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Il tema della digitalizzazione sta emergendo all’interno delle aziende manifatturiere nella loro trasformazione verso il 4.0.

Un processo di digitalizzazione non può dirsi completo senza il software, elemento determinante di questa trasformazione. «Non c’è Industria 4.0 se non c’è connessione e non c’è connessione senza software industriale», afferma Fabio Massimo Marchetti, presidente WG Software Industriale, ANIE Automazione.

Il software è layer abilitante della trasformazione in chiave 4.0. Una percorso in cui crede fortemente anche il governo italiano che a fine febbraio ha pubblicato sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico il Piano Trasformazione 4.0, la nuova politica industriale per il paese.

Facendo seguito al Piano Impresa 4.0, rivelatosi una leva fondamentale per gli investimenti, questa nuova iniziativa non si pone solo come proseguo della precedente ma, analizzatene le criticità, cerca di introdurre dei miglioramenti. Innanzitutto, vuole esser più inclusiva: se si considera che sono state 53.000 le imprese beneficiarie del programma precedente ci si rende conto che la platea di potenziali beneficiari delle misure è ancora ampia. Sette i miliardi stanziati dal Piano Trasformazione 4.0 che si propone di estendere del 40% la platea delle imprese, non solo per continuare a innovare o “rinnovare”, ma anche per sostenere la formazione e informazione, per creare una solida e stabile connessione tra il mondo produttivo e quello della ricerca, al fine di garantire un adeguato livello di trasferimento tecnologico. Traghettare un numero sempre più ampio di aziende verso l’Industria 4.0 è un passaggio che – come sottolinea Massimo Marchetti – si deve fare perché permette un’effettiva opportunità di miglioramento e di riposizionamento delle aziende manifatturiere.

Di tutte, non solo delle più grandi. Infatti, come precisa anche Fabrizio Scovenna, presidente di ANIE Automazione: «Una delle prime risultanze dell’Industria 4.0 è stata ridurre l’effetto delle economie di scala: non è importante essere grandi, ma rapidi e capaci di posizionarsi nel punto più strategicamente adatto della propria catena del valore e filiera produttiva».

Un nuovo paradigma di produzione

La filiera produttiva non è, però, più quella consolidata. «Siamo in un momento di cambiamento molto profondo», ricorda più volte Marchetti. Il processo di trasformazione verso l’Industria 4.0, verso la digitalizzazione industriale è un cambiamento epocale nel modo di fare manifattura, che mette in discussione i vecchi modelli, offrendo però un nuovo paradigma di produzione fatto di efficientamento dei processi, possibilità di ripensare prodotti e idee, di sviluppare nuovi servizi pre e post vendita, di customizzare in massa: queste sono le opportunità che si aprono alle aziende manifatturiere.

Appropriarsi della tecnologia e delle innovazioni non è però sufficiente: «Non basta sfruttare le possibilità che le tecnologie ci offrono, se non si è in grado di disegnare un nuovo modello di business – commenta Scovenna. Oggi è necessario rivedere i fattori di successo e individuarne di nuovi. Per rispondere ai bisogni emergenti, alla crescente domanda di informazioni real time, alla trasformazione digitale non basta adottare innovazione e nuove tecnologie ma occorre una innovazione strategica dei modelli di business, modelli che fino a ieri non erano possibili o di cui non si aveva bisogno. Questa è la vera trasformazione che stiamo vivendo e di cui la tecnologia è solo lo strumento abilitante».

Gli fa eco Marchetti: «La trasformazione che stiamo vivendo è un fatto culturale ancora prima che tecnologico. L’Industria 4.0 non è l’insieme di singole tecnologie, ma un nuovo paradigma, un cambio nel modo di operare, un percorso non un cambiamento improvviso. Le moderne tecnologie, cosiddette abilitanti al 4.0, sono solo gli strumenti per mettere in atto questo paradigma e ognuno deve scegliere quella che fa al caso suo, in base alla propria realtà».

Un cambiamento che richiede un grosso sforzo ma che è da tutti riconosciuto come necessario per rimanere sul mercato, per rimanere competitivi. «Cadono le barriere geografiche – prosegue Marchetti. Ogni oggetto può esser prodotto dall’altra parte del mondo e arrivare sul mio mercato in pochissimo tempo». Se questo può esser vero per i prodotti, non lo è sicuramente per il made in Italy, per il servizio o per l’assistenza pre e post vendita; non lo è infine per la servitizzazione e la customizzazione, tutti elementi che le nuove tecnologie abilitano e che devono essere salvaguardati, valorizzati, ulteriormente sviluppati, diventare parte integrale dei modelli di business.

Un software per amico

Il software industriale permea oggi ogni più piccolo componente del 4.0 e tutte le aree aziendali, escluso forse il marketing. Nella trasformazione 4.0 esso ha assunto una centralità assoluta, abilitando la maggior parte delle tecnologie che costituiscono il nuovo paradigma di produzione. Non c’è trasformazione 4.0 senza software. Esso diventa elemento di gestione e aggregazione tra il mondo ICT e il mondo dei processi operativi.

