parla di una estensione del credito d’imposta (per la partecipazione alle fiere) anche laddove le manifestazioni risulteranno annullate. Ricordiamo, poi, che dal 1 aprile 2020 l’Agenzia ICE ha predisposto un nuovo catalogo di servizi alle imprese, offrendo 20 servizi gratuiti (per conoscere e approcciare i mercati esteri) e 8 servizi a pagamento, ma con personalizzazione gratuita. In particolare, alle imprese con meno di 100 dipendenti è offerto gratuitamente il servizio di ricerca clienti e partner esteri, ricerca di investitori esteri; utilizzo di strutture ICE all’estero (per 3 giorni in un anno).

In conclusione…

È, oggi più che mai, fondamentale predisporre un piano strategico per affrontare la crisi, in accordo con istituzioni e autorità. E, tra alti e bassi, si sta lavorando per la ricostruzione, non si può dire il contrario. Ma, in tutto ciò, non dimentichiamo quanto sia fondamentale rassicurare anche i propri lavoratori, ridando loro dignità e provando a mostrare loro un futuro, e non un deserto all’orizzonte. Si rende quindi necessario pensare alla tutela di tutti i collaboratori, perché senza la forza umana, la potenza meccanica è nulla, anche in un’epoca di Industria 4.0. D’altra parte, anche la nostra Dorothy non avrebbe mai raggiunto la Città di Smeraldo, dove risiede il palazzo del grande mago, senza il coraggio del Leone, l’intelligenza dello Spaventapasseri e il cuore dell’Uomo di Latta. Mettiamoci in marcia.

Dorothy e l’economia italiana

Siamo vivendo un delicato momento di inaspettata confusione, tanto forte da avere – in un modo o nell’altro – segnato ogni persona e ogni singola realtà produttiva. Oggi siamo così simili a Dorothy dopo il celebre tornado, sapientemente descritto da Lyman Frank Baum, oltre un secolo fa ne “Il meraviglioso mago di Oz”: fermi, immobili, in attesa di capire da dove ricominciare, in questo sconosciuto Paese dei Ghiottoni, dove la strada da percorrere è fatta di mattoncini gialli. Ma alla fine del libro Dorothy riesce nel suo intento. E ce la faranno anche le nostre imprese, sebbene il percorso, si sa già, riserverà infide sorprese. Se Baum scriveva che “il vero coraggio consiste nell’affrontare il pericolo quando si ha paura”, anche noi, oggi, dovremmo seguire questa regola. La paura: le imprese hanno paura di non farcela, ed è normale. Ed è anche vero che qualcuno non ce la farà, purtroppo. Ma ora che la devastazione sembra acquietarsi, c’è solo un imperativo che riecheggia nel silenzio: ripartire.

Le criticità secondo ANIMA

Indipendentemente dai numeri e dai danni da quantificare, bisogna porre l’attenzione su quelle che sono le principali criticità derivanti da questo momento storico economico.

Analizzando ex ante le criticità, si potrà poi agire con cognizione di causa. Sicuramente ciò che si percepirà subito sarà la perdita di fatturato: questa è conseguente alla sospensione delle attività produttive, o al blocco della richiesta di approvvigionamenti di componenti e semilavorati da parte dei clienti, così come alla mancanza di componenti da parte dei fornitori, per poter procedere con la produzione. La mancanza di fatturato poi è anche conseguente al calo della domanda globale. Si potrebbe quindi creare una condizione di mancanza di liquidità, soprattutto nelle Pmi: senza flussi in entrata diventa impossibile procedere ai pagamenti, e si frena anche l’utilizzo della forza lavoro. Allo stesso modo, sono state limitate le operazioni di accesso a materie prime e si è rallentato il trasporto merci. Tuttavia, in parte questa ultima criticità potrebbe essere sanabile con le misure di sostegno al credito, varate in queste settimane.

2008 e 2020, quali similitudini?

Tutti parlano di un nuovo 2008, ma davvero la crisi dei subprime aveva connotati simili a questa? Dodici anni fa abbiamo assistito a una problematica globale di tipo finanziario, mentre oggi la questione tocca il sistema di domanda e offerta, con la seconda che si blocca e la prima che stenta a ripartire. Inoltre, nel periodo 2009/2011, il sistema italiano subì dall’esterno l’ondata delle ripercussioni globali; oggi invece la problematica è endogena e può essere in gran parte combattuta con maggior dinamismo. In particolare, il rischio odierno si focalizza anche sulla perdita di quote di mercato all’estero e diventa quindi fondamentale l’elaborazione di strategie che pervengano questa fattispecie. Fino a fine febbraio, il trend delle vendite estere era effettivamente positivo, supportato da una serie di strumenti pubblici di stimolo al mercato (iperammortamento, Sabatini, Industria 4.0) con ripercussioni anche sulle vendite estere grazie a una maggiore produttività interna. Insomma, bisogna considerare seriamente questo aspetto della filiera produttiva destinata all’estero, sempre porgendo la massima attenzione alla tutela del lavoratore.

di Marianna Capasso

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