Il Fondo di Garanzia

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Per le Pmi e per i professionisti, da anni il Ministero dello Sviluppo Economico mette a disposizione uno strumento fondamentale di garanzia pubblica. Oggi, in questo momento storico economico, è utilissimo.

Istituito nel 1996 con la legge 662 (art. 2, comma 100, lettera a) e operativo dal 2000, il Fondo di Garanzia ha come obiettivo il sostegno alle Pmi, favorendo l’accesso a fonti finanziarie attraverso una garanzia pubblica. In questo modo, l’impresa utilizza la garanzia affiancandola, o anche sostituendola, alle garanzie reali richieste dalle banche per la concessione di fidi e prestiti. In questo modo l’attività potrà più facilmente ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive: non tutte le realtà commerciali, infatti, hanno la possibilità di offrire fidejussioni o polizze assicurative e dunque non tutte le banche concedono fidi senza questi presupposti.

Si tratta di una agevolazione del Ministero dello Sviluppo Economico, finanziata anche con risorse europee, che può essere attivata solo in seguito a finanziamenti concessi da banche, società di leasing e altri intermediari finanziari. Va specificato che il Fondo di Garanzia non interviene nel rapporto tra banca e cliente, pertanto i tassi di interesse e le condizioni contrattuali (rimborso, erogazione…) vengono stabiliti tra le parti (beneficiario e erogante). Sulla parte garantita dal Fondo non possono essere acquisite ulteriori garanzie reali, assicurative o bancarie. C’è lo Stato che garantisce.

Tutte le informazioni sono ben esplicate al sito www.fondidigaranzia.it ma la materia è particolarmente tecnica. Proviamo quindi a sintetizzare il corpo normativa in modo semplice, così da poter capire l’importanza dello strumento.

I soggetti beneficiari

Dall’analisi dei dati, la composizione dei soggetti che hanno fatto richiesta di accesso al Fondo di Garanzia risulta molto simile nel corso degli anni. Da una media, si può evincere che il 60% degli accessi avviene da parte di microimprese, e il 30% da imprese piccole. Le medie rappresentano solo una fetta dell’8%. La restante quota è rappresentata da consorzi e consortili (2%). Ma, nel dettaglio, quali sono di preciso i soggetti beneficiari, secondo la legge? Possono fare richiesta del beneficio le piccole e medie imprese (come definite dalla normativa europea), nonché le imprese artigiane, presenti sul territorio nazionale, ma anche consorzi e società consortili (costituiti tra piccole e medie imprese), società consortili miste, professionisti iscritti agli ordini professionali e quelli aderenti a una serie di associazioni professionali. Nel caso in cui i soggetti siano startup, sarà possibile essere ammessi alla garanzia qualora la richiesta abbia come finalità un’operazione destinata a realizzare un programma di investimento. Tuttavia, la startup dovrà partecipare con mezzi propri ad almeno un 25% del programma. Questa quota di partecipazione, laddove non versata ancora nel momento in cui si fa richiesta, dovrà essere predisposta entro 6 mesi dalla delibera di ammissione al beneficio (con comunicazione al gestore del Fondo, entro 3 mesi dal versamento). Senza la suddetta procedura, i fondi non verranno concessi, sebbene già deliberati. Tutti i settori sono ammessi al beneficio, con eccezione delle attività finanziarie; le imprese agricole non potranno chiedere accesso al Fondo se non nella modalità di controgaranzia, rivolgendosi ad un confidi che opera in tali settori. I Confidi (acronimo di “Consorzio di garanzia collettiva dei fidi”) sono consorzi che svolgono attività di prestazione di garanzie per agevolare le imprese nell’accesso ai finanziamenti, a breve medio e lungo termine, destinati alle attività economiche e produttive.

I soggetti dovranno essere economicamente sani e virtuosi. La legge stabilisce una serie di caratteristiche, economiche e non solo: se in passato i soggetti hanno riscosso aiuti, non potranno riceverli nuovamente laddove non rimborsati, o depositati in un conto bloccato. Inoltre, i soggetti non devono risultare “imprese in difficoltà”, non devono presentare posizioni globali di rischio (esposizioni classificate come “sofferenze”, dalla definizione della Banca d’Italia), non devono essere in stato di scioglimento o di liquidazione, o sottoposti a procedure concorsuali per insolvenza o ad accordi stragiudiziali. La Legge prevede anche ulteriori casistiche, comunque riconducibili a una situazione di difficoltà economica.

Vengono infine stabiliti una serie di requisiti che tengono in considerazione le valutazioni sul merito del credito, per cui, pur in presenza di tutti i titoli e requisiti, potrebbero esserci dei casi in cui la domanda non verrà accolta. Solitamente, il merito tiene conto di alcune variabili quali la classificazione “unrated” dei soggetti beneficiari (ovvero non classificabili perché non rientrano in alcun paramentro), la presenza di pregiudizievoli simil fallimentari, l’alto livello di rischiosità in termini di probabilità di inadempimento.

 

 

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