Grazie all’impiego dei software industriali, si possono ottenere in diverse aree funzioni a valore aggiunto. In un white paper redatto da ANIE Automazione dal titolo “Il software industriale 4.0” si rappresenta un’indicativa quantificazione dei benefici derivanti dagli investimenti in un percorso di digitalizzazione convergente sul paradigma dell’Industria 4.0. Tra essi: un aumento della produttività del 3.5%; una riduzione del tempo di fermo macchina tra il 30 e il 50%; una riduzione del time to market tra il 20 e il 50%; un aumento nella precisione di previsione dell’85%; una riduzione dei costi di manutenzione tra il 30 e il 40%. Sono solo alcuni dei benefici a cui può portare la trasformazione 4.0 in chiave digitale dei processi produttivi. Non si traducono necessariamente in un aumento diretto del fatturato, ma migliorano le marginalità e soprattutto alcuni fattori strategici per il posizionamento delle imprese nella filiera. Questi numeri, per altro incompleti, sono sufficienti per capire che la trasformazione non si deve affrontare perché c’è un incentivo a farlo, ma perché ci sono evidenti ritorni di investimento, in varia forma.

A proposito di incentivi

Non si fa trasformazione 4.0 perché ci sono gli incentivi ma sicuramente gli incentivi sono un acceleratore per affermare l’innovazione e favorire il ritorno degli investimenti.

Per quanto riguarda il Piano Trasformazione 4.0 le principali azioni sono:
– credito d’imposta per investimenti in beni strumentali per supportare e incentivare le imprese che investono in beni strumentali nuovi, materiali e immateriali, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello stato;
– credito d’imposta ricerca, sviluppo, innovazione e design per stimolare la spesa privata in ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica, per sostenere la competitività delle imprese e favorire i processi di transizione digitale e nell’ambito dell’economia circolare e della sostenibilità ambientale;
– credito d’imposta formazione 4.0 per stimolare gli investimenti delle imprese nella formazione del personale sulle materie aventi ad oggetto le tecnologie rilevanti per la trasformazione tecnologica e digitale delle imprese.

Anche Regione Lombardia sostiene la trasformazione 4.0. Già dal 2015 si è dotata di una legge per sostenere le imprese nel loro processo di innovazione in chiave digitale. fra le misure più significative dell’ente e ancora oggi in vigore ne citiamo due:
– “Al via“, iniziativa che finanzia investimenti produttivi, inclusi l’acquisto di macchinari, impianti e consulenze specialistiche 4.0, inseriti in adeguati piani di sviluppo aziendale che contengano la definizione di una strategia volta a ripristinare le condizioni ottimali di produzione, a massimizzare l’efficienza nell’utilizzo di fattori produttivi, quali l’energia e l’acqua, a ottimizzare la produzione e gestione dei rifiuti favorendo anche la chiusura del ciclo dei materiali;
– “Faber“, iniziativa con contributi per investimenti finalizzati all’ottimizzazione e all’innovazione dei processi produttivi delle micro e piccole imprese manifatturiere, edili e dell’artigianato.

Cinque suggerimenti per affrontare la trasformazione 4.0

Cinque i suggerimenti presentati da Marchetti su come affrontare la trasformazione 4.0:
– Non pensare all’Industria 4.0 come a una tecnologia: si tratta piuttosto di un cambiamento del paradigma produttivo che sfrutta diverse tecnologie, cosiddette abilitanti. Le tecnologie sono molteplici, legate alla digitalizzazione e valide per ciascuno in maniera diversa, a secondo della realtà produttiva;
– L’Industria 4.0 non è una trasformazione improvvisa ma un percorso di digitalizzazione che passa per aree specifiche per poi ampliarsi alla completa digitalizzazione di tutta l’azienda e a una nuova idea di impresa. Parte con piccole trasformazioni relative a specifici settori;
– Le persone devono essere coinvolte nell’evoluzione aziendale perché ogni trasformazione funziona solo se la portano avanti le persone. L’Industria 4.0 non distrugge posti di lavoro, ma ne crea; non è eliminazione delle persone ma loro evoluzione in termini di responsabilità e competenze;
– L’Industria 4.0 è digitalizzazione sia di prodotti che di processi, è cultura non solo tecnologie, è fidelizzare la filiera con nuovi servizi, ieri inesistenti;
– Non si fa Industria 4.0 solo con o solo per gli incentivi ma perché si hanno benefici concreti in termini di organizzazione e competitività. Valutare in modo coerente il riorno dell’investimento è necessario per verificare la validità dei progetti nella coerenza strategica dell’azienda. Gli incentivi sono solo un acceleratore del ritorno dell’investimento, che però deve esistere di per sé.

di Maria Luisa Doldi

www.semprepresenti.it

